La crisi ucraina mette la Germania e l’UE con le spalle al muro?

02/02/2022

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I Russi hanno accumulato truppe ai confini per due mesi, poi hanno avanzato la richiesta che la NATO ritiri le armi dall’Europa orientale e si impegni a non accettare l’Ucraina fra i suoi membri. Ma da settimane non succede nulla, la situazione è in stallo: le truppe non avanzano, non indietreggiano. Lo stallo è soltanto apparente, perché la diplomazia è freneticamente al lavoro. Lo scopo? Per la Russia convincere il maggior numero possibile di cittadini e di governi europei che, se non gli arriverà abbastanza gas e non riusciranno a far funzionare gli impianti industriali, il riscaldamento, l’illuminazione, i server della rete internet, sarà colpa dell’ostinazione della NATO, cioè degli USA, che minacciano la Russia e le impongono sanzioni.

Per gli USA e per i paesi europei lo scopo è dimostrare ai Russi e ai propri cittadini che la NATO non ha fatto nessuna manovra contro la Russia, né ha intenzione di farne, che la Russia vuole ricattare l’Europa minacciando di non fornire più abbastanza gas. Ma il primo urgente scopo della diplomazia occidentale è trovare fornitori alternativi di energia, perché comunque di fronte al freddo e al blocco della produzione industriale i cittadini dell’Unione Europea potrebbero chiedere a gran voce di cedere e togliere le truppe NATO dall’Europa dell’Est. Questo è l’obiettivo che Putin spera di raggiungere lanciando la sfida all’inizio dell’inverno e in vista dell’uscita dalla pandemia, cioè quando la necessità di gas è al massimo, rimettere in funzione l’economia è la prima necessità della politica e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni è al minimo. Anche la fiducia negli USA è al minimo, dopo il caotico ritiro dall’Afghanistan, le gravi fratture interne rivelate dalle ultime elezioni presidenziali e la necessità di ricostruire alleanze strategiche sulle sponde del Pacifico.

In questa partita il ruolo principale sarà quello della Germania, leader de facto dell’Europa. Uno dei fattori stabilizzanti della sua economia è stata l’affidabilità delle esportazioni russe di gas naturale, un’affidabilità che doveva essere migliorata dal gasdotto Nord Stream 2. La Russia a sua volta ha bisogno delle entrate derivanti dalla vendita in Europa in generale e in Germania in particolare. Le azioni della Russia verso l’Ucraina hanno quindi creato un enigma. La Germania – e in realtà tutti i membri della NATO – ha bisogno dell’energia russa ma non si fida della Russia. Una guerra potrebbe costringere la Russia a fermare le esportazioni verso l’Europa, dando alla Germania e ad altri la possibilità di scegliere tra il caos interno e la sicurezza dalla Russia.

La Russia non ha fatto una mossa militare aperta perché l’idea di un attacco è più potente di un attacco reale, che innescherebbe automaticamente mosse tedesche di solidarietà con la NATO. Putin non ha fretta: aspetta che lo stato di tensione e la scarsità di energia agiscano sull’opinione pubblica tedesca ed europea e portino a un sostanziale sgretolamento della NATO. La posta in gioco è l’opinione pubblica europea, in primis quella tedesca. Fino ad ora, l’opinione pubblica non ha dato segni di cedimento. Nel frattempo gli USA e i governi europei sono attivamente all’opera per aumentare i flussi di energia da altri paesi: il Qatar, gli USA, l’Azerbaigian. Finché c’è energia sufficiente, la crisi non colpisce la vita dei cittadini.

Se la NATO va in frantumi, i Russi pensano che prenderanno il controllo dell’Ucraina senza rischi. Oggi per la Germania i benefici della NATO non sono paragonabili ai benefici dell’accesso al gas naturale, ed è su questo che conta Putin. Ma anche Putin può sbagliare: non è detto che la Germania ceda al ricatto, perché accettare il primo ricatto indebolisce e induce ad accettare più facilmente quelli successivi.

Intanto i governanti di tutta Europa si stanno rendendo conto che raggiungere l’indipendenza energetica è davvero la priorità assoluta. Ci dovremo arrivare presto, o finiremo col perdere concretamente l’indipendenza. 

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