Da un articolo di Hilal Khashan per Geopolitical Futures (The Push to Normalize Ties with Syria’s Assad, 19 gennaio 2023).
Mentre la Turchia e i paesi arabi danno segni di voler normalizzare i rapporti con il regime di Assad, dopo 11 anni di devastante guerra civile, il mondo si chiede che cosa faranno gli USA.
La ribellione sul campo non è ancora del tutto stroncata in Siria e diversi paesi sono ancora presenti militarmente. Nel nord est c’è ancora una presenza americana. Ma fin dal 2012 gli USA hanno dato chiarissimi segni di non voler essere coinvolti nel conflitto. L'ambasciatore americano in Siria, Robert Ford, dichiarò che gli Stati Uniti non avrebbero imposto la non-fly zone e non sarebbero intervenuti nel conflitto civile, né avrebbero fornito armi all’opposizione. Quando Assad usò armi chimiche, uccidendo migliaia di civili, gli Stati Uniti si limitarono a confiscare il suo arsenale di armi chimiche e avviare un programma di sostegno ai combattenti moderati dell’Esercito Siriano Libero, durato fino al 2017. Washington ha sostanzialmente rinunciato alla Siria sin dall’inizio della guerra civile, lasciando che a contendersi l’influenza sul paese fossero Russia e Iran. I paesi confinanti, Giordania e Turchia, hanno abbandonato la politica anti-Assad appena hanno capito che Assad sarebbe rimasto al potere.
Washington contribuisce con oltre 15 miliardi di dollari l’anno agli aiuti umanitari per la Siria e per i paesi che ospitano i rifugiati, cioè Turchia, Libano e Giordania. Anche la Germania ha accolto più di 600.000 rifugiati siriani. Ma nessuno dei paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo ha firmato la Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati e pertanto nessuno offre protezione ai rifugiati siriani.
Nonostante l'emergente distensione, diversi paesi continuano ad avere una presenza militare in Siria, che è ancora dilaniata da una guerra interna, seppure a bassa intensità.
- Gli Stati Uniti non considerano la Siria strategicamente importante, ma mantengono una presenza militare simbolica nel nord-est della Siria per impedire alla Turchia di attaccare le forze democratiche siriane, che furono importanti alleati dell’Occidente nella lotta contro lo Stato Islamico. Attualmente gli USA hanno 28 siti militari in Siria, da cui pattugliano e controllano i giacimenti petroliferi a est dell'Eufrate, nel territorio incuneato fra Iraq e Turchia.
- Le forze di Hezbollah e altre milizie sciite fedeli all'Iran sono dispiegate in 117 località lungo il confine libanese, concentrate nello strategico nodo stradale di Qusayr. Dispiegano truppe in posizioni che si estendono da Homs ad Aleppo e lungo il Golan.
- La Turchia dispiega forze in 122 siti militari lungo il confine settentrionale.
- Le truppe russe occupano 75 località, le più importanti delle quali sono la base aerea di Hmeimim vicino a Latakia e la base navale di Tartus. Di lì sorvegliano i movimenti delle pattuglie USA e quelli dei movimenti estremisti islamici concentrati a Idlib e Homs nel nord-ovest, a Deraa nel sud-ovest.
Mosca vuole garantire che la Siria rimanga nell'orbita russa, mentre l'Iran vuole mantenere Assad a capo di un regime paria isolato a livello regionale e internazionale in modo da poter continuare a manipolarlo. Perciò l'Iran non vuole il riavvicinamento dei governi regionali ad Assad. L'Iran per ora ha ancora il pieno controllo militare ed economico del regime di Assad.
Il successo di Assad nel mantenere il potere nell'ultimo decennio fornisce un modello per i regimi dispotici nel mondo arabo, l’esempio di come mantenere il controllo anche di fronte a una rivolta di massa o alla guerra totale. La riabilitazione diplomatica del regime di Assad significa perdonarlo per i crimini che commette ed accettare il principio che si può usare la violenza estrema anche contro la propria popolazione.
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