Che succede in Cina?

30/11/2022

Le manifestazioni contro la politica zero-COVID di Pechino sono quasi senza precedenti nella Cina moderna e certamente preoccupano l’élite al potere.

Dall'inizio della pandemia Pechino ha costantemente cercato di contenere il COVID-19 con drastici lockdown di grandi aree in cui non soltanto la popolazione non può uscire di casa, ma non funziona la maggior parte dei servizi di base e nessuno può entrare o uscire. Non è chiaro perché il governo abbia adottato misure così severe. Nessun altro paese ha imposto questo grado di contenimento, che ha costi economici e sociali altissimi. Anche Shanghai, il centro finanziario e commerciale più importante del Paese, è stato chiuso per più settimane.

Due sono le possibili spiegazioni. La prima è che la Cina stia cercando di contenere una mutazione di cui il mondo esterno non è a conoscenza, una variante letale. Ma è un’ipotesi che non pare suffragata dal numero di morti nelle aree chiuse. La seconda e più ragionevole ipotesi è che Pechino abbia istituito politiche draconiane per controllare luoghi già irrequieti o instabili. Il COVID-19 sarebbe poco più che un pretesto. Hong Kong potrebbe essere il caso esemplare che ha indotto il governo ad adottare questa politica. Le autorità vi hanno represso le manifestazioni, ma non prima che il mondo intero avesse visto la rabbia della folla contro Pechino. Hong Kong ha insegnato a Pechino che i disordini sono possibili e che le rivolte debbono essere nascoste o minimizzate a tutti i costi, perché un paese dipendente dal commercio e dagli investimenti internazionali come la Cina non può permettersi un processo dinanzi al tribunale dell'opinione pubblica. Se per ottenere questo è necessario chiudere una città come Shanghai, così sia.

Se questa è davvero la strategia del governo, negli ultimi giorni non ha funzionato. L'evento scatenante è stato un incendio in un condominio a Urumqi, dove i servizi antincendio non sono entrati in funzione. La rabbia dei cittadini è diventata in breve tempo un più ampio movimento antigovernativo.

Non è chiaro quanto siano diffuse e intense le proteste: quante città siano coinvolte, quante chiedano un cambio di governo, quanto siano organizzate, quanto polizia ed esercito siano dovuti intervenire, ecc. Le proteste non sono scoppiate dall'oggi al domani. L'economia cinese ha rallentato negli ultimi anni, con grande rabbia dei giovani, che vedono in parte deluse le loro aspettative. Ma il governo ha certamente la capacità di reprimere la ribellione se lo ritiene necessario.

Se però questo sarà l'inizio di qualcosa di più profondo e di più duraturo di disordini occasionali, significa che il potere della Cina scricchiola, proprio mentre scricchiola anche il potere di Putin in Russia e l’Unione Europea è sempre più incerta su di una direzione politica unitaria e l’opinione pubblica in Iran dimostra di non tollerare più la politica repressiva degli Ayatollah. Se così fosse, in pochi anni tutta l’Eurasia potrebbe assumere una conformazione geopolitica profondamente diversa da quella attuale. 

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