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Il Kazakistan sta vivendo un'inaspettata evoluzione politica. L'esito del suo esperimento di democratizzazione avrà profonde implicazioni per l'Asia Centrale, una regione che per secoli è stata isolata dall'Occidente.
L'affluenza alle urne nella recente tornata elettorale è stata piuttosto bassa, ma si trattava del quinto esercizio elettorale dal 2019. Per la prima volta è stato permesso di candidarsi sia a candidati indipendenti che a due nuovi partiti politici. Il partito al governo (Amanat) ha mantenuto la maggioranza nel Majlis (camera bassa) con 98 seggi, maggioranza risicata. Il neonato partito Respublica – che rappresenta le medie e piccole imprese – si è classificato al terzo posto. Amanat dovrà ora lavorare con cinque partiti e 29 legislatori eletti come indipendenti.
La transizione del Kazakistan è iniziata quando Kassym-Jomart Tokayev ha assunto la presidenza nel marzo 2019, succedendo a Nursultan Nazarbayev, che però ha mantenuto la presidenza del Consiglio di sicurezza. A gennaio 2022 sono scoppiati disordini, fomentati dagli oppositori di Tokayev, per un forte aumento dei prezzi del carburante. Tokayev ha rimosso Nazarbayev dalla carica di presidente del Consiglio di sicurezza, mandandolo di fatto in pensione. Ha quindi intrapreso un programma di riforme piuttosto ambizioso. A giugno ha tenuto un referendum sugli emendamenti costituzionali che hanno modificato un terzo della carta nazionale, ponendo fine al sistema di governo superpresidenziale − che concedeva maggiori poteri alla presidenza rispetto al parlamento. Tokayev ha proposto riforme aggiuntive, in particolare la limitazione del mandato dei presidenti a soli sette anni.
Per un paese come il Kazakistan, che ha ottenuto l'indipendenza nel 1991 e la cui transizione politica è iniziata solo quattro anni fa, è straordinario che possa tenere elezioni ben organizzate, con pochi segni di brogli elettorali sistemici.
I cambiamenti stanno avvenendo in un pericoloso ambiente strategico. Il futuro della Russia, con la quale il paese condivide il secondo confine più lungo del mondo, è immerso nell'incertezza. Il confine meridionale del Kazakistan è altamente vulnerabile all'instabilità che si irradia dall'Afghanistan. Da est, la Cina sta cercando di riempire il vuoto lasciato lentamente dai russi in Asia Centrale. I cambiamenti avranno anche un impatto su altre parti dell'Eurasia. Ci sono implicazioni per il vicino Uzbekistan, che è anch'esso in una sorta di transizione e ha una popolazione molto più numerosa e meno risorse.
La trasformazione politica del Kazakistan non è nell'interesse né della Russia né della Cina. Nel peggiore dei casi, le riforme politiche in Kazakistan e nella regione potrebbero creare problemi ai tentativi di Pechino di gestire l'irrequieta minoranza uigura nello Xinjiang. Pertanto sia i Russi che i Cinesi cercheranno di bloccare le riforme politiche in Kazakistan.
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