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Fra gli Europei e le altre popolazioni del Mediterraneo è iniziata la battaglia per l’egemonia commerciale e politica sulle acque al largo delle proprie coste. Il fronte più caldo è nel Mediterraneo orientale, dove gli interessi dei Turchi per lo sfruttamento dei giacimenti sottomarini di gas si scontrano con gli interessi dei Greci, dei Ciprioti e dei loro alleati economici e politici, in prima fila la Francia, poi anche l’Italia. Un’altra battaglia più importante e di più lunga durata sarà quella per il Magreb, che vede di nuovo contrapposti gli interessi della Turchia da un lato e quelli della Francia e dell’Italia dall’altro.
Dall’epoca coloniale in poi Marocco, Algeria e Tunisia sono stati legati economicamente e politicamente alla Francia, la Libia all’Italia. Oggi però l’indebolimento della Francia (e in generale dei singoli paesi europei) sulla scena mondiale e la presa del potere da parte di nuovi gruppi politici a seguito delle rivoluzioni arabe hanno creato una situazione alquanto traballante per i paesi europei. Lo scorso gennaio il presidente Macron ha rifiutato di presentare le scuse ufficiali richieste dall’Algeria per la passata politica coloniale. A inizio aprile il governo algerino ha richiesto che la Francia pubblicasse le mappe dei siti nucleari francesi in Algeria nella prima metà del XX secolo, proprio mentre si teneva un incontro formale a livello ministeriale per discutere accordi di cooperazione militare. Gli incontri sono stati immediatamente sospesi e la visita del presidente francese ad Algeri, prevista per il 9 aprile, è stata annullata. Macron ha invece annunciato lo stesso giorno l’apertura di un ufficio consolare a Dakhla, nel Western Sahara, mentre la principale azienda francese di logistica e trasporti, la CMA CGM, annunciava la firma di contratti per operare in tutti i porti del Marocco, facendo nascere il sospetto che la Francia stia per riconoscere la sovranità del Marocco sul Western Sahara, come già hanno deciso di fare gli USA. L’indipendenza del Western Sahara o Sahwari è invece attivamente sostenuta dall’Algeria fin dagli anni ’70; il Fronte Polisario che si batte per l’indipendenza del Sahwari ha sede in Algeria.
Nel 2011 la Turchia sostenne le ribellioni popolari che portarono al potere i nuovi governi in Algeria e Tunisia, dove oggi è considerata la principale sostenitrice della causa dei popoli islamici, così come in epoca ottomana, anche perché i Turchi perseguono attivamente una politica di investimenti e di apertura commerciale. Dal 2011 in poi sono sorte in Algeria 1200 società a capitale turco, gli scambi import-export hanno avuto rapido sviluppo, con l’Algeria che acquista molti manufatti ed esporta molto gas. In Tunisia invece le cose sono andate meno bene, perché la Tunisia non produce quasi nulla con cui controbilanciare l’aumento delle importazioni di manufatti dalla Turchia, perciò ha reimposto i dazi sulle merci turche, riducendo i volumi di scambio. Ha reimposto alti dazi sulle merci turche anche il Marocco, a partire da ottobre 2020. Da qualche tempo l’Arabia Saudita si è fatta capofila di una sorta di boicottaggio del commercio turco nei paesi arabi, preoccupata per la rapida crescita dell’egemonia turca in tutto il mondo islamico sunnita.
La Turchia sta anche potenziando e pubblicizzando un suo ruolo di protettrice dei sunniti che vivono in Francia, provenienti dalla ex colonie del Magreb. Si tratta di una comunità che conta circa 850000 persone. In questo modo la Turchia influenza dall’interno l’opinione pubblica francese, mettendo in allarme il governo Macron.
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