Il paradosso delle sanzioni sul gas russo

30/07/2024

A più di due anni dall’introduzione delle sanzioni, l’Europa continua ad acquistare quantità importanti di gas russo. Nel 2024 il volume delle forniture russe ha già raggiunto i 14,6 miliardi di metri cubi a giugno. Nel solo mese di maggio l’Unione Europea ha aumentato gli acquisti di gas dalla Russia del 39.

L’Europa ha bisogno di energia e la Russia ha bisogno di entrate, perciò nei decenni scorsi è stata costruita una rete di gasdotti che le ha rese partner quasi inseparabili. Dopo l’invasione dell’Ucraina l’Occidente non poteva permettere al Cremlino di continuare a ricevere denaro da usare per scopi militari, quindi il settore energetico è stato il primo a essere colpito.

Prima della guerra l’Europa riceveva il 40% delle forniture di gas naturale dalla Russia. Avendo pianificato di abbandonare completamente il gas russo entro il 2027, ha mosso passi in tal senso: dopo la chiusura del gasdotto Yamal-Europa e l’esplosione del Nord Stream, la quota della Russia nelle importazioni di gas europeo è scesa al 15%, mentre Norvegia e Stati Uniti hanno abbandonato del tutto il gas russo. Ma il gas rappresenta ancora una grande fonte di reddito per Mosca, il che vanifica l’obbiettivo delle sanzioni.

Sia Mosca che Bruxelles hanno sopravvalutato la propria capacità di separarsi a vicenda. Il gas richiede metodi di trasporto e infrastrutture speciali – i gasdotti, che hanno consentito alla Russia di raggiungere una quota così elevata del mercato europeo. Mosca non ha mai creduto che l’Europa potesse compensare le sue perdite con il gas naturale liquefatto, poiché creare l’infrastruttura per ricevere il GNL richiede tecnologia, investimenti e tempo. Né ha mai creduto che Norvegia, Algeria e Qatar sarebbero riuscite a fornire abbastanza gas da sostituire quello russo. L’Europa invece è sopravvissuta al primo inverno e poi al secondo, la Norvegia è riuscita ad aumentare la produzione, il GNL statunitense è diventato sempre più attraente per gli acquirenti europei nonostante le fluttuazioni dei prezzi. Non si è trattato di una soluzione permanente, ma è stata sufficiente per stabilizzare la situazione. Nè la Russia era pronta ad abbandonare il mercato europeo, perché non disponeva di una rete sufficiente per nuove vendite altrove.

L’Europa però ha sopravvalutato la possibilità di trovare fonti alternative di gas a prezzi accessibili e di espandere la produzione di energie rinnovabili. Un ostacolo è il crescente dominio della Cina nel settore delle energie rinnovabili, che fa temere all’Europa di diventare sempre più dipendente dalla tecnologia di Pechino, a scapito dell’industria europea. Oltre l’80% dei pannelli solari installati in Europa sono fabbricati in Cina, dove la produzione costa metà rispetto all’Europa.

A questo punto la guerra energetica tra Bruxelles e il Cremlino è in una fase di stallo. Mosca sembra muoversi in attacco. Dal Nord Africa all’Asia centrale, sta tentando di acquisire influenza sui principali paesi produttori di gas che potrebbero fornire il mercato europeo. Uno di questi paesi è la Libia, cui la Russia fornisce sempre più soldati e armi per sostenere la fazione orientale nella guerra civile. Anche in Algeria i russi stanno annodando relazioni economiche forti e strette. L’Italia intende sviluppare due giacimenti di gas al largo delle coste libiche e costruire un gasdotto dall’Algeria, ma l’influenza russa potrebbe mandare a monte il progetto. Nel Caucaso meridionale il riavvicinamento del Cremlino all’Azerbaigian – a scapito delle buone relazioni con l’Armenia – sta già dando i suoi frutti: l’Azerbaigian ha dichiarato che non farà investimenti nello sviluppo del Corridoio Meridionale per aumentare la propria produzione di gas e le forniture all’Europa. La mancata espansione di questa rotta complica gli acquisti europei di gas non solo dall’Azerbaijan ma anche dai paesi più a est, come il Turkmenistan.

Dopo i successi iniziali, la campagna dell’Europa per recidere la dipendenza energetica dalla Russia sembra aver raggiunto un punto morto. I governi europei vanno cauti nello scambiare la dipendenza dal gas russo con la dipendenza dai pannelli solari e dalle turbine eoliche cinesi.

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