Lezione di Haviv Rettig Gur ad un gruppo di studenti americani presso lo Shalem College, il primo gennaio 2024.
Non stiamo facendo la storia della Palestina o dei palestinesi. Stiamo facendo un excursus attraverso i temi e le idee dei palestinesi man mano che qualche personaggio di rilievo ne inizia a parlare. Questo ci porta a Haj Amin, il figlio di Kamil, che era stato nominato gran Muftì dagli inglesi. Haj Amin eredita dal padre il titolo di Gran Muftì, ed è anche stato allievo di Rashid Rida, perciò è abituato a pensare alla Palestina come a un problema di ebrei e di onore islamico. Il grande problema di Amin è che gli arabi di Palestina non si rendono conto che la loro è una grande lotta per l’onore islamico. Lotta di liberazione? Liberazione da chi? È difficile dirlo. Amin è uno stretto collaboratore dell’Impero britannico. Era felice sotto l’Impero Ottomano, gli spiace sia caduto, ma non ne parla in termini etnici o nazionalistici. Il problema sono gli ebrei, ma non in quanto ebrei (Amin non è antisemita, anche se così lo sentono gli ebrei, il che è del tutto comprensibile). Il problema con gli ebrei è che perdere di fronte a loro è patetico, non si potrebbe essere più deboli di così. Amin deve svegliare gli arabi. Nel 1920 dà l’avvio a una rivolta dalla moschea di alAqsa, una rivolta contro gli ebrei dalla sacra Gerusalemme. Nel 1929 aiuta nuovamente ad accendere la rivolta, che è nuovamente definita come violenza religiosa contro gli ebrei per aver violato alAqsa. Questo vuole: che lo scontro fra arabi ed ebrei in Palestina diventi una guerra santa, una guerra per l’onore e la dignità e la restaurazione dell’islam.
Amin segue attentamente i rapporti fra l’impero britannico e il sionismo. Nel 1917 il governo britannico rilascia la dichiarazione Balfour.
Se sei un arabo di Palestina, se fai parte dell’élite intellettuale, che effetto ti fa? Ti demoralizza. Perché? Che cosa avviene nel 1917? Chi sono per gli arabi i britannici in Palestina nel 1917? È in corso la prima guerra mondiale e chi ha il potere al suo inizio? Gli ottomani. Chi ha il potere nel 1917? I britannici. Dunque il 1917 è l’anno della conquista e i britannici sono i nuovi governanti. Perché è un problema? Perché anche se sono molto più potenti del patetico impero islamico sconfitto, non hanno potuto arrestare il radicamento del sionismo. E la dichiarazione Balfour arriva come un fulmine. Poi c’è anche la Conferenza di Sanremo nel 1923, in cui la lega araba inizia a preoccuparsi di come gli ebrei si impossesseranno di questa terra per risolvere la questione ebraica, anche alla luce della dichiarazione Balfour. Chi non è invitato alla Conferenza di Sanremo? L’élite araba. Dunque gli ebrei iniziano ad arrivare come agenti dello Zar, ma nel 1917 il nuovo conquistatore dichiara con squilli di trombe e bandiere la Jewish National Home, non lo stato ma il focolare nazionale ebraico. Che sarà mai? Non si spiega. Neppure gli ebrei sono contenti di questa espressione ambigua, ma se sei un arabo del 1917 pensi che l’ambiguità non sarà certo a tuo favore. E poi c’è Sanremo, dove non sei neppure invitato.
Le cose precipitano nel 1921, quando l’America… che cosa fa? Taglia le quote di immigrazione. Ricordate che nel 1821 arrivano a New York 110-120 000 ebrei e nel 1924 ne sono accettati 10.000 e ricordate quanti ne furono accettati nel 1934? 2700! L’America chiude le porte, l’Occidente chiude le porte e allora dove vanno le masse di ebrei? Se nel 1921 già c’era un problema ebraico, nel solo 1935 arrivano in Palestina 65000 ebrei di lingua tedesca. Ora c’è davvero un grosso problema, perché gli ebrei scappano disperati da un’Europa che è diventata inabitabile per loro, dove li stanno macellando, li cacciano dall’università, gli tolgono ogni diritto.
(Domanda incomprensibile dal pubblico. Rettig Gur risponde che non vuole entrare nei dettagli, che guardi su Wikipedia e legga tutto. Wikipedia è’ interessante, è fatta bene)
Sanremo troneggia nei discorsi delle destre israeliane perché è lì che la Lega delle Nazioni disse: ‘è tutta vostra, è fatta’. Ritorna con frequenza anche nei discorsi dei filo-palestinesi, perché è lì che l’Occidente ‘colonializzò’ e ‘imperialistizzò’ (rendo apposta verbi gli aggettivi). Disse agli arabi che cosa sarebbe avvenuto di loro.
A che punto ero?
C’è un enorme scoppio di violenza nel 1929. C’era stato già nel 1920, ma nel 1929 è più grave. Massacrano gli Ebrei di Hebron, anche con il contributo e l’orchestrazione di Haj Amin, e si va verso un vero grande scontro. Le élite palestinesi nel 1930 sono convinte che il sionismo sia il servo dell’imperialismo britannico. Sono stupidi e non capiscono che noi siamo rifugiati? La risposta è no. Osservazione da parte di una studentessa, cui Rettig Gur replica: sì attorno al 1910 iniziano a chiamarsi élite palestinesi. Il mondo parla di Palestina e di arabi, così nel 1914 a Giaffa appare un giornale chiamato Falastin, e gli arabi prendono a parlare di se stessi come palestinesi. Non è un caso che sia il Falastin sia un altro giornale nazionalista arabo pubblicato a Haifa dal titolo al-Karmil sono pubblicati da arabi cristiani, cioè da persone che concepiscono la Palestina negli stessi termini storico-geografici in cui gli ebrei concepiscono la Terra d’Israele. Il termine inizia ad essere usato e percola negli anni’30, diventa comune negli anni’60. Non siete tenuti a chiamarli palestinesi se non volete, ma una cosa è certa: non sono ebrei, sono altro.
Dall’uditorio una studentessa fa una domanda sugli arabi come ‘nazione’. Rettig Gur risponde che c’è già in Rashid, gli spiace aver tagliato la seconda parte del paragrafo citato prima. Il paragrafo parla della Umma, e parla di Watan, patria, e di nazione o umma islamica, che non è la nazione come la intendono i nazionalisti. L’idea di nazione come umma islamica è sempre presente, è presente anche nei maestri di Rashid, dunque è presente per almeno 150 anni nei discorsi di risposta all’imperialismo occidentale. C’è ampiamente nei giornali e nei diari.
Altri interventi non udibili da parte del pubblico, cui Rettig Gur risponde:
‘Sì, si sviluppa fra gli intellettuali arabi in risposta all’imperialismo degli stati occidentali, cioè di Francia e Inghilterra, che si espandono in terre ottomane. La Francia nel 1830 è già in Algeria, la Gran Bretagna è in Egitto attorno al 1860. Poi c’è l’accordo Sykes Picot (accordo segreto per la spartizione delle terre ottomane fra Francia e Inghilterra). Nel 1917 la Gran Bretagna già controlla la Palestina, nel 1923 l’accordo Sykes Picot spartisce la regione - che era stata promessa come stato arabo a Feisal e ad altri - in una zona francese e una inglese. Le due zone diventano Siria e Libano a nord, Iraq Giordania e Israele a sud. Man mano che questo avviene, fra le élite arabe diventa centrale il discorso della grande umma islamica e di una grande risposta araba, che viene vista come una delle possibili soluzioni del problema. Ci sono molte ipotesi di reazione all’infiltrazione massiccia dell’imperialismo europeo. E poi inizia la Grande rivolta araba, che è largamente guidata da Haj Amin, ma è innescata da un personaggio più interessante, Izz-ad-Din al-Qassam. Forse il nome vi è noto, perché è il nome del braccio militare di Hamas e dei suo più celebri razzi. Izz-ad-Din al-Qassam è predicatore ad Haifa, dove inizia a creare quelli che noi chiameremmo gruppi di resistenza jihadista: gruppi minuscoli, di una quindicina di persone, a Qalqilya, emanazione di una modesta organizzazione ad Haifa. Lui ha due caratteristiche interessanti: viene dalle classi popolari. Non fa parte delle famiglie d’élite, ed è importante perché per un palestinese un tratto ricorrente di queste grandi famiglie e della struttura imperiale che li ha preceduti è che sono responsabili... di che cosa? Che cosa pensa un palestinese degli Husseini e dei Nashashibi e dei Khalidi e di tutti gli altri? Che la loro eredità è un fallimento, un fallimento catastrofico. Ma Izz-ad-Din al-Qassam predica a comunità molto pie di lavoratori e braccianti, contadini e portuali. Dice loro che la salvezza non verrà dalle élite ma dalla pietà islamica, dalla guerra santa, in particolare dal tipo di guerra santa degli anni ’30 che chiamiamo terrorismo anticoloniale. Inizia a lanciare questi attacchi terroristici nel 1936, che ben presto si espandono in grandi atti di violenza. Gli ebrei di Giaffa vengono uccisi. Nei successivi tre anni i britannici manderanno truppe in Palestina per sopprimere quella che gli arabi chiamano la Grande rivolta del 1936-39, guidata a vari livelli da Haj Amin, che gli inglesi mandano in esilio. Ma la rivolta si accende con questa idea religiosa, in questa cornice religiosa.
Gli inglesi sopprimono la rivolta in modi talora brutali e per la prima volta danno il permesso agli ebrei di creare organizzazioni militari ebraiche, talora danno addirittura sostegno e addestramento ai sionisti e all’Yishuv. Gli ebrei nel 1936 non hanno organizzazioni militari significative, nel 1939 hanno organizzazioni addestrate, con gerarchie e capacità reali di combattimento. La Grande rivolta araba è sgominata dai britannici e dopo la rivolta gli ebrei emergono più forti. C’è un magnifico libro di Orin Kessler sulla storia della rivolta, che fornisce anche dati - forse c’è anche in audiolibro, mi pare sia intitolato 1936.
Una cosa interessante è che, dal punto di vista di un palestinese che osserva gli eventi, di chi pare opera la repressione? Una voce dal pubblico suggerisce degli ebrei. Rettig Gur risponde: gli ebrei all’inizio sono inermi e alla fine sono ben armati. Ma chi ha attuato la repressione e armato gli ebrei? I britannici. La repressione è stata possente. Probabilmente il 10 % degli uomini in età di combattimento dell’intera società araba palestinese furono uccisi o espulsi. La repressione del 36-39 è così drastica che nel 1948 la società palestinese è ancora indebolita, sono indebolite le sue capacità di affrontare un vero combattimento, mentre gli ebrei hanno continuato ad armarsi e dopo dieci anni sono molto più forti. E chi ti ha fatto questo, se sei palestinese? Gli inglesi. Ora gli ebrei sono letteralmente armati dall’impero britannico, con armi inglesi e addestramento inglese. Dunque il sionismo è il servo dell’imperialismo inglese?
Perché attaccare gli inglesi nel 36-39, quando sono ancora molto potenti, sono un impero globale capace di raccogliere e inviare 100 000 soldati a reprimerti? Perché pensi che il sionismo sia un braccio dell’imperialismo. E lo pensi a causa di Sanremo e di Balfour.
Ma se sei ebreo, che cosa vedi fare ai palestinesi? Perché attaccano ora gli inglesi? Neppure noi vogliamo gli inglesi qui, ma non attacchiamo ora. Non si può essere tanto stupidi! Perché quando gli inglesi se ne andranno noi saremo ancora qui. Perché spendere ora tutta la vostra potenza militare in un attacco che non può aver successo? Quando gli inglesi se ne andranno noi saremo ancora qui!
La Grande Rivolta del 36-39 è una grande catastrofe palestinese. Il motivo per cui i palestinesi non conoscono la storia della rivolta è che fu un vero disastro, del tutto auto-inflitto. Haj Amin uccise alcuni capi di altre famiglie, soprattutto dei Nashashibi, che volevano prendere altre strategie e altre vie durante la rivolta, nel 1937. Fu una scelta della società palestinese, presa dopo un dibattito interno, e fu un disastro per i palestinesi. Una delle cose interessanti scritte da Orin Kessler è che ci sono ben pochi libri di storia palestinesi che menzionano la rivolta del 36-39, perché dovrebbero affrontare il disastro autoinflitto, l’errore strategico che può aver determinato le sorti del 1948 già nel 1936.
Ma per gli inglesi la rivolta è abbastanza pesante, abbastanza costosa, abbastanza difficile perché nel 1939, dopo la soppressione, prendano una decisione. Quale? Approvano il Libro bianco. E che effetto ha il Libro bianco? Essenzialmente riduce l’immigrazione degli ebrei in terra d’Israele a un rivolo minuscolo, proprio in tempo per l’evento che noi chiamiamo ‘Olocausto’, suggerisce il pubblico, ma gli ebrei lo chiamano Shoah, distruzione.
Il Libro bianco è una catastrofe per gli ebrei, ed è anche la convalida assoluta della premessa. Quale premessa? Il mondo per noi non è abitabile, non abbiamo scelta. Anche gli inglesi sono nemici, come tutti gli altri.
Per un palestinese come appare (ma per poco) il 1939? Pare un grande successo.
Perchè Haj Amin si schiera con i nazisti nella Seconda guerra mondiale? (Voce dal pubblico: per risolvere il problema?) Per lo stesso motivo per cui a Baghdad si instaura il regime di Rashid Ali. Perché i nazisti sono nemici degli inglesi. Haj Amin e Rashid Ali e i loro seguaci sono anche anti-semiti, ma non è questo che conta. La strategia è anti-inglese, per questo sono filo-nazisti. Tanto filo-nazisti che nel 1935 l’ambasciata tedesca a Gerusalemme è un’ambasciata nazista, che sventola la bandiera nazista su Gerusalemme. Sotto la guida di Haj Amin le elite invitano l’ambasciatore nazista a un evento a Nebi Musa, luogo sacro nel deserto, vicino a Gerico, per una conferenza con banchetto e vini, e gli esprimono sostegno già a metà degli anni’30. Quando inizia la Seconda guerra mondiale e Haj Amin è a Berlino, o è in Croazia a reclutare battaglioni per combattere con i nazisti, è già collaboratore dei nazisti da anni. Anche i nazisti vedono gli ebrei di Palestina come parte del problema e creano un Einsatzgruppe in Egitto, chiamato l’Einsatzgruppe Aegyptum – chissà perché in latino. I nazisti hanno un piano per gli ebrei di Palestina. L’avanzata verso est di Rommel in Nordafrica ha un piano per gli ebrei di Palestina. I leader arabi, incluso Haj Amin, sono elettrizzati da questo piano. E che succede? Chi salva gli ebrei? (varie risposte dal pubblico). El Alamein, la battaglia di el Alamein ferma l’avanzata di Rommel.
Ora il problema per gli ebrei è che el Alamein non si colloca bene nella narrazione sionista. Se avessero vinto i nazisti, se gli inglesi fossero stati scacciati dall’Egitto ed i nazisti fossero entrati in Palestina, che sarebbe successo? Il sionismo avrebbe salvato gli ebrei? No. Chi finì col salvare il progetto sionista, dopo averlo contrastato, dopo aver essenzialmente lasciato che masse di ebrei fossero mandati ad Auschwitz, per poi salvare gli ebrei di Palestina fermando i nazisti in Egitto? Chi fece tutto ciò? L’Inghilterra imperiale. Che cosa insegniamo noi ai nostri giovani sulla battaglia di El Alamein in cui l’impero britannico salvò il progetto sionista, progetto che secondo la nostra narrativa ci salvò nonostante l’opposizione inglese al sionismo? Non è una storia che ci raccontiamo, né i Palestinesi ce la sentono raccontare.
Dal pubblico un giovane dice ‘Ancora non capisco perché i palestinesi non si siano seduti a discutere, non si siano detti ‘d’accordo, il sionismo è questa specie di progetto coloniale e questo episodio lo dimostra chiaramente’. Rettig Gur risponde: Ma lo fanno, usano questo esempio per dimostrare l’intreccio di interessi fra sionismo e imperialismo. Quello che non fanno è discutere delle decisioni e delle azioni dei palestinesi stessi. Non insegnano questi eventi perché dovrebbero entrare nel merito delle loro azioni. Aaron ha fatto ricerche e c’è un professore arabo israeliano che in un suo libro scrive che non esistono libri arabi sulla Grande rivolta, perché ‘non vogliamo entrare nel merito delle decisioni della società palestinese. Decisioni così catastrofiche che mettono anche i fatti del 1948 in una luce diversa. Anche il 1948 è una catastrofe più autoinflitta di quanto ci diciamo. Dunque non ne parliamo, così come gli ebrei non parlano di El Alamein, non parlano dell’esperienza dei rifugiati.’ Quando tengo queste lezioni a giovani israeliani di 19 anni che stanno per entrare nell’esercito, scelti come migliori fra i migliori nei migliori licei, che andranno nelle migliori università (negli ultimi 10 anni ho parlato a tanti di loro, fra cui almeno 50 piloti delle migliori accademie militari), ebbene neppure loro non ne sanno niente. Non lo sanno loro, non lo sapete voi. Non è una storia che si incunei bene nella semplice narrativa sionista (una voce dal pubblico chiede perché). C’è un dibattito fra sociologi israeliani e sionisti. C’è questo Lestschisky, ebreo degli anni ’40, sociologo, uno dei grandi sociologi che studiano gli ebrei e le loro migrazioni negli anni ’40. Lui scrive molto sul perché gli ebrei non vengono in massa in terra d’Israele. Lui è sionista ed è imbarazzante per i sionisti che gli ebrei non vengano in Israele a meno che non abbiano proprio nessun’altra scelta. E scrive belle frasi ideologiche in cui dice che gli ebrei volevano arricchirsi. E descrive questo gran flusso di ebrei che migrano soltanto perché vogliono far soldi, ed è per questo che vanno tutti in America. Ma c’è un filo puro, seppur esiguo, che è spinto dall’onore della nazione e dunque… bla bla bla. Però complimenti a lui per aver notato il problema. Problema di cui i sionisti non parlano, perché l’emigrazione per loro deve essere ideologica, non la ricerca di un rifugio, per cui se possono andare in un posto migliore, con una maggiore ricchezza pro capite e prospettive migliori, preferiscono portar lì la famiglia. Non so perché non ne parliamo, ma sospetto sia perché il sionismo fu per lungo tempo un movimento socialista, abituato a dare motivazioni e ricostruzioni ideologiche per ogni evento storico. I socialisti gestiscono le istituzioni sioniste a lungo. Ma c’è in Herzl! Herzl parla di catastrofe. L’ideologizzazione dell’impresa sionista e dello stato ebraico in Herzl è un aspetto secondario. Ci sarà anche il teatro dell’Opera nel nuovo stato ebraico, ma non è quello il punto. Il punto è la salvezza, il punto è la catastrofe. Vi ho fatto vedere che cosa disse a Rotschild. Il punto è la catastrofe, ed è questo il sionismo. Il sionismo è salvare gli ebrei, questo è quanto abbiamo fatto. Ma vallo a dire a un socialista degli anni ’40! C’è una lettera deliziosa di Tabenkin a Yigal Alon. Tabenkin è un intellettuale del movimento Mapai, il più comunista fra i movimenti socialisti nei primi anni dello Stato, Alon un grande generale e un ministro del Mapai. Nel 1960 Tabenkin va a vedere la Fifth Avenue in America e al rientro in Israele scrive ad Alon – è nella biografia di Yigal Alon di Anita Shapira – che non è tanto sicuro che il capitalismo stia per crollare. Noi sappiamo che crollerà di certo, gli dice, ma non sono sicuro che stia per succedere proprio adesso. È una lettera stupefacente, perché mostra il vizio di vedere tutto in base a teorie ideologiche. Incidentalmente, anche le università americane hanno il vizio di ragionare per teorie ideologiche, per questo non conoscete neppure la vostra storia. La sola cosa che si insegna ai giovani in America sono queste dannate teorie ideologiche. Insegnate l’ordinaria storia sociale degli ebrei e capirete molto di più di voi stessi. Imparerete molto di più sul sionismo.
Però non si muovono milioni di persone se non con la forza e l’ideologia.
(Segue uno scambio di parole con qualcuno dell’uditorio, ma non si capisce a proposito di che cosa).
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