Rinchiuso a nove mesi nel carcere di Torino con i genitori e il nonno paterno prima della deportazione ad Auschwitz, il piccolo Massimo Foa venne trafugato con l’aiuto della suora del carcere e dato in affidamento a una contadina di Cuorgnè. Della famiglia di Massimo sopravvissero soltanto nonni e zii materni − emigrati in America dopo l’emanazione delle leggi razziali − e la madre Elena Recanati Foa, ritornata miracolosamente in Italia a ottobre del 1945 dopo una dolorosa peregrinazione tra vari campi, avendo però perso le tracce del marito Guido. Ritornata alla vita e ritrovato l’amato figlio Massimo, Elena narrò quegli avvenimenti in una lettera alle sorelle in America.
Ora che Massimo non c’è più, a narrare la sua storia e quella della famiglia, anche attraverso la lettera di Elena, è Guido Foa, uno dei figli di Massimo, che del nonno porta il nome. Guido, che è direttore di scena e buon comunicatore, ha da poco deciso di raccogliere il testimone del padre e incontrare i ragazzi nelle scuole.
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