A dicembre 2022 il Consiglio dei Ministri degli Interni degli Stati dell’Unione Europea si è riunito per decidere della richiesta di Romania, Bulgaria a Croazia di entrare a far parte dell’area Schengen, cioè dei paesi che non effettuano più controlli e operazioni doganali alle frontiere. La Croazia è stata ammessa, la Romania e la Bulgaria no. Il veto è stato posto dall’Austria, che teme l’arrivo incontrollato di migranti clandestini alle sue frontiere, ed è stato sostenuto dall’Olanda.
Ma sia la richiesta sia il veto hanno uno stretto collegamento con la guerra fra Russia e Ucraina. I trasporti di merci sul mar Nero sono stati fortemente ridotti, talora sono rimasti bloccati per più settimane, soprattutto quelli dall’Ucraina e per l’Ucraina. (La mappa in testata mostra la geolocalizzazione a inizio dicembre 2022 delle navi presenti nel bacino del Mar Nero e prenotate per il transito attraverso il Bosforo nella successiva settimana).
Le linee cargo da e per i porti dell’Ucraina si sono ridotte del 90% rispetto al 2021. Si sono sviluppate – in parziale sostituzione – vie alternative: via terra e/o via fiume fino ai porti della Romania e della Bulgaria e viceversa. Ma questo comporta l’attraversamento di più frontiere, pratiche doganali lunghe e costose, pagamento di dazi e IVA (dazi e IVA alle frontiere sono incassati dall’Unione Europea, non sono più balzelli nazionali). Inoltre i porti romeni e bulgari sono sempre congestionati: le navi sono troppe e debbono attendere in rada per giorni e giorni la conclusione delle pratiche doganali prima di poter caricare o scaricare le merci. Bulgaria e Romania hanno annunciato la costruzione di infrastrutture aggiuntive per far fronte alle esigenze, ma occorre tempo.
Il sostegno espresso dalla Commissione europea all’entrata di entrambi i paesi nell’area Schengen voleva essere un aiuto ad accelerare le pratiche e diminuire i costi, nell’interesse soprattutto dell’Ucraina. Austria e Olanda hanno annunciato il loro veto prima ancora della riunione del Consiglio, evitando così agli altri stati membri l’imbarazzo di doversi pubblicamente pronunciare. Si è trattato di un evidente sgarbo all’Ucraina.
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