L’opinione di George Friedman (da Geopolitical Futures del 18 novembre 2024)
Tutti tendiamo a vedere le presidenze come punti di riferimento per capire in che tempi viviamo, ma è un errore pensare che i presidenti e le loro politiche siano i veri agenti del cambiamento. Il tempo è l'arbitro supremo del cambiamento e ciò che definisce le diverse epoche sono le forze che si impongono alla politica e ai presidenti. I presidenti sono eletti perché riescono ad allinearsi alle pressioni già presenti nella società, poi governano in risposta a queste pressioni. Poiché gli Stati Uniti sono una democrazia, questo non dovrebbe sorprendere. Ma anche nelle democrazie c'è la convinzione che i presidenti siano liberi attori e in quanto tali progettino la storia. Ma non è così.
Il modello normale nella storia politica degli Stati Uniti è che presidenti "inefficaci" vengano eletti alla fine di un ciclo di 50 anni e che le loro presidenze siano un periodo di caos sociale ed economico. Di solito questi presidenti, pur senza averne colpa, perdono rapidamente la capacità di governare e alle elezioni successive viene eletto un presidente che interpreta meglio la situazione e dà al paese una nuova direzione. Andrew Jackson, il secondo presidente ‘di svolta’ dopo George Washington, incernierò la sua presidenza attorno al vasto movimento dei coloni (e alle loro finanze) che già stava prendendo forma. Franklin Roosevelt modellò la sua presidenza sulla Grande Depressione, ridefinendo il funzionamento dell'economia e preparando il paese alla guerra. Ronald Reagan affrontò circostanze economiche catastrofiche per insufficienza di capitale e di domanda, nonché per i fallimenti militari in Medio Oriente.
Prima di ogni transizione ciclica deve esserci un presidente che presiede un paese in crisi. Il suo successore presiederà poi la ricostruzione del paese. Prima di cercar di capire quali saranno le pressioni su Donald Trump, ricordiamo bene che nessun presidente è libero di fare ciò che ritiene meglio.
Trump non ha vinto le elezioni per le sue ricette economiche, come si pensa generalmente. Ad allinearlo con l’opinione pubblica è stato il suo rifiuto delle guerre culturali e identitarie (cultura woke). Avrebbe forse potuto ottenere una vittoria risicata sull'economia, ma ha ottenuto una larga vittoria sulle questioni culturali. Che i sondaggi non lo abbiano riconosciuto è strano. Questo significa che le altre questioni principali potrebbero non limitarlo. La liberazione dell'economia dai vincoli, il riesame delle questioni e delle alleanze militari degli Stati Uniti e, in ultima analisi, il tentativo di liberare gli Stati Uniti dalle dottrine della precedente amministrazione non saranno oggetto dei suoi primi provvedimenti. Il primo impatto di Trump sarà il tentativo di ridefinire le norme culturali del politically correct. Poi cercherà anche di cambiare i regimi fiscali per le aziende. E soprattutto cercherà di cambiare le relazioni economiche, politiche e militari con gli alleati. Imporrà nuove regole economiche per il commercio internazionale, una maggiore considerazione per gli interessi degli Stati Uniti e la riconsiderazione degli impegni verso gli alleati all’estero. Ciò non significa che sarà un nazionalista rigido, ma che chiederà un cambiamento in ciò che considera relazioni e rischi sbilanciati. Incontrerà inevitabilmente una resistenza inaspettata quando anche i costi di queste politiche – non soltanto i benefici – diventeranno palesi.
Vedremo nuovi modelli economici e militari e una nuova politica estera. Il cambiamento più radicale riguarderà gli obblighi degli Stati Uniti verso il resto del mondo. È stato eletto per ridefinire le dinamiche interne del paese, cambiare l’economia e ridefinire gli obblighi militari. Potrebbe però essere il successivo presidente a portare i risultati tangibili dei cambiamenti. La svolta è certa, i risultati si vedranno nel tempo.
Tutti i presidenti di transizione – come Reagan, Roosevelt o Jackson – hanno inaugurato cambiamenti che sono stati disprezzati dall'establishment finché non hanno avuto successo. Il tempo dirà che successo avrà Trump.
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