Ogni maggior tragedia in mare riaccende il dibattito in Europa sulla migrazione dal Medio Oriente e dal Nord Africa. I governi europei iniziano a discutere di misure di immigrazione più severe, con un parziale rovesciamento di posizione rispetto al passato. Nel 2015 i leader europei condannarono la recinzione di filo spinato fatta erigere da Viktor Orban lungo i confini meridionali dell’Ungheria, ma ora stanno assumendo un approccio simile.
E nei paesi arabi? I media arabi parlano poco della questione, ma sostengono che occorre intavolare un dialogo razionale tra l'Europa e i principali paesi di origine per organizzare la migrazione in modo più sicuro, piuttosto che cercare di prevenirla del tutto.
Un po’ di storia
La migrazione di massa, come la conosciamo oggi, nasce nel XIX secolo, quando il trasporto motorizzato, l'insediamento coloniale e l'espansione degli Stati Uniti diedero avvio a una specie di rivoluzione migratoria, con circa 30 milioni di migranti che dall’Europa raggiunsero gli Stati Uniti. Il fenomeno continuò per decenni senza interruzioni significative, finché all'inizio del XX secolo gli Stati Uniti adottarono un approccio più rigoroso nell’autorizzare i migranti a varcare i confini.
In Europa furono la Prima guerra mondiale e la Rivoluzione russa a scatenare la prima ondata di rifugiati attraverso l’intero continente. Il movimento di massa delle persone si placò nel corso degli anni 1950, dopo gli sconvolgimenti sociali ed economici causati dalla seconda guerra mondiale. I paesi dell'Europa occidentale vissero un periodo di prosperità generale tra il 1950 e il 1973, diventando la destinazione di immigrati dal Nord Africa, dall'Europa orientale e dalla Turchia.
Il crollo dell'Unione Sovietica nel 1991 e lo scoppio delle guerre in Jugoslavia provocarono flussi di immigrazioni ed emigrazioni all’interno dell’Europa stessa. L'invasione dell'Iraq nel 2003, l'inizio della guerra siriana nel 2011, la diffusa stagnazione economica e il fallimento dei piani di sviluppo in Medio Oriente e Nord Africa hanno ora portato alle attuali ondate migratorie di massa.
La condizione dei popoli arabi
Nella maggior parte dei paesi arabi mancano opportunità di lavoro per i giovani, l'acqua e l'elettricità sono scarse e le medicine sono troppo care per esser disponibili per la maggior parte dei cittadini. Inoltre nei paesi arabi prevalgono i regimi dittatoriali, la corruzione finanziaria e amministrativa e il furto dei beni finanziari dello stato da parte delle classi dirigenti.
Molti cittadini del mondo arabo diventano preda di contrabbandieri che promettono loro una vita agiata nei paesi del nord e dell'ovest dell'Europa. Il rischio è attraversare il Mediterraneo su barche sovraffollate, ma molti sono disposti a rischiare la vita e i risparmi per la possibilità di un futuro migliore. Sono cittadini di stati che soffrono di inefficienza politica, disintegrazione sociale, impoverimento e apatia. La situazione in Egitto riassume le condizioni della maggior parte dei paesi arabi (non ricchi di petrolio). Nei 10 anni trascorsi dal colpo di stato militare che ha portato al potere Abdel Fattah el-Sissi, la povertà è aumentata, anche la maggior parte dei membri della classe media è caduta sotto la soglia di povertà. Molti egiziani ora chiamano questo periodo "il decennio nero".
Anche la religione ha un ruolo nella decisione dei migranti arabi di fuggire in Europa
L'Islam esorta le persone a cercare sostentamento ovunque possano trovarlo, il clero cita spesso un versetto del Corano che dice che Dio ha progettato il mondo in modo che i credenti possano stabilirvisi e viaggiare per migliorare le loro vite. L’Islam rifiuta i confini e le restrizioni di viaggio e considera disumano e tirannico lo stato-nazione.
Mentre i paesi ricchi di petrolio del Consiglio di cooperazione del Golfo rifiutano di accettare i rifugiati dalle altre nazioni arabe, l'Europa ha ammesso più di un milione di migranti via mare dal 2015, oltre a centinaia di migliaia di migranti che sono entrati nell'Unione europea dai Balcani. Le statistiche pubblicate da Amnesty International e dalla United Nations Relief and Works Agency for Refugees indicano che nei primi tre anni della guerra siriana i paesi europei hanno accolto 400000 rifugiati – Germania e Svezia hanno rappresentato la metà degli arrivi – mentre i paesi del CCG ne hanno accolti solo 24 in totale. Un commentatore politico del Kuwait ha giustificato il rifiuto dei governi del CCG di accogliere i rifugiati siriani affermando che il costo della vita negli Stati del Golfo è troppo alto per loro. Ha aggiunto che questi paesi non possono accogliere migranti psicologicamente disturbati ed emotivamente traumatizzati.
Nel 2015 il ritmo dell'immigrazione clandestina verso l'Europa è accelerato, con la maggior parte dei rifugiati arrivati dalla Siria e dall'Iraq attraverso la penisola balcanica. La tendenza si è poi ampliata per includere i migranti dal Nord Africa che hanno attraversato il Mediterraneo per raggiungere Lampedusa su imbarcazioni mal equipaggiate e congestionate. Almeno 26000 migranti sono annegati nel Mediterraneo tra il 2014 e il 2022. Negli ultimi due anni, 64 bambini sono morti quando le loro navi sono affondate. Nel 2023 1832 minorenni tunisini sono arrivati in Italia via mare non accompagnati da un familiare. Le autorità locali in diversi paesi del sud del Mediterraneo, in particolare Libano, Libia e Tunisia, affermano di avere difficoltà a intercettare o soccorrere navi di migranti a causa della mancanza di attrezzature. Ci sono indicazioni, tuttavia, che le forze di sicurezza ignorino effettivamente le operazioni di contrabbando perché ricevono tangenti dai trafficanti, che fanno pagare da $ 4.000 a $ 7.000 per passeggero.
Nel 2022 il numero di attraversamenti irregolari delle frontiere esterne dell'UE ha raggiunto quota 330000. La migrazione illegale verso l'Europa non è più limitata ai giovani. Alcune famiglie inviano figli minorenni da soli in viaggi rischiosi e terrificanti per approfittare delle leggi sul ricongiungimento familiare in vigore in molti Stati membri dell'UE.
Il ruolo dei media arabi
Il modo in cui i media arabi presentano la questione della migrazione è limitato dalla leadership araba che ha interesse a trasferire la colpa ad altri. I media, se liberi ed efficienti, sono il centro dell'interazione tra il governante e il governato. Trasmettono i desideri, le aspirazioni e le sofferenze del popolo a chi è al potere. Raccontano alle masse le azioni e i comportamenti dell'élite al potere. I media sono l’indicatore della vitalità della società civile. Thomas Jefferson, il principale autore della Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti, disse che, se avesse dovuto scegliere tra l’avere un governo senza giornali o i giornali senza governo, avrebbe scelto la seconda situazione. Ma nel mondo arabo i media sono principalmente il portavoce dell'élite politica. Le società arabe non possono svilupparsi senza media indipendenti che mettano in discussione le élite al potere e le ritengano responsabili.
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