Il primo marzo 2022, mentre il mondo guardava con ansia alla guerra in Ucraina, a Tobruk in Libia la Camera dei Rappresentanti riconosceva il nuovo Governo di Stabilità Nazionale guidato da Fathi Bashagha (nella foto in alto), ex ministro degli interni nel Governo di Unità Nazionale, il governo internazionalmente riconosciuto, che invece rimane in carica nella capitale, Tripoli, sotto la guida di Abdulhamid Dbeibeh. Entrambi i capi dei due governi contrapposti provengono da Misurata.
La Libia torna così ad avere due governi rivali, dopo la sospensione delle elezioni previste il 24 dicembre 2021, che avrebbero dovuto eleggere una assemblea costituente per ridisegnare le istituzioni della Libia. Prima delle elezioni milizie armate di varia lealtà avevano circondato la capitale, rendendo impossibile il pacifico e libero svolgimento delle elezioni stesse.
Si torna così al punto di partenza nella guerra civile libica, che probabilmente finirà con la spartizione del Paese in almeno due stati diversi. Il coinvolgimento di enormi interessi non soltanto locali ma internazionali per le risorse energetiche della Libia potrebbe prolungare e riaccendere i conflitti armati, che possono tornare a bloccare l’esportazione del gas da alcuni terminali libici. Nonostante il riequilibrio fra i fornitori di energia operato negli ultimi 10 anni, l’Italia riceve attualmente circa il 4,5% dell’energia di cui ha bisogno dalla Libia. Se non soltanto la Russia ma anche la Libia ci tagliassero drasticamente le forniture di gas, la nostra economia sarebbe veramente in ginocchio e la nostra vita sarebbe resa molto difficile.
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