"Credo che qualcuno abbia dimenticato di ringraziare". Questo amaro commento di Emmanuel Macron alla Conferenza annuale degli ambasciatori a Parigi si riferisce al declino dell’influenza francese in Africa. Le nazioni francofone dell'Africa occidentale e centrale hanno preso misure per allontanare i militari francesi dai loro territori. La situazione, tuttavia, è più complessa di quanto sembri. Non si tratta solo di ex colonie che si liberano del giogo di un colonizzatore. Molti dei paesi un tempo vicini alla Francia si sono rivolti alla Russia per la loro sicurezza, con grande disappunto dell’intero Occidente.
La Francia ha mantenuto stretti legami con molte ex colonie. Detiene ancora una forte presenza in alcuni settori economici tra cui estrazione mineraria, logistica, telecomunicazioni e finanza. Molte valute locali sono ancora denominate in franchi. Parigi lavora da decenni a stretto contatto con l'élite politica delle ex colonie, dove mantenuto basi militari fino a un paio di anni fa, provvedendo anche all’ addestramento dell’esercito locale.
Intorno al 2013-14, le insurrezioni nel Sahel hanno innescato un'instabilità politica che ha a sua volta innescato una migrazione di massa dall'Africa subsahariana all'Europa meridionale. Si veda a fianco la mappa delle rotte africane dei migranti. Contenere le insurrezioni in Africa è allora diventato necessario per contenere l'immigrazione illegale in Europa attraverso il Mediterraneo. Le basi militari francesi avevano posizioni strategiche che potevano limitare le vie di migrazione. Ma nel 2018 la Repubblica Centrafricana si rivolse alla Russia per cooperazione militare, oltre che economica. Poi anche i tre paesi che oggi formano la cosiddetta Alleanza degli Stati del Sahel, il Mali, il Burkina Faso e il Niger, hanno intrapreso una strada simile, dopo che colpi di stato militari hanno portato alla cacciata dei governanti amici di Parigi, a favore di regimi che si dicono nazionalisti ma, guarda caso, hanno semplicemente sostituito i Russi ai Francesi. Altri paesi sembrano interessati a seguire l'esempio. Il Ciad ha firmato accordi iniziali con la Russia. È un colpo particolarmente dannoso per la Francia e l’Europa. Il nuovo presidente del Senegal ha parlato ripetutamente di rompere i legami neocoloniali e di rimuovere i militari stranieri dal suo territorio.
Gli ultimi due avamposti francesi rimasti sono in Gabon, attualmente governato da una giunta militare, e Gibuti. Con soli 350 soldati francesi in loco, il Gabon non è in grado di aiutare la Francia ad allargare il suo potere nella regione. Gibuti è un'altra storia. La Francia vi è presente dal 1977 e attualmente ha cinque basi navali e aeree, che ospitano 1.500 soldati. È quindi vitale per il potere francese nell'Oceano Indiano. Macron vi si è appena recato in visita. L’accordo di difesa è stato rinnovato la scorsa estate.
La migrazione di massa verso l'Europa è già ripresa. La manipolazione della migrazione darà a Mosca molta influenza sull’Europa. Nel frattempo la Cina sta avviando vaste operazioni minerarie e colma il vuoto lasciato dalla frettolosa partenza francese.
Ma la situazione nell'Africa francofona implica un mucchio di altre potenze. La sola Gibuti ospita basi militari appartenenti a Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Cina, Giappone, Italia e Arabia Saudita. In paesi come il Niger, dove la Francia era il principale partner per la sicurezza, anche Germania e Stati Uniti ora devono ritirare le loro truppe.
Gli Stati Uniti stanno già cercando nuovi partner strategici per aiutare a combattere le crescenti insurrezioni. Il gruppo islamista armato Boko Haram, for esempio, sta risorgendo nel nord-est della Nigeria. In Benin ci sono stati molteplici attacchi transfrontalieri da parte di gruppi militanti provenienti da Niger e Burkina Faso. Ghana, Costa d'Avorio e Togo stanno tutti affrontando infiltrazioni ed attacchi ai confini settentrionali, mentre i gruppi militanti cercano di reclutare adepti nelle regioni costiere dell'Africa occidentale.
In Algeria è ripreso il conflitto tra i Tuareg, Jamaat Nasr al-Islam wal-Muslimin, la Forza di difesa del Mali e le truppe Wagner. L’Algeria sta anche cercando di gestire la crisi dei rifugiati, rimandando gli sfollati nigerini al loro paese d'origine. L'aumento di rifugiati è dovuto al vuoto di sicurezza creato dalla partenza delle forze di sicurezza occidentali. Il nuovo governi nigerino ha anche abrogato la legge che criminalizzava il traffico di migranti. Presto la crisi dei rifugiati potrebbe diventare il maggior problema del Nord Africa ed avere un grande impatto sull'Europa, creando timori per la sicurezza e un incremento intollerabile dell’immigrazione clandestina.
Per le aziende occidentali l'Africa francofona sta diventando un ambiente sempre più ostile. In Mali le autorità locali restringono le attività delle aziende occidentali in nome del "nazionalismo delle risorse", ma le aziende russe e cinesi sono escluse dalle restrizioni. La società mineraria canadese Barrick Gold, che produce circa il 10% del PIL del Mali, ha congelato le operazioni e si ritirerà dal mercato. Il governo ha sequestrato 3 tonnellate di azioni aurifere della Barrick, per un valore di circa 250 milioni di dollari; lo scorso dicembre ha arrestato i dirigenti della Barrick, a novembre quelli della società mineraria australiana Resolute Mining, essenzialmente per ottenere un riscatto. In Niger si sta verificando una situazione simile. Le politiche ‘nazionaliste’ hanno prodotto un ambiente operativo ostile che porta all’esodo delle aziende occidentali, subito sostituite da aziende russe e cinesi
La Francia è la grande perdente, ma il problema politico ed economico coinvolge gran parte dell'Occidente.
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