I fallimenti americani
nella ricostruzione dell'Iraq

16/12/2008

In data 14 dicembre 2008 l’Herald Tribune pubblica un articolo che ricostruisce la storia degli errori commessi degli Stati Uniti in Iraq nel processo di ricostruzione del paese.   Un documento federale reso pubblico di recente dipinge un quadro piuttosto fosco e testimonia che il Pentagono era impreparato a gestire la ricostruzione del paese. Quando il processo di ricostruzione iniziò a mostrare le sue prime falle – perché non era stato sufficientemente studiato e discusso – il Pentagono cercò infatti di gonfiare le cifre per coprire i fallimenti.    A cinque anni dall’inizio della ricostruzione, la più dispendiosa dai tempi del piano Marshall, il governo degli Stati Uniti non ha ancora la capacità tecnica né la struttura organizzativa necessarie a portare avanti i lavori.   È probabile che gli addetti alla ricostruzione dell’amministrazione ventura si concentrino su progetti non troppo vasti e promuovano innanzitutto riforme politiche ed economiche. Ma prima dovranno risolvere un problema alla radice: gli interventi attuati finora non hanno dato risultati positivi in quanto nessuna agenzia governativa statunitense era responsabile del lavoro. In poche parole il governo non si era occupato di un particolare piuttosto importante.   Nonostante ciò alcuni progetti sono andati comunque a buon fine, come il piano per stabilizzare il dinaro iracheno e per creare gruppi locali addetti alla ricostruzione. Ma il quadro che emerge nel complesso è poco rassicurante.   Dal documento possiamo trarre alcune informazioni sullo stato dell’economia e delle infrastrutture dell’Iraq: la produzione di energia elettrica è pari al 10% rispetto all’era di Saddam Hussein, la produzione di petrolio è inferiore al periodo prebellico, l’accesso all’acqua potabile, nonostante un recente miglioramento, è ancora limitato, a causa delle pessime condizioni dell’impianto idrico del paese, duramente colpito dai combattimenti. Solo nel campo della telefonia il paese ha raggiunto nuovamente il livello precedente all’invasione del 2003.   Non possiamo dire con certezza cosa sarebbe accaduto nel caso in cui il paese non fosse scivolato in una spirale violenta. Possiamo però affermare che la nuova amministrazione dovrà prestare molta attenzione alla ricostruzione del paese, da cui dipenderà la credibilità degli Stati Uniti agli occhi dell’opinione pubblica irachena e internazionale.  

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