Liberamente tratto da un articolo di George Friedman per GPF
Nel corso della storia l'ordine mondiale è sempre stato plasmato dalle grandi potenze. È nella competizione con le grandi potenze o fra grandi potenze che le potenze minori si aprono spazi, adattando i loro comportamenti agli interessi e alle intenzioni dei grandi e agendo di conseguenza. Non è sempre un bel mondo, ma è un mondo alquanto ordinato, quando i comportamenti delle diverse potenze sono prevedibili.
Durante la Guerra Fredda, ad esempio, le intenzioni degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica erano le ancore attorno alle quali i paesi meno potenti, inclusi i non allineati, pianificavano il loro agire. I limiti di tolleranza e di interesse plasmavano il sistema globale e definivano anche il percorso delle potenze emergenti, come la Cina.
Che avviene oggi? L'Unione Sovietica è scomparsa da tempo e la Russia non ha pari potenza. La Cina non è ancora abbastanza forte per affermarsi indiscutibilmente come grande potenza. L'Europa è disunita e in disordine. Soltanto gli Stati Uniti sono in grado di ancorare l'ordine mondiale.
Negli scorsi decenni non importava che non ci fosse nessuno a controbilanciare l'egemonia degli Stati Uniti. Washington era ancora il principale architetto e beneficiario dell'ordine del dopo-guerra, anche se non aveva più un grande avversario con cui competere. Ma ora il mondo è cambiato, in parte perché l'ordine globale ha messo a dura prova gli interessi e le capacità degli Stati Uniti, in parte perché Washington oggi è meno interessata a cercare di governare il sistema globale.
Gli elettori statunitensi hanno rieletto come presidente Donald Trump, che intende esplicitamente ridisegnare non soltanto il governo degli Stati Uniti, ma anche le relazioni del paese con il resto del mondo. La sua elezione è sia causa sia conseguenza del cambiamento dell'ordine mondiale. Il potere degli Stati Uniti non è compromesso ma, concentrandosi sui cambiamenti che si vogliono apportare all'interno e all'esterno, Washington non ha lo stesso senso di urgenza dei decenni scorsi per dominare il mondo. L’era di Trump sarà caratterizzata da incursioni sperimentali (economiche militari e politiche) negli affari globali, per vedere che cosa ha o non ha senso nel nuovo ordine mondiale. Il relativo disinteresse degli Stati Uniti darà maggiore libertà di gestione dei propri affari alle potenze regionali. Il nuovo governo guidato dagli islamisti in Siria, ad esempio, non è in debito con gli Stati Uniti perché gli Stati Uniti non lo hanno aiutato a salire al potere, in linea con la decisione americana di lasciare ad altri più spazio nel gestire gli affari regionali. Il governo dell’Azerbaigian gode di una nuova libertà d'azione ora che, con la guerra in Ucraina, ha un ruolo essenziale nelle relazioni energetiche tra Europa, Turchia e Russia. Anche la guerra in Ucraina è diventata una questione secondaria per Washington. Gli Stati Uniti - e l'Occidente - hanno risposto all'aggressione russa, ma l'urgenza della minaccia si è chiaramente attenuata. Non è chiaro se agli Stati Uniti importi qualchecosa del risultato, che hanno relegato a una questione regionale, non globale.
Ma la potenza regionale è regionale; non crea un ordine globale. Nel frattempo, il perseguimento dei propri interessi da parte di Washington sarà fondamentalmente basato sulla continua ristrutturazione del sistema economico globale. Le sanzioni internazionali continuano a causare problemi alla Russia, nonostante il ricorso a modelli commerciali alternativi. La sua dipendenza economica dalle risorse naturali e l’incapacità di superare i deficit tecnologici e demografici rendono la campagna in Ucraina - per non parlare di qualsiasi tipo di ripresa successiva - una battaglia in salita. Di conseguenza, le nazioni dell'Asia centrale hanno iniziato a riesaminare i loro legami economici con la Russia, che ritengono non sia in grado di mantenere il suo ruolo regionale, e si stanno rivolgendo ad altri potenziali ‘benefattori’ come Turchia e Cina. Ma l’economia cinese tradizionalmente orientata all'export sta rallentando e barcollando a causa delle dispute commerciali con gli Stati Uniti. La deflazione è ora una forte possibilità. Pechino sta cercando di traghettare il paese a un'economia guidata dai consumi, ma si tratta di un cambiamento strutturale lento e difficile. L'economia indiana sta andando meglio di altre nell'emisfero orientale, ma deve ancora affrontare problemi strutturali che hanno portato a carenza di investimenti e aumento della disoccupazione. L'Unione Europea sta arrampicandosi sui vetri per soddisfare le esigenze economiche interne, mentre le guerre commerciali (introdotte dagli Stati Uniti) ostacolano la transizione economica verso l'energia verde e dividono il blocco sui rapporti con l'Ucraina.
Le debolezze economiche dell'emisfero orientale favoriscono l’introspezione di Washington, perché la relativa debolezza degli altri riduce i rischi per gli Stati Uniti. Il risultato netto di tutto ciò è un sistema in disordine. Col passare del tempo emergerà una nuova potenza capace di sfidare gli Stati Uniti e creare un nuovo polo attorno al quale il sistema internazionale può ritrovare un ancoraggio. Non è chiaro chi sarà. In passato le grandi potenze sono nate da grandi guerre. Non ci sono state grandi guerre in questa generazione e non ne appaiono all'orizzonte. Nessuno si aspettava che gli Stati Uniti diventassero una grande potenza, prima di inizio ‘900. Anche l'idea che il Regno Unito sarebbe stato un impero globale appariva del tutto improbabile, prima che si realizzasse. Quindi la prossima grande potenza è in divenire e, considerando lo stato delle cose nel 2025, è probabile che sia una Cina o un Iran, oppure una ripresa americana in grande stile. Russia ed Europa oggi paiono proprio fuori dai giochi.
La nuova ‘normalità’ disordinata e imprevedibile persisterà finché non sorgerà una nuova potenza globale. Nel frattempo, ci aspettano certamente più conflitti regionali.
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