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Il dibattito sull’abbandono del gas russo per altri fornitori, in particolare in Africa, non è nuovo. Il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan incoraggiava l’Europa a farlo già nel 1981, quando era in costruzione il gasdotto Urengoy-Pomary-Uzhgorod dalla Russia all’Europa occidentale attraverso l’Ucraina. Reagan chiese all’Europa di non acquistare mai oltre il 30% del proprio fabbisogno energetico dall’Unione Sovietica e vietò alla General Electric Co. di esportare tecnologia e attrezzature in Unione Sovietica. L’Europa però seguì un’altra strada: la Germania occidentale e l’Unione Sovietica avevano importanti contratti per le infrastrutture del petrolio e del gas e nessuno dei due voleva rinunciarvi, mentre gli altri paesi europei avevano troppe poche opzioni per impegnarsi seriamente in altre scelte.
L’Africa ha enormi riserve di gas naturale, ed è vicina all’Europa. Col tempo può moltiplicare la produzione, ha ancora vasti depositi non esplorati e non utilizzati. Ma nell’immediato l’Europa può utilizzare soltanto paesi che hanno già un’infrastruttura sviluppata per la produzione, la lavorazione e il trasporto, che perciò hanno già clienti per il gas che producono. Inoltre questi paesi stanno velocemente aumentando il consumo di gas per l’interno, non hanno eccesso di produzione. Egitto e Algeria consumano per l’interno la maggioranza del gas che producono.
Soprattutto scarseggiano i gasdotti attraverso il Mediterraneo. L’unico attualmente funzionante è il Transmed che dall’Algeria attraversa la Tunisia e raggiunge la Sicilia e quindi la pianura padana, portando circa 30 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Funziona anche Medgaz, che collega il maggiore giacimento algerino con la Spagna, ma ha una portata massima di 8 miliardi di metri cubi all’anno. Poca cosa. Gli altri gasdotti esistenti (tratteggiati in verde nella mappa) non sono più in funzione o per conflitti regionali o per problemi tecnici e strutturali. Gli investimenti occidentali in infrastrutture in Africa sono stati bloccati dalle rivolte islamiche e dagli attentati e guerre civili costanti in tutto il Sahel.
La Russia ha invece notevolmente rafforzato la sua posizione in Africa nell’ultimo decennio. Lukoil è entrata nel progetto offshore in acque profonde del Ghana, dove ci sono due giacimenti di gas. Ha anche acquisito una partecipazione del 25% nel progetto di produzione di idrocarburi Marine XII nella Repubblica del Congo. Rosneft ha acquisito una partecipazione del 30% nel giacimento di gas offshore di Zohr in Egitto. Gazpromneft ha progetti in Libia e nei giacimenti offshore in Guinea Equatoriale e Angola attraverso la sua controllata NIS. Gazprom partecipa alle operazioni di esplorazione e produzione a El Assel, Algeria, di cui detiene una quota del 49%. La Russia partecipa anche al trasporto marittimo.
Per l’Europa, quindi, trovare nuovi partner è possibile ma difficile. Trovare nuovi depositi è costoso e richiede tempo. E il reindirizzamento dei flussi esistenti rischia di creare più mercati per le aziende russe! Data la mancanza di investimenti e tecnologia e l’atteggiamento amichevole degli stati africani nei confronti delle autocrazie, il futuro potrebbe essere ancora luminoso per la Russia.
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