La spregiudicatezza della politica estera turca

02/09/2024

Dopo la fine della Guerra fredda la Turchia ha iniziato ad adottare la tradizionale politica delle piccole e medie potenze geograficamente collocate ai margini dei principali blocchi di interesse politico-militare-economico. Si tratta di paesi che non possono quasi mai permettersi di schierarsi in toto con l’uno o con l’altro grande blocco, perché non hanno sufficienti garanzie né dall’uno né dall’altro. Giocano perciò il loro sostegno su tutti i tavoli, condizionandolo a concessioni, aiuti e contratti, e badano a mantenere aperta l’interlocuzione con tutti.

Il presidente Erdogan Erdogan ha dichiarato apertamente che la Turchia vuole far parte della SCO e che l’adesione alla SCO e ai BRICS sarebbe complementare piuttosto che un conflitto con l’appartenenza ad organizzazioni e istituzioni occidentali. La SCO, Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, è un’alleanza politica, economica e di sicurezza fondata nel 2001 da Cina e Russia, che intende rafforzare la cooperazione e la fiducia tra gli stati membri, mantenere la sicurezza e la stabilità regionale, combattere il terrorismo e l’estremismo e promuovere lo sviluppo economico. Non è un'organizzazione militare, quindi non è un concorrente diretto della NATO, ma legittima norme che sono in contrasto per esempio con alcune norme del WTO. Nell’insieme fornisce una sorta di rifugio per le nazioni che vogliono evitare il controllo dell'Occidente, ad esempio perché sottoposte a sanzioni. Oggi i membri permanenti della SCO sono Cina, India, Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, Pakistan, Tajikistan, Iran, Russia.

I BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) è una organizzazione costituita nel 2009, in piena crisi finanziaria ed economica, per sfidare il potere politico ed economico delle nazioni più ricche del Nord America e dell’Europa occidentale. Ai paesi fondatori si sono aggiunti successivamente Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti (nel 2024).

Entrando nello SCO e nei BRICS la Turchia mostra di voler mantenere buoni rapporti di lavoro con i due maggiori sfidanti al potere occidentale: Russia e Cina. Negli ultimi cinque anni il commercio bilaterale Turchia- Cina è aumentato e le visite ufficiali si sono intensificate. I ministri degli affari esteri, dell’energia e delle risorse naturali, dell’industria e della tecnologia della Turchia si sono tutti recati a Pechino quest’anno. Mentre l’Occidente sta prendendo in considerazione la riduzione dei rischi o il ‘disaccoppiamento’ dalla Cina per ragioni economiche e di sicurezza, la Turchia sembra muoversi nella direzione opposta. La sua posizione strategica, la sua appartenenza a organizzazioni occidentali e i suoi legami economici con l’Unione Europea possono essere a rischio, o al contrario permetteranno anche all’Europa di mantenere le porte aperte alla collaborazione con altri apesi su scala globale?

Dal punto di vista della Cina, la sua crescente presenza economica in Turchia è un utilizzo strategico del Corridoio Centrale della Belt and Road Initiative – ora che la guerra in Ucraina limita l’uso del Corridoio Settentrionale e la guerra di Gaza minaccia il transito attraverso il Mar Rosso. Considerato il bisogno quasi esistenziale della Cina di vendere i propri beni in Europa, le nuove rotte commerciali e i nuovi mercati che la Turchia può aprire significano molto

Per Ankara gli investimenti cinesi sono una bella cosa, ma è ancora più importante l’accresciuto valore strategico della sua posizione geografica. Con l’indebolirsi della Russia per la guerra in Ucraina, la Turchia vede la Cina come l’unico sfidante possibile al dominio globale degli USA. Può mantenere l’alleanza con Washington, ma vuole sviluppare maggiore autonomia nel campo della sicurezza. Negli scorsi anni la Turchia ha acquistato sistemi di difesa aerea S-400 di fabbricazione russa, perciò gli USA l’hanno esclusa dalle forniture di F-35. Per ratificare l’adesione della Svezia alla NATO Erdogan ha chiesto in cambio di poter rientrare nel programma di difesa aerea americana, inclusa la variante più sofisticata dell’aereo F-16.

Nel complesso, quella che sembra essere una nuova politica estera orientata verso la Cina è una delle mosse pianificate e pragmatiche della Turchia per aumentare le sue opzioni strategiche e la sua autonomia, che saranno merce di scambio nelle discussioni con la NATO e gli Stati Uniti.

Dal punto di vista della Cina, la sua crescente presenza economica in Turchia è un utilizzo strategico del Corridoio Centrale della Belt and Road Initiative – ora che la guerra in Ucraina limita l’uso del Corridoio Settentrionale e la guerra di Gaza minaccia il transito attraverso il Mar Rosso. Considerato il bisogno quasi esistenziale della Cina di vendere i propri beni in Europa, le nuove rotte commerciali e i nuovi mercati che la Turchia può aprire significano molto

Per Ankara gli investimenti cinesi sono una bella cosa, ma è ancora più importante l’accresciuto valore strategico della sua posizione geografica. Con l’indebolirsi della Russia per la guerra in Ucraina, la Turchia vede la Cina come l’unico sfidante possibile al dominio globale degli USA. Può mantenere l’alleanza con Washington, ma vuole sviluppare maggiore autonomia nel campo della sicurezza. Negli scorsi anni la Turchia ha acquistato sistemi di difesa aerea S-400 di fabbricazione russa, perciò gli USA l’hanno esclusa dalle forniture di F-35. Per ratificare l’adesione della Svezia alla NATO Erdogan ha chiesto in cambio di poter rientrare nel programma di difesa aerea americana, inclusa la variante più sofisticata dell’aereo F-16.

Nel complesso, quella che sembra essere una nuova politica estera orientata verso la Cina è una delle mosse pianificate e pragmatiche della Turchia per aumentare le sue opzioni strategiche e la sua autonomia, che saranno merce di scambio nelle discussioni con la NATO e gli Stati Uniti.

 

 

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