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Nel 37 a.C. Erode il Grande conquistò Gerusalemme con l’aiuto di Roma e fu nominato "Re dei Giudei" dal Senato Romano, soppiantando la dinastia degli Asmonei. Intraprese il restauro e l'ampliamento del tempio di Gerusalemme, fece costruire o ricostruire diverse città e fortezze: Samaria, Cesarea marittima, l'Erodium, Macheronte, Masada, la Fortezza Antonia. Alla sua morte il regno fu diviso fra i suoi figli, ma sotto lo stretto controllo di un governatore romano che aveva giurisdizione su tutta la provincia romana di Giudea.
L'Impero romano fu spesso insensibile e brutale nel suo trattamento dei sudditi ebrei, che cominciarono a ribellarsi contro i governanti romani della Giudea, facendo scoppiare numerose rivolte, dapprima limitate, poi sempre più ampie. Fra i capi dei gruppi che rifiutavano il dominio romano su Gerusalemme c’era anche Gesù, che i Romani condannarono a morte per crocefissione, così come migliaia di altri ribelli ebrei negli stessi anni.
Nel 66 d.C. scoppiò una grande rivolta (Prima guerra giudaica), che terminò nel 70 d.C. con la conquista di Gerusalemme, la distruzione e il saccheggio del tempio. Metà della popolazione perì in quei quattro anni. Tra il 115-117 insorsero contro i Romani diverse comunità ebraiche della diaspora, soprattutto Cirene, Alessandria d'Egitto, Cipro con alcuni focolai in Mesopotamia (Seconda guerra giudaica). Nel 132 insorsero nuovamente gli Ebrei in Giudea, guidati da Simone Bar Kochba ("figlio della stella"). La rivolta, nota come Terza guerra giudaica, fu sedata nel 135. L'imperatore Adriano vietò l'ingresso a Gerusalemme ai Giudei, "rifondando" la città col nome di Aelia Capitolina. Da allora la maggioranza degli Ebrei sopravvissuti visse principalmente nella diaspora (=dispersione). Al tempo di Augusto gli Ebrei nell'Impero romano erano circa 4,5 milioni (circa il 7% della popolazione), dei quali solo 1 milione in Palestina.
Gli Ebrei che permasero in Palestina attraversarono numerose esperienze e conflitti armati contro occupanti stranieri consecutivi. Alcuni dei più famosi e importanti testi ebraici furono composti in città israeliane in questo periodo. Il completamento della Mishnah, il sistema di niqqud (segni diacritici di vocalizzazione) e la compilazione del Talmud di Gerusalemme (Yerushalmi) sono esempi. Lo sviluppo delle interpretazioni della Torah (cioè della Bibbia) fu di importanza fondamentale per la riconfigurazione della tradizione ebraica da religione basata sul Tempio alle tradizioni rabbiniche della diaspora. In quest'epoca furono attivi i dotti tannaim e amoraim, rabbini che organizzavano e dibattevano la Legge orale ebraica. I risultati dei dibattiti sono raccolti nella Mishnah, Beraita, Tosefta e varie altre compilazioni. I commentari degli amoraim sulla Mishnah furono compilati nell'ambito del Talmud gerosolimitano, che fu terminato verso il 400, probabilmente a Tiberiade. Nel 359 il celebre rabbino Hillel II creò il calendario ebraico sulla base dell'anno lunare. Nel 351 d.C., la popolazione ebraica di Zippori (in Galilea) iniziò una nuova rivolta contro il governo romano.
Nel frattempo si sviluppò grandemente anche la setta ebraica dei seguaci di Cristo, sotto la guida di Paolo di Tarso (san Paolo) e di altri Ebrei ellenizzati. Ma a partire dal secondo secolo d.C. la guida dei Cristiani cadde nelle mani di seguaci che non provenivano più dal popolo ebraico e che intendevano diffondere il cristianesimo in tutto l’Impero romano, ma per riuscirci non potevano accusare i Romani stessi della morte di Cristo, il Messia inviato da Dio. Accusarono quindi dell’uccisione di Cristo i sacerdoti del Tempio, cioè la classe dirigente dello stesso popolo ebraico. Fu un’operazione astuta che ebbe molto successo. Quando il Concilio di Nicea dichiarò che Cristo era Dio, non soltanto messia, l’accusa di aver ucciso il messia si trasformò in accusa di deicidio. Soltanto il Concilio Vaticano II del 1965 cancellò l’accusa di deicidio mossa dai Cristiani agli Ebrei per circa tredici secoli e mezzo.
A partire dal 398, con la consacrazione di Giovanni Crisostomo come patriarca, la retorica cristiana contro gli Ebrei divenne una vera e propria predicazione di odio. I testi dei suoi sermoni furono utilizzati attraverso i secoli per perseguitare gli Ebrei, privarli dei loro beni e assassinarli, impedire i matrimoni ed i commerci con i Cristiani, fino al nazismo e alla Shoah.
Dalla fine del IV secolo gli Ebrei iniziarono a dover fuggire da molte regioni dell’Impero romano, ormai pienamente cristianizzato, oppure furono obbligati a convertirsi in massa. Con l'esplosione della religione musulmana fuori della remota penisola araba, dove risiedevano grandi popolazioni di Ebrei, molti Ebrei fuggirono dai territori bizantini in quelli del Califfato, dove molti funzionari pubblici venivano scelti proprio fra i membri della comunità ebraica, che era particolarmente istruita, perché fin dall’anno 66 i rabbini avevano imposto ai padri ebrei di far studiare i figli, almeno quelli maschi.
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