La Siria rimane ingovernabile

28/12/2024

Luogo di incontro di civiltà e culture diverse, la Siria è uno dei paesi più etnicamente e culturalmente disomogenei, con profonde divisioni che rendono quasi impossibile la costruzione di una società politica in grado di prendere decisioni su scala nazionale, anche se il leader del gruppo di insorti che ha rovesciato il regime di Bashar Assad ci dipinge un quadro diverso. Nelle prime interviste con funzionari e organi di informazione occidentali Ahmad al-Sharaa ha ripetutamente affermato che la storia della Siria è un esempio di coesistenza che il futuro governo intende seguire. È una favola coerente con i tentativi di riformare l'immagine stessa del suo gruppo, Hayat Tahrir al-Sham (HTS), così denominato nel 2017. Prima si chiamava Fronte al-Nusra, gruppo jihadista fondato nel 2012 ed affiliato ad al Quaeda. Allora il nome di battaglia di al- Sharaa era Abu Mohammed al-Golani.

Si stima che la popolazione della Siria sia di circa 24 milioni. Gli arabi sunniti costituiscono il 60 percento della popolazione, mentre alawiti, curdi e turkmeni costituiscono ciascuno il 10 percento. La popolazione rimanente è composta da vari altri gruppi religiosi ed etnici tra cui drusi, cristiani, sciiti, armeni, yazidi e assiri. Dopo l'inizio della guerra civile (2011) circa un terzo della popolazione del paese, per lo più sunniti e cristiani, è stata sfollata a forza, perché il regime di Assad ha cercato di modificare radicalmente la demografia del paese a proprio favore.

Dall'indipendenza nel 1943 la Siria ha avuto nove colpi di stato militari riusciti (sette condotti da sunniti e gli ultimi due da alawiti) e 22 falliti (condotti principalmente da sunniti ma anche da drusi, alawiti, sciiti e altri). Questo ha indebolito il controllo dei sunniti sull'esercito, aprendo la strada agli Alawiti (inclusa la famiglia Assad). Tra gli anni '40 e i primi anni '60 i gruppi ideologici, religiosi ed etnici in competizione hanno plasmato un panorama politico in cui l'esercito ha svolto il ruolo decisivo.

Nel 1954 l'uomo forte siriano Adib Shishakli, che aveva preso il potere con un colpo di stato nel 1949, lanciò una sanguinosa campagna contro i Drusi della provincia di Sweida, che avevano ricevuto armi dagli hashemiti di Iraq e Giordania. Come gli hashemiti, i Drusi (che avevano forti legami con gli inglesi) sostenevano un piano per unire la Siria con l'Iraq e la Giordania e così stabilire un'entità politica filo-occidentale e panaraba a nord della penisola arabica. La comunità drusa ha costumi, tradizioni e cultura propria. L'ex presidente Hafez Assad, non fidandosi di loro, ridusse la provincia drusa di Sweida da 11.000 a 6000 chilometri quadrati e la isolò dal mondo esterno. Nell'ultimo anno di governo di Bashar Assad i Drusi hanno avviato una rivolta in cui hanno issato la bandiera drusa.

Anche i Curdi sono stati oppressi fin dall'inizio degli anni '60. Nel 1962 le autorità siriane hanno privato 120.000 curdi della provincia di Hasakah della cittadinanza siriana. Quando la rivolta costrinse Assad a ritirare l'esercito, i Curdi furono subito in grado di istituire l'Amministrazione autonoma della Siria settentrionale e orientale. Il Partito dell'Unione Democratica Curda dichiarò che anche gli arabi e gli assiri potevano vivere nella regione autonoma e unirsi alle Forze Democratiche Siriane, così come le Unità di Protezione Popolare Curde (YPG). I gruppi islamisti arabi, tra cui la Fratellanza Musulmana, considerano la società civile e politica curda contraria al progetto di islamizzazione del paese, perciò hanno cercato di eliminare del tutto il movimento curdo, in soccorso del quale intervennero nel 2014 gli USA. Anche oggi la coalizione islamica che ha rovesciato il regime di Assad ha l’intenzione di cancellare l’autonomia curda.

Anche il divario tra città e campagna alimenta la disarmonia tra le classi sociali. I residenti urbani non vogliono imparentarsi con la gente rurale. Appartenenti a gruppi rurali ed urbani si accusano a vicenda di aver rovinato il Paese e non sono d'accordo su chi abbia il diritto legittimo di rappresentare il popolo. Dopo che la famiglia Assad salì al potere nel 1970, gli Alawiti rafforzarono l’egemonia sulle istituzioni statali, sulle forze armate e sull'intelligence e repressero duramente le opposizioni, impedendone lo sviluppo economico e sociale. Dopo un primo periodo di socialismo, i servizi furono ridotti nelle campagne, che divennero più emarginate e povere che mai, finchè ci fu una rivolta rurale contro Assad. Quella rivolta innescò la recente guerra civile, che ha ucciso 800.000 persone e ha distrutto le infrastrutture del paese. La popolazione urbana accusava i contadini di voler islamizzare e militarizzare la società. Ma né gli uni né gli altri sono mai riusciti a esprimere un progetto nazionale completo, né una leadership nazionale. L’estrema frammentazione ha permesso agli islamisti di HTS di prendere il controllo.

Hayat Tahrir al-Sham e il suo leader al-Sharaa sono riusciti negli anni a creare un senso generale di ordine e relativa stabilità a Idlib, cioè in una modesta enclave, ma sembra improbabile che possano fare altrettanto in tutta la Siria, con meno di 30.000 combattenti. È anche possibile che gli Alawiti pensino di dividere la Siria e costruire uno stato alawita.

Le crisi sociali ed economiche della Siria probabilmente si approfondiranno. E c’è motivo di dubitare della portata della posizione moderata adottata da HTS. Oggi tuttavia il pericolo maggiore non pare l'estremismo islamico, ma il caos che potrebbe scatenarsi, se il paese scivolasse non soltanto in un conflitto tra gruppi armati, ma anche in innumerevoli atti individuali di vendetta e sanguinosi regolamenti di conti.

 

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