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Il traboccante odio razziale e nazionalista alimentato dall’invidia sociale, insieme ai pogrom istigati dallo stato in Russia nel tardo XIX secolo, portarono una parte degli Ebrei d’Europa a credere che sarebbero stati al sicuro soltanto in una propria nazione con un proprio territorio. Nacque così il Movimento Sionista (1884), ultimo grande movimento risorgimentale europeo, di cui fu instancabile ispiratore e organizzatore Teodoro Herzl, il quale aveva lucidamente previsto che l’odio antisemita avrebbe portato al massacro degli Ebrei d’Europa nell’arco di pochi decenni – cosa che in effetti avvenne durante la Seconda guerra mondiale. Il sionismo voleva il ritorno degli Ebrei in terra d’Israele (Sion è una delle colline di Gerusalemme accanto al monte Moriah su cui sorgeva il Tempio). Iniziò negli anni ’80 del XIX secolo una serie di ondate di emigrazione di Ebrei europei verso Gerusalemme e la Palestina, allora sotto il dominio ottomano.
Nello stesso periodo ci fu anche una grande migrazione ebraica verso gli Stati Uniti, dove si formò una nuova grande comunità. Oltre 2 milioni di Ebrei arrivarono negli Stati Uniti tra il 1890 e il 1924, la maggior parte dalla Russia e dall'Europa orientale. Un fenomeno simile si verificò nella punta meridionale del continente, in particolare nei paesi di Argentina e Uruguay.
Dopo la Prima guerra mondiale sembrò che le condizioni per stabilire lo stato ebraico in Palestina fossero mature: il Regno Unito conquistò la Palestina dall'Impero ottomano e gli Ebrei ricevettero la promessa di una "Patria nazionale" dai britannici (Dichiarazione Balfour del 1917, consegnata allo scienziato Chaim Weizmann, allora rappresentante degli Ebrei di Palestina). Nel 1920 iniziò il Mandato britannico di Palestina, si fondò l'Università Ebraica di Gerusalemme. Gli abitanti arabi della Palestina cominciarono ad opporsi con mezzi violenti agli insediamenti ebraici e alla politica filo-ebraica del governo britannico. Il Regno Unito iniziò gradualmente a fare marcia indietro dall'idea originaria di uno Stato ebraico.
Nel frattempo, gli Ebrei d'Europa e degli Stati Uniti avevano grandi successi nei campi della scienza, della cultura e dell'economia (Albert Einstein, Ludwig Wittgenstein, Freud e decine di altre celebrità). Numerosi Premi Nobel in questo periodo furono Ebrei, cosa che accade tuttora. In Unione Sovietica molti Ebrei furono coinvolti nella Rivoluzione d'ottobre e fecero parte del Partito Comunista al potere. Ma questi successi non fecero che alimentare l’invidia sociale e l’odio antisemita in larghi strati di popolazione europea. Il nazismo tedesco portò l’odio e il disprezzo antisemita agli estremi, che durante la Seconda guerra mondiale produsse la Shoah, la distruzione degli Ebrei d’Europa.
Dopo la Seconda guerra mondiale e la Shoah aumentarono gli sforzi per stabilire uno Stato ebraico in Palestina. Durante la guerra gli Ebrei di Palestina si erano schierati decisamente a favore degli Inglesi e degli alleati e combatterono al loro fianco anche in Europa, contribuendo fra l’altro alla liberazione dell’Italia dai Tedeschi (Brigata ebraica).
Gli Arabi di Palestina invece, sotto l’autorità del Gran Mufti di Gerusalemme, si schierarono con Hitler e reclutarono milizie che combatterono con i nazisti nei Balcani.
Nel 1948 il Mandato britannico finì. Tutte le terre del mandato britannico e di quello francese erano diventate stati autonomi, eccetto la Palestina, dove l’opposizione araba aveva impaurito gli Inglesi ed impedito di proclamare lo stato ebraico. Il 14 maggio 1948 le ultime truppe britanniche lasciarono il suolo palestinese e David Ben-Gurion proclamò la fondazione dello Stato ebraico in Eretz Israel (terra d’Israele), lo "Stato di Israele", emettendo la Dichiarazione d'indipendenza israeliana.
Nel frattempo i paesi arabi della regione avevano costituito la Lega araba, che si oppose subito alla presenza di uno stato non arabo e non islamico nella regione. All’alba del 15 maggio sei eserciti arabi attaccarono lo stato d’Israele, appena proclamato. Con l’aiuto degli Ebrei americani e dell’Unione sovietica Israele riuscì a resistere e, dopo dieci mesi di aspri combattimenti, riuscì a prevalere. Per gli Ebrei fu la Guerra d’indipendenza, per gli Arabi la Nabka, la catastrofe. Circa 711000 arabi lasciarono le loro case e divennero profughi.
Per l’assurda politica della comunità internazionale e della lega araba, quei profughi ancora vengono considerati tali, insieme a tutti i loro discendenti, perciò oggi sono diventati ben più di sei milioni, assistiti da una agenzia speciale dell’ONU, l’UNWRA, creata soltanto per gli Arabi palestinesi, non per altri profughi, e gestita di fatto dai Palestinesi stessi, che ne usano liberamente i fondi.
Gli stati arabi reagirono all guerra del 48-49 perseguitando gli Ebrei delle loro antiche comunità, i quali finirono col fuggire. Alcuni stati li espulsero per legge, subito o negli anni successivi. Questi profughi ebrei trovarono rifugio o nei paesi occidentali o in Israele. Israele ne ricevette circa 900000, in varie ondate. Li assorbì tutti, senza mai chiedere aiuti internazionali. I paesi arabi hanno continuato ad espellere le loro antiche comunità ebraiche fino al tutti gli anni '70. Ora non ci sono più Ebrei nei paesi arabi o islamici. Un bellissimo docufilm di Ruggero Gabbai e David Meghnagi sull’espulsione degli Ebrei di Libia è disponibile su Rai Play al link https://www.raiplay.it/video/2019/01/Speciale-Tg1-c2691679-7edb-434a-b1c5-9b25d6fd40f5.html
Dopo il 1949 Israele è stato coinvolto in altre guerre con i paesi arabi vicini: la Guerra dei Sei Giorni (1967), la Guerra del Kippur (1973), la Guerra del Libano (1982). Ne è sempre uscito vincitore, anche se con grandi difficoltà. Nel 1979 Israele ed Egitto hanno firmato un trattato di pace, con cui Israele ha restituito tutti i territori conquistati nelle guerre precedenti. Nel 1994 è stato firmato un trattato di pace con la Giordania, con cui Israele ha restituito tutti i territori conquistati nelle guerre precedenti. Con Siria e Libano non c’è trattato di pace, soltanto uno stato di tregua lungo la linea del cessate il fuoco, che spesso viene violata da brevi attacchi improvvisi con razzi, droni o cannoni, nonché da attentati a soldati di pattuglia.
Ma la piaga della vita sia degli Israeliani sia degli Arabi palestinesi, oltre che dei Libanesi e dei Siriani, sono gli attentati continui e le guerre civili endemiche, interminabili, che sono non soltanto frutto della storia ma soprattutto la conseguenza della strumentalizzazione della questione palestinese e dei cosiddetti ‘profughi’ da parte delle potenze che a turno hanno aspirato o aspirano alla supremazia sulla regione.
Durante la Guerra Fredda né gli Inglesi, né gli Americani né i Russi volevano inimicarsi la potente Lega araba, che forniva energia al mondo e guidava l’opinione e gli interessi di almeno 400 milioni di persone, mentre gli Ebrei d’Israele erano cinque milioni. Preferirono congelare la questione e affidare all’ONU il mantenimento in eterno dei profughi arabi, che i paesi arabi (con l’eccezione parziale della Giordania) hanno sempre rifiutato di accogliere come cittadini, con la scusa di non volerli privare di un presunto ‘diritto al ritorno’.
Così i profughi ed i loro discendenti sono diventati una massa di manovra per costituire milizie armate, che dapprima operarono al comando dell’Egitto e delle sue aspirazioni a creare una repubblica araba unita comprendente l’Egitto e tutti gli stati arabi del Medio Oriente fondati alla caduta dell’Impero ottomano. A questo scopo nel 1964 l’Egitto sponsorizzò la fondazione dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) al comando di Arafat, che tentò di rovesciare la monarchia ed il governo prima in Giordania, poi in Libano, innescando una guerra civile interminabile e rovinosa. L’OLP presentò al mondo Israele come prodotto dell’imperialismo e del colonialismo occidentale e gli Arabi palestinesi come eroici rappresentanti delle masse popolari oppresse in tutto il mondo. L’immagine degli Ebrei d’Israele fu allora dipinta dalla propaganda palestinese con le stesse immagini e persino gli stessi slogan usati dall’antigiudaismo e dall’antisemitismo europeo di sempre. L’OLP intraprese atti spettacolari di terrorismo in Europa, a scopo propagandistico, non soltanto contro obbiettivi legati a Israele ma anche contro le Comunità ebraiche locali (che da allora hanno avuto bisogno della protezione dell’esercito), riattizzando fra i giovani di sentimenti rivoluzionari il millenario odio antiebraico. Così Israele e gli Ebrei divennero il capro espiatorio della cultura della sinistra comunista in Europa, soltanto 20 anni dopo la Shoah. Poi a poco a poco divennero anche il capro espiatorio della cultura anti-occidentale e anti-colonialista dei popoli africani.
Dopo la caduta dell’Unione Sovietica e dell’ideologia comunista sembrò possibile tentar finalmente di risolvere la ‘questione palestinese’. I colloqui di pace vennero avviati nel 1992 ma si conclusero nel 2000 con un fallimento, perché nel frattempo decine di migliaia di giovani ‘profughi’ palestinesi erano stati reclutati dall’Iran, che da 30 anni cerca di estendere la propria egemonia fin al Mediterraneo ed ha forti milizie attive in Iraq, Siria, Libano. Hamas a Gaza è una milizia al servizio dell’Iran. La propaganda dell’Iran contro Israele ha ripreso e rilanciato in vaste aree del mondo il peggio dei temi e delle immagini dell’antisemitismo europeo del periodo 1870-1945. Gli Ebrei vi appaiono come assetati di sangue, cannibali, sterminatori di bambini. Questa propaganda, che allora in Europa portò alla Shoah, ha larga presa anche negli strati più sprovveduti delle popolazioni africane e le spinge a schierarsi contro Israele all’ONU.
La questione israelo-palestinese oggi è diventata molto scomoda per tutte le potenze occidentali, anche per la Russia e per le monarchie arabe, che non vogliono correre il rischio di una guerra aperta con l’Iran e con larga parte del mondo islamico. Non se ne vede la soluzione. ‘Due stati per due popoli’ è ormai un vuoto mantra che permette ai politici di dire qualche cosa alle conferenze stampa, ma tutti sanno che oggi una tale soluzione è impossibile.
Forse una soluzione si profilerà quando la maggioranza dei Palestinesi capirà che la politica delle potenze regionali e della comunità internazionale li rende schiavi. I Palestinesi sono stati trasformati a forza in nazione a sé stante, diversa dai popoli arabi di cui hanno sempre fatto parte fino al 1967. Oggi sono un piccolo popolo avvinghiato in un abbraccio mortale al piccolo popolo d’Israele, come gladiatori schiavi, che sopravvivono e sono onorati dall’imperatore di turno soltanto finché riescono a uccidere e non farsi uccidere. L’arena in cui combattono è minuscola, isolata: i popoli d’attorno stanno a guardare e gettano cibo, gioielli e corone d’alloro all’uno o all’altro contendente. Se un gladiatore muore, nell’arena ne viene spinto un altro. Se i popoli d’attorno non stessero a guardare affascinati, facendo il tifo per l’uno o per l’altro, l’imperatore di turno cercherebbe un’altra arena per i suoi giochi di potere.
Ma il Levante è la cerniera di congiunzione fra tre continenti, Gerusalemme è da sempre onfalo, ombelico del mondo. Arena perfetta per i giochi di potere di tre continenti.
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