Perché non c’è uno Stato palestinese?

19/06/2024

Da un articolo di Hussain Abdul-Hussain del 6 giugno 2024 per the Caravan, organo dello Hoover Institute (https://www.hoover.org/research/why-there-no-palestinian-state)

 

Il conflitto tra Israele e i palestinesi è intrattabile. Uno Stato binazionale è impossibile, poiché le due parti - ebrei e arabi - hanno progetti nazionali inconciliabili. Anche lo scenario dei due Stati si è dimostrato inafferrabile, poiché i palestinesi si rifiutano di riconoscere la nazionalità ebraica. Anche se lo facessero, i palestinesi non hanno dimostrato alcuna capacità di costruire e governare uno Stato proprio, sia esso una democrazia o un’autocrazia. Finché non saranno soddisfatte le precondizioni per la pace, lo status quo persisterà: un miscuglio di autonomia, controllo israeliano e occasionali episodi di guerra.

La soluzione dello Stato unico, resa popolare tra gli arabo-americani dal defunto professore della Columbia Edward Said e sostenuta oggi dai manifestanti nei campus universitari statunitensi, è stata già tentata fin dal 1920, quando la Gran Bretagna riunì tre province ottomane in uno Stato che chiamò Palestina e lo progettò come patria binazionale per arabi ed ebrei. Ma tutte le nazioni multietniche del Medio Oriente – Iraq, Siria e Libano – si sono rivelate un fallimento. La Palestina non fa eccezione. Quando l’America ha provato a promuovere la costruzione di un Iraq federale sciita-sunnita-curdo, gli sciiti hanno fatto leva sull’Iran per distruggere il federalismo. In Libano la maggioranza cristiana e drusa, un tempo fiorente, nell’ultimo mezzo secolo è diventata una minoranza irrilevante.

Non ci è voluto molto prima che il mondo scoprisse l’impossibilità di uno Stato binazionale arabo-ebraico in Palestina. Già nel 1937, gli inglesi presentarono il primo piano di spartizione, il Rapporto della Commissione Peel. Alla Conferenza di Londra del 1939, gli arabi chiesero la dichiarazione della “Palestina come Stato arabo sovrano” in cui gli ebrei vivessero come minoranza, rifiutando il modello di Stato binazionale arabo-ebraico. La spartizione divenne inevitabile.

Nel 1947 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la Risoluzione 181, che sosteneva la soluzione dei due Stati. Gli Stati arabi presenti all’ONU votarono contro. L’anno successivo, quando Israele dichiarò la propria indipendenza, sette eserciti arabi invasero il nascente Stato, ma persero la guerra. La Giordania si tenne la Cisgiordania. L’Egitto prese la Striscia di Gaza. Gli arabi chiamarono la sconfitta militare del 1948 Nakba, in arabo “disastro”.

La guerra del 1948 obbligò gli ebrei a fuggire dalla Cisgiordania e da Gerusalemme Est e, negli anni successivi, dai Paesi arabi. Israele intese questa cacciata degli ebrei dai paesi arabi come uno scambio di popolazione simile a quello turco-greco del 1923 (due milioni di persone) o a quello indiano-pakistano del 1947 (17 milioni di persone). Israele assorbì così 750.000 immigrati ebrei per sostituire i 750.000 arabi che divennero rifugiati permanenti, trasmettendo questo status ai loro discendenti per improvvida decisione dell’ONU.

Nel 1948 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la Risoluzione 194 che chiedeva il ritorno in Israele degli arabi che lo desideravano, contraddicendo così la Risoluzione 181 che aveva diviso la terra in due Stati, uno ebraico e l’altro arabo.

Al vertice di Beirut del 2002 la Lega araba ha approvato l’Iniziativa di pace araba, un’accettazione ufficiale della risoluzione 181 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e della spartizione, ma con una variante: il ritorno degli arabi in Israele, secondo le linee della risoluzione 194, ignorando così nuovamente l’ebraicità di Israele e rendendo vana l’Iniziativa.

Da allora Israele si è trovato di fronte due campi arabi: i moderati che riconoscono Israele ma chiedono il ritorno degli arabi nello Stato ebraico, e i radicali, che rifiutano l’esistenza stessa di Israele e chiedono una Palestina araba dal fiume al mare. Gli arabi moderati si stupiscono del fatto che Israele non accetti l’iniziativa di pace araba, che equivarrebbe al suicidio di Israele.

Israele ha cercato di stare al gioco e partecipare a lunghi negoziati di pace a partire dal 1992, sperando che Yasser Arafat e la sua Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), potessero realizzare la soluzione dei due Stati. I radicali – tra cui Iran, Iraq, Siria, Libia, Hamas e la maggior parte dei palestinesi americani – attaccarono Arafat, che nel 2000 fece una retromarcia totale. Hamas lanciò una campagna di attentati suicidi che uccise decine di civili israeliani non combattenti. Il principale aiutante di Arafat, Yasser Abdrabbo, ha dichiarato recentemente che il capo dell’OLP incoraggiò la violenza di Hamas credendo di poterla usare come leva per costringere Israele a maggiori concessioni. L’esercito israeliano si impegnò in una campagna di tre anni contro la cosiddetta ‘seconda intifada’, e finì col prevalere.

Ma Israele non chiuse la porta alla soluzione dei due Stati. Nel 2005 il primo ministro Ariel Sharon consegnò la Striscia di Gaza ad Abbas, appena eletto successore di Arafat, e concesse altre aree in Cisgiordania, affidando all’autogoverno dei palestinesi il 40% del territorio.

Abbas da allora si è dimostrato autocratico, corrotto e incapace, come Arafat. Nel 2007 ha perso la Striscia di Gaza a favore di Hamas in una guerra civile che ha visto Hamas uccidere 350 membri del personale e della sicurezza dell’OLP. I due blocchi non si sono più parlati né hanno tenuto elezioni, incolpando entrambi “l’occupazione” per il loro fallimento nel creare uno stato.

Nel 2008 il primo ministro israeliano Ehud Olmert promise di concedere tutto il territorio del 1967 ai palestinesi. In cambio Israele chiedeva che i palestinesi rinunciassero a quello che chiamano “diritto al ritorno”. Ma Abbas non ha mai risposto all’offerta. Nel 2009 il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha ribadito l’offerta, chiedendo in cambio il riconoscimento dello stato ebraico. Abbas ha rifiutato.

Nel 2012 il Presidente Obama chiese ai palestinesi di riconoscere l’ebraicità di Israele. Questa volta, Abbas ha detto che, quando ci saranno due Stati, lui personalmente non si sarebbe aspettato di tornare nella sua città natale, Safed, che è all’interno di Israele. Hamas attaccò Abbas per questa dichiarazione, che fu subito ritrattata.

Il modello di leadership palestinese è paragonabile a quello dei Paesi arabi vicini, Libano, Iraq, Siria, Egitto e Giordania. Dall’indipendenza in poi questi Paesi hanno vissuto sotto regimi autocratici o travagliati da guerre civili. Dagli anni ‘80 le guerre civili sono state vinte dalle milizie jihadiste sostenute e finanziate dall’Iran, che le usa come strumenti per dominare la regione.

L’ideologia delle milizie jihadiste - delineata dall’egiziano sunnita Sayyid Qutb e sostenuta dall’iraniano sciita Ruhollah Khomeini - considera il conflitto con Israele non come una questione di interessi nazionali, ma come il proseguimento dell’inevitabile ascesa dell’Islam, iniziata oltre 1400 anni fa.

 

Con l’impossibilità di una democrazia palestinese liberale e senza un apparente uomo forte, le possibilità di creare uno Stato palestinese sono quasi nulle. E poiché uno dei due Stati della soluzione a due Stati dovrebbe essere lo Stato palestinese, e poiché tale Stato non si trova da nessuna parte, la soluzione a due Stati rimarrà inafferrabile.

Allo stato attuale, i palestinesi non sono in grado di creare uno Stato, condizione necessaria per la pace con Israele.

Israele, da parte sua, concederebbe quasi certamente il territorio del 1967 a un sovrano arabo amico, palestinese o meno. Potrebbe quindi cedere la Cisgiordania alla Giordania e Gaza all’Egitto. Ma è molto probabile che, a giudicare dall’esperienza del periodo 1948-1967, né Amman né il Cairo vogliano riprendersi territori zeppi di milizie violente, che potrebbero causare instabilità all’intero stato. Nessun Paese arabo vuole governare i territori palestinesi.

Dopo il 7 ottobre, Israele non ripeterà mai l’esperimento del ritiro unilaterale del 2005 che ha trasformato Gaza in un campo militare nemico. L’unica soluzione possibile nel prossimo futuro è un accordo provvisorio di autogoverno palestinese sotto il controllo israeliano, con periodici conflitti.

Israele non può costruire uno stato per i palestinesi, soltanto i palestinesi possono farlo, ma prima devono ascoltare e imparare.

 

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