Gli esseri umani di qualunque luogo e di qualunque tempo sono forgiati dal passato. Ognuno di noi porta la propria storia sulle spalle fin dall’infanzia, fardello ricco ma pesante, che ci pare tanto più opprimente quanto più lo rifiutiamo. È un’affermazione che vale per i singoli individui quanto per le società. Il fardello storico dei Sassoni luterani tedeschi è ben diverso – nel bene e nel male − da quello degli Ebrei polacchi o degli Afghani farsi o degli Uiguri cinesi.
Ogni generazione cambia la storia, ma non può esimersi dal muoversi all’interno di una specifica narrazione già data e da condizioni specifiche date. I singoli si muovono a partire dalla storia e dalle possibilità della famiglia e dell’ambiente da cui la famiglia proviene. Anche i popoli si muovono a partire dalla loro specifica storia, dalle loro istituzioni politiche e culturali, dalle possibilità offerte – o negate − dal territorio in cui vivono. Può non piacerci, ma nessun essere umano nasce come tabula rasa, come contenitore vuoto da riempire a piacimento. E nessuna società è rimodellabile a piacimento, smontabile e ricostruibile come un Lego sulla base di diversi valori, cambiando radicalmente i rapporti interni ed esterni.
Ogni generazione reinterpreta la storia alla luce del presente, valorizzandone e comprendendone di volta in volta aspetti diversi. È una operazione non soltanto legittima ma meritoria, purché non si pretenda di giudicare le persone del passato come se vivessero nel presente, o di giudicare i Cinesi sulla base della storia degli Arabi o degli Indiani − e viceversa. Buttar giù la statua di Cristoforo Colombo in nome dei diritti dei popoli nativi o giudicare Gengis Khan sulla scorta dei principi della carta dell’ONU sono operazioni provocatorie che esprimono il risentimento di chi si sente erede delle vittime (ennesima riprova di quanto tutti noi siamo condizionati dalla nostra storia), però non inducono a capire nulla di più né del passato né del presente.
La storia è forgiata dalla competizione e dal conflitto, controbilanciati dalla solidarietà e dall’amore. Competizione e solidarietà sono inseparabili come due facce della stessa medaglia: non c’è solidarietà se non perché la competizione la rende necessaria. L’amore è più forte della solidarietà, ha sempre anche base biologica: c’è amore fra genitori e figli che sono ‘carne della stessa carne’, fra coniugi e amanti che hanno bisogno fisico l’uno dell’altro. Nel mondo cristiano si chiama amore anche la carità e la solidarietà, ma è un uso distorto del termine. La distinzione è importante perché per amore le persone sono spesso disposte a uccidere o morire, per solidarietà talvolta sono disposte a uccidere ma non a morire.
L’identità degli individui e dei popoli è contrassegnata da storie forgiate da competizione e conflitto, solidarietà e amore. Le popolazioni del globo son diverse fra loro perché hanno specifiche storie. Storie e popolazioni si possono mischiare, ma ogni nuovo miscuglio è il proseguimento di storie precedenti, non la loro cancellazione. Questo rende le culture del mondo così varie e affascinanti, profonde e complesse, contraddittorie e conflittuali.
Competizioni e conflitti, solidarietà e inimicizie, abilità e abitudini peculiari si sviluppano fra vicini che utilizzano le risorse di uno stesso territorio o di territori adiacenti. Per questo le storie e le culture si capiscono soltanto in relazione alla geografia dei luoghi d’origine. È la geografia che limita le risorse e la possibilità di crescita della popolazione del luogo e la induce a sviluppare livelli diversi di solidarietà e aggressività all’interno e verso l’esterno, oltre che a sviluppare in modo peculiare alcune abilità. Sono più simili fra di loro le comunità di alta montagna in continenti diversi che non i montanari e i contadini di regioni adiacenti.
Anche le istituzioni politiche, sociali e culturali dei popoli sono diverse perché frutto di storie diverse. I paesi che fecero parte a lungo dell’Impero romano hanno ancora la legge romana alla base dei loro sistemi giuridici e il latino alla base delle lingue che parlano. Le rivoluzioni comuniste in Russia e in Cina, pur ispirate alla stessa ideologia e perseguite con simile ferocia distruttiva, furono profondamente diverse sia nella conduzione sia negli esiti. La Cina è rimasta confuciana in molti aspetti delle sue istituzioni politiche e sociali, la Russia è rimasta di sentimenti imperiali e cristiano-ortodossi pur nell’utilizzo di istituzioni laiche e internazionaliste. L’Inghilterra è una democrazia liberale e laica più di ogni altro paese, ma si tiene anche i suoi monarchi, nonché capi della Chiesa d’Inghilterra.
Il fattore che causa i grandi cambiamenti nella storia è l’innovazione tecnologica, che agisce sempre in tre modi:
- accorcia le distanze geografiche permettendo di superarle sempre più in fretta con sempre minore fatica e sempre minori costi. Oggi le merci si spostano da un continente all’altro in una manciata di giorni e a basso costo, i messaggi raggiungono qualunque punto del globo in una manciata di secondi, le persone possono raggiungere qualunque punto del globo in meno di 24 ore;
- moltiplica la produzione di tutto ciò che è necessario alla vita. La produzione di cibo sulle superfici attualmente già coltivate e con l’utilizzo delle tecniche attualmente già disponibili sarebbe sufficiente a sfamare 12 miliardi di persone, molte di più dei circa 8 miliardi di persone vive oggi, dedicando a tale produzione meno del 5% del lavoro dell’umanità intera. Più o meno la stessa progressione si è avuta per tutti gli altri beni necessari alla vita umana;
- aumenta la letalità degli strumenti per paralizzare o uccidere potenziali nemici: dal dardo di pietra alla armi nucleari la progressione della capacità di uccidere è quasi più straordinaria della progressione della capacità di produrre e di comunicare.
Senza innovazione tecnologica, frutto della conoscenza e della scienza, la storia dell’umanità sarebbe più statica e orribilmente tragica: l’aumento della popolazione senza il parallelo aumento delle risorse causerebbe soltanto l’aumento dei conflitti e delle stragi.
Oggi la nuova sfida tecnologica è l’intelligenza artificiale e la nuova frontiera fisica è lo spazio. Non ne conosciamo il potenziale e non sappiamo che conseguenze ne scaturiranno. Negli ultimi trent’anni le nostre vite sono cambiate molto (internet, viaggi low cost di massa, crisi finanziaria ed economica globale, terrorismo islamista, ora la prima pandemia nell’arco di un secolo) e le prospettive future dei popoli cui apparteniamo sono cambiate ancora di più. Le ideologie politiche, economiche e sociali del secolo scorso non ci servono più neppure come generiche bussole per interpretare la direzione della storia del mondo. Sappiamo però che veniamo da storie diverse e siamo diversi, che questa diversità è una grande ricchezza ma è anche fonte di potenziali nuovi conflitti, oltre che di diffusissimi fraintendimenti culturali. Non neghiamo le nostre differenze, le nostre storie peculiari, riconosciamole e siamone orgogliosi, ma consapevoli che la storia va avanti e i gruppi umani si mescolano sempre più, alcuni crescono altri decadono, tutti cambiano. Raccontiamoci il prosieguo della storia, troviamoci un ruolo nel futuro, non facciamoci trascinare con riluttanza, puntando i piedi. La nostra storia avrebbe un brutto finale.
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