Somalia
un approfondimento

04/02/2009

Popolazione:  9.150.000 Lingue principali: somalo, arabo, gosha Religioni principali: Islam, culti locali Struttura sociale clanica: Gli Hawiye costituiscono probabilmente il più grande clan della Somalia. Risiedono nella parte centro - meridionale del paese, dall’indipendenza  in poi hanno ricoperto importanti cariche amministrative e militari. Molto grandi  sono anche i clan Ogadeni, Isaac e Darood. .   Al di fuori dei clan si trovano le minoranze etniche: 
Bantu (suddivisi in Gosha, Shabelle, Shidle, Boni) 2% pari a 214.000 Gabooye (divisi in Midgen, Tumal, Yibir, Madhigan) 0.5% 53.500 Oromo 0.4% 41.600 Gruppi di linga Swahili (Benadiri, Amarani, Bajuni) 0.4% 40.000.
Le altre minoranze sono costituite principalmente dai Bantu/Jarir, braccianti non possidenti; dai Benadiri/Rer Hamar, commercianti urbani di origine medio orientale; dal piccolo gruppo di Midgan/Gaboye, dai Tumal e Yibro operai metalmeccanici, conciatori di pelle ed erboristi. Vi sono altre esigue minoranze mussulmane : gli Ashraf e Shikhal, i Bajuni dediti alla pesca e piccoli gruppi di cacciatori raccoglitori.   STORIA   Alla conferenza di Berlino del 1884 le forze europee divisero il paese in quattro territori: la Somalia britannica, la Somalia italiana, la Somalia francese (poi Djibuti) e il Kenya. Nel 1949 l’imperatore etiope Haile Selassie riprese il  potere, ma su di un territorio ridotto,  perché l’Inghilterra cedette la regione di Ogaden all’Etiopia. Gli interessi clanici accentuarono le differenze e le divisioni territoriali.   Nel 1960 la Somalia britannica ottenne l’indipendenza e si unificò immediatamente con la Somalia italiana. Nel 1969 un colpo di stato spodestò il governo indipendente somalo con l’uccisine del suo presidente Shermaarke per mano di un clan rivale. Mohammed Siad Barre divenne presidente. Fervente seguace del marxismo, ricevette ingenti  aiuti  militari e finanziari dall’Unione Sovietica.   Dopo il  golpe militare in Etiopia del 1974, che portò al potere Mengistu Haile Mariam, Mosca negò il suo appoggio alle pretese somale sulla regione etiope dell’Ogaden. Nel 1977 la Somalia invase l’Ogaden.     RIVALITA’ CLANICHE   Le rivalità tradizionali tra i clan degli Isaaq del nord, degli Ogadeni del sud e degli  Hawiye del centro furono esacerbate dalla politica separatista di Barre. L’infruttuosa economia e la corruzione politica ridestarono il discontento nei confronti della politica  discriminatoria nei confronti del nord. Gli Isaaq, storicamente forti e abbienti, furono sistematicamente sfavoriti nella attribuzione delle risorse e dall’esclusione da i  progetti di sviluppo. Barre scelse i membri del suo governo tra i rappresentanti dei tre clan che facevano parte dei Darood. Nel 1988 la Somalia fu coinvolta in una delle più brutali guerre civili dell’Africa, che vide  coinvolto il governo centrale e cinque gruppi armati di opposizione. Con l’appoggio statunitense in graduale diminuzione, nel 1990 Barre controlla va ormai solo più la capitale Mogadishu. Nel gennaio del 1991 Mogadishu  cadde nelle mari del generale Mohammed Farrah Aideed e Barre fuggì in Kenya.     L’EFFETTO sulle MINORANZE   Dal  1991 la Somalia è una nazione senza  potere centrale, dove svariati gruppi clanici armati combattono un conflitto etnico e politico, saccheggiando i territori e uccidendo sistematicamente la popolazione civile. Durante il regno di Barre si stima che 500 mila persone persero la vita e 2 milioni cercarono rifugio nei paesi limitrofi. Nel 1993 le truppe militari delle Nazioni Unite giunsero  nel paese,  ormai all'apice della crisi. I  signori della guerra nel frattempo avevano   frammentato  il paese, nel tentativo di consolidare instabili alleanze e di espropriare risorse.    L’arrivo della missione ONOSOM delle Nazioni Unite consolidò il potere dei signori della guerra,  permettendo loro di gestire i fondi iniziali, grazie ai loro contratti con le Nazioni Unite.   Le piccole minoranze etniche soffrirono molto dopo la caduta di Siad Barre. Trovandosi al di fuori del sistema di protezione intraclanico, subirono l’espropriazione dei territori e continui saccheggi da parte dei diversi gruppi armati. Mentre il sud della Somalia si autodistruggeva, la parte nord occidentale del paese dichiarava l’indipendenza. Questa parte del  paese aveva già assaporato il piacere della sovranità statale nel 1960, nel brevissimo periodo tra la fine del mandato britannico e la sua unificazione con la ex colonia italiana. Quest’area del paese è dominata dal clan Isaaq, che non accetta il potere ed i privilegi riservati sia agli Hawiye e che ai Darood fin dall’indipendenza. Nel tentativo di distruggere il Movimento Nazionale Somalo Isaaq  alla fine degli anni 80, Barre scatenò le forze militari contro i civili. Decine di migliaia  di civili furono uccisi e circa il 90% della città di Hargeisa fu distrutta 400.000 persone fuggirono verso l’Etiopia.   I POTERI LOCALI.    In assenza di un governo centrale, la Somalia è caduta sotto l’altalenante controllo di elite claniche. I somali appartenenti ad un clan costituiscono l’85% della popolazione nazionale. In base alla  gerarchia di caste, la società somala può essere divisa in quattro/cinque gruppi clanici principali: i Dir, gli Isaaq,  gli Hawiye e i Darood, appartenenti alla casta superiore dei Samaal, e i Digil/Mirifle/Rahanweyn  appartenenti alla casta inferiore dei Saab. Ogni clan a sua volta comprende numerosi lignaggi e tribù. Il clan rappresenta una organizzazione sociale, ma il clanismo usa la politicizzazione della struttura clanica  a vantaggio personale delle elite. Il clan influenza la politica, l’economia e l’ordine sociale del paese.   Per le minoranze etniche la struttura clanica del potere rappresenta uno svantaggio, perchè i Bantu, i Gaboye e i Bendari  sono esclusi  dai clan. Non hanno dunque alcun potere politico e sono le prime vittime dei conflitti. Senza una milizia propria sono vulnerabili alle aggressioni e alle espropriazioni. In un paese dove qualunque cittadino è esposto al pericolo, le minoranze etniche si trovano in prima linea e indifese .   La scissione del 1991 ha portato alla costituzione di una regione indipendente nel nord dominata dal clan degli Isaaq. Nei 15 anni passati questa regione ha goduto di una relativa calma a confronto del  resto del  paese, che è rimasto immerso in una caotica guerra intraclanica. Nel 1997 i clan del nord raggiunsero un accordo di pace che stabiliva una presenza proporzionale dei clan al governo. Nel 2001 un referendum sancì l’indipendenza e l’introduzione di una politica pluripartitica. Nel 2002  si tennero le prime elezioni regionali e nel 2003 le elezioni presidenziali. Nel 2005 un rapporto presentato da un organizzazione non governativa britannica, la Oxford House, confermò  una preoccupante e crescente discriminazione nei confronti delle minoranze etniche in Somalia.   Un’altra regione autonoma è il Puntland, nella Somalia centrale, controllata dal clan Majerteen.   Nel 1998 sotto la leadership di Majerteen la regione dichiarò l’autonomia con l’obbiettivo di costituire una confederazione somala piuttosto che uno stato unitario .   TENTATIVI DI RISTABILIRE UN GOVERNO CENTRALE   Fino al 2004 ci furono ben 14 tentativi di ristabilire un governo centrale in Somalia, con lunghe negoziazioni di pace in Kenya sotto la supervisione di numerosi paesi del corno d’Africa. Nell’agosto del 2004 venne firmato un trattato per creare un nuovo governo federale transitorio (TFG). Nell’ottobre dello stesso anno l’assemblea federale transitoria (TFA) elesse presidente il  capo del  Puntland, Abdullahi Yusuf un Darood. Nei mesi successivi il presidente nominò primo ministro Ali Mohammed Gedi un Hawiye.  Nell’assemblea transitoria furono previsti 30 seggi riservati alle minoranze etniche del paese. Un piccolo passo, ma altamente simbolico. Nel marzo 2006 nuove tensioni impedirono al governo di trasferirsi a Mogadishu . I tribunali islamici, sostenuti  dagli uomini d’affari Hawiye, iniziarono a domare i signori della guerra nella capitale. Durante questo periodo caotico nel sud del paese i tribunali islamici ottennero  l’appoggio della popolazione e riuscirono ad imporre la Shari’a.    Nel giugno del 2006 l’unione dei tribunali islamici (ICU) sconfisse la coalizione capeggiata dai militari, prendendo possesso della capitale e altre zone meridionali. L’unione dei tribunali islamici accusò  il governo federale transitorio di ricevere assistenza militare dall’Etiopia e chiamò  i fedeli al Jihad contro Addis Abeba. Grande fu la  preoccupazione dell’Etiopia per i sentimenti secessionisti nella regione somala, mentre gli Stati Uniti accusarono l’unione dei tribunali islamici di intrattenere rapporti con Al Quaeda.   SITUAZIONE ATTUALE   Nel novembre 2006 l'Etiopia  attaccò la Somalia con l'appoggio dell’aviazione militare statunitense e nell’arco di un mese scacciò  l’Unione dei Tribunali Islamici dal sud del paese e dalla capitale Mogadishu. Le milizie etiopi coadiuvate da un piccolo contingente di Peacekeepers dell’Unione Araba ugandese  cercarono di aver ragione della sommossa capeggiata da membri dell’ICU. Intanto antiche lotte intraclaniche tra gli Hawiye e i Darood, quest’ultimi alleati con le milizie etiopi, si sommarono al conflitto.   Dal 2007 la Somalia è in cima alla lista dei paesi nei quali le minoranze etniche sono più a rischio. Non facendo parte di alcun clan non beneficiano della protezione dei signori della guerra nè dei corpi paramilitari, sono alla mercé delle parti coinvolte in un' atmosfera di piena illegalità. Si parla di circa 300.000  persone, che vivono in difficili condizioni, in insediamenti temporanei, spesso derubati degli aiuti internazionali da membri di clan locali. 

Curato da Emanuela Borgnino    

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