Il 4 febbraio 2009 Strategic Forecast ha pubblicato una analisi di come potrebbe influire sulla stabilità economica e sociale dei paesi più poveri una forte diminuzione delle rimesse degli emigranti durante il 2009. Vengono presi in considerazione, perché più fragili, i paesi che non sarebbero in grado di riassorbire una quantità di emigranti che tentano di rientrare in patria e che hanno amministrazioni pubbliche poco efficienti.
PAESI A BASSO RISCHIO AGGIUNTIVO
Bangladesh
Le rimesse costituiscono il 13% del prodotto interno lordo. Il 60% arriva da emigranti che lavorano per realizzare grandi opere edilizie nei paesi del Golfo. I lavoratori all'estero sono circa 4,8 milioni, su di una popolazione totale di 114 milioni. Il paese è talmente misero che il ritorno di qualche centinaia di migliaia di emigrati e la riduzione delle rimesse non cambierebbe sostanzialmente né l'equilibrio sociale né l'equilibrio politico.
Nigeria
Il paese è lacerato da divisioni interne, attacchi di milizie armate nelle zone di produzione di petrolio, e le finanze pubbliche sono in totale dissesto. La riduzione delle rimesse non cambierebbe sostanzialmente la situazione.
Marocco
Le rimesse costituiscono l' 11 per cento del prodotto interno lordo. Gli emigrati sono 2,7 milioni, per lo più in Europa. Il Sultano ha un solido controllo sulla situazione interna, grazie ad efficienti apparati di sicurezza. Le rimesse potrebbero diminuire, ma è poco probabile che ci sia un rientro in massa di emigranti, che per lo più sono bene integrati in Europa.
Tagikistan e Kirghizistan
Dal 2001 in poi larga parte della popolazione è emigrata in Russia e in Kazakistan. Le rimesse degli emigranti costituiscono il 37 % del prodotto interno lordo per il Tagikistan (ma c'è chi pensa che il dato ufficiale sia molto inferiore alla realtà), il 31% per il Kirghizistan,e negli ultimi mesi del 2008 la loro diminuzione si è già fatta sentire. Molti emigranti potrebbero ritornare. La situazione economica ne soffrirà molto, ma il governo e la struttura sociale sono sempre stati così immobili, così inutili e inefficienti nel promuovere mobilità e benessere, che non possono peggiorare in modo significativo. I cittadini si arrangeranno, come hanno sempre fatto. In Kirghizistan i dati ufficiali indicano 170.000 emigranti, ma in via ufficiosa si dice che in realtà gli emigranti che lavorano clandestinamente all'estero siano circa un milione, cioè quasi il 20% dell'intera popolazione.
Kazakistan
Quasi il 25% dei Kazaki lavora all'estero, per un totale di circa 3,7 milioni di persone. Ma le rimesse costituiscono soltanto il 6,5% del prodotto interno lordo. Il paese ha vasti giacimenti minerari in via di sviluppo, che potrebbero assorbire altra manodopera. Il governo controlla saldamente - talora brutalmente - la situazione interna e non verrà scalzato dalla crisi.
Filippine
3,6 milioni di emigranti mandano rimesse per un valore pari al 12.5 % del prodotto interno lordo. Ma si tratta di lavoratori qualificati, con qualche specializzazione di cui difficilmente si farà a meno. La stragrande maggioranza delle infermiere in Giappone sono Filippine, ad esempio. L'emigrazione è stata indirizzata ed aiutata da una Agenzia Statale, che ha favorito un tipo di emigrazione con contratti e sistemazioni tendenzialmente stabili. La riduzione delle rimesse ed il rientro degli emigranti dovrebbero colpire le Filippine meno di altri paesi.
PAESI A RISCHIO
Egitto
2,4 milioni di emigranti (su di una popolazione di 75 milioni) inviano rimesse per un valore pari al 3.4% per prodotto interno lordo. Non sembrerebbe che la riduzione delle rimesse possa incidere in modo grave sulla situazione economica interna. Ma il governo Mubarak da anni oscilla fra ondate di debolezza e di repressione, il dissenso interno è alto, i Fratelli Musulmani appaiono forti e fomentano il nazionalismo islamista. Basta poco, pochissimo per destabilizzare l'Egitto.
Turchia
4,4 milioni di emigranti, pari al 6% della popolazione, inviano rimesse per un valore pari al 2% del prodotto interno lordo. Non pare una situazione allarmante. Ma moltissimi emigranti sono Curdi, e il loro rientro in Turchia potrebbe peggiorare il già difficile rapporto fra il governo turco e la minoranza curda, e rafforzare il movimento separatista curdo, con conseguenze anche gravi.
Armenia
il 27% della popolazione armena (800.000 persone) lavora all'estero e le rimesse costituiscono il 18,5% del prodotto interno lordo.
In aggiunta alle rimesse la diaspora armena negli Stati Uniti e in Russia contribuisce all'economia con investimenti in Armenia per oltre 600 milioni di dollari l'anno. Se alla riduzione delle rimesse si accompagnasse anche una forte riduzione degli investimenti, la situazione economica interna potrebbe peggiorare a tal punto da obbligare l'Armenia a dipendere totalmente dagli aiuti russi. L'Armenia infatti non ha risorse proprie e non ha sbocco sul mare.
Georgia
Il 23% della popolazione georgiana (4 milioni di persone) lavora all'estero e le rimesse contribuiscono per il 20% al prodotto interno lordo (1,5 miliardi di dollari). La maggioranza degli emigranti è in Russia, e dopo la guerra dello scorso agosto la Russia non concede più permessi di lavoro ai Georgiani. La pressione per la costituzione di un governo che riporti la Georgia nella sfera di piena influenza russa è fortissima.
Estonia, Lettonia e Lituania
Le rimesse degli emigranti rappresentano da 1,6 a 2,3 % del PIL. Non sembra molto. Ma le economie locali già sono in un periodo di crisi per la fine del boom edilizio interno, e la pressione della Russia per riportare i paesi baltici nella propria sfera di egemonia è forte. Dato che una altissima percentuale di emigranti lavorano in Russia o in Polonia, è probabile che rientrino in grande numero, e che le difficoltà economiche crescenti vengano usate dalle importantissime minoranze etniche russe che vivono in questi paesi (in Lettonia e in Estonia sono il 30%) per promuovere cambiamenti di governo.
Ucraina
6 milioni di emigrati in Russia, Polonia e Stati Uniti, pari al 13% della popolazione, mandano 8,4 miliardi di dollari di rimesse, pari al 13% del PIL. Il paese sta attraversando una grave crisi economica e finanziaria, ha appena fatto ricorso ad un prestito del FMI, è in continua lite con la Russia per il prezzo del gas, ha un governo e una popolazione divisi fra filorussi e filoccidentali. Anche piccoli cambiamenti possono influire grandemente sulla stabilità interna.
Romania
Il 6% della popolazione romena lavora all'estero, e le rimesse contribuiscono per il 4% al PIL. Non pare molto in termini percentuali, ma la situazione finanziaria del paese è grave, la moneta locale si sta svalutando velocemente e la situazione economica del paese peggiorerà rapidamente.
Moldavia
Il 31 del PIL è rappresentato dalle rimesse degli emigranti, che per lo più lavorano in Russia Ucraina e Romania. Il paese ha soltanto 4 milioni di persone. Si calcola che nel 2009 possano rientrare in patria 500.000 emigranti. La situazione del paese è già difficilissima: mancano le infrastrutture: strade, scuole, ferrovie, case. L'aggravamento della situazione potrebbe spingere i Moldavi a tornare sotto la piena egemonia russa, per garantirsi la sopravvivenza.
Albania e Kosovo
Il 27,5% della popolazione è all'estero (in Italia, Grecia e Macedonia) e con le rimesse contribuisce al 22% del PIL. Purtroppo fra gli emigranti è alta la percentuale di persone che 'lavorano' nel crimine organizzato, e si teme che le maggiori difficoltà a trovare lavoro onesto aumenti la criminalità nei paesi ospitanti, più che provocare disequilibri nel paese d'origine.
Bosnia ed Herzegovina
Il 38% della popolazione lavora all'estero (per lo più in Croazia, Serbia, Germania, Austria) e contribuisce per il 20% al PIL con le proprie rimesse. Il paese dipende in larga misura dagli aiuti dell'Unione Europea, oltre che dalle rimesse. L'Unione Europea sta tagliando gli aiuti a causa delle crisi globale, e la Bosnia verrà gravemente colpita dall'insieme di questi fattori negativi, non avendo quasi strutture e risorse interne su cui poter contare.
Serbia
Le rimesse dall'estero contribuiscono per l'11% al PIL. La situazione finanziaria del paese è pericolosa: altissimo è l'indebitamento sia privato sia pubblico. Il paese deve operare tagli e restrizioni per ottenere un prestito del FMI di cui non può fare a meno. L'azienda energetica statale NIS è già stata venduta sottoprezzo ai Russi per far cassa, e non ci sono più aziende pubbliche da poter vendere.
Serviranno grandi aiuti o dall'Unione Europea, o dalla Russia, con conseguenti spostamenti dell'asse politico.
Messico
L'11% dei Messicani all'estero (quasi tutti negli USA) contribuiscono con le rimesse al 3% del PIL. Già nel 2008 le rimesse sono diminuite del 3.6 %. Il paese è in preda al potere della criminalità organizzata internazionale (i cartelli della droga). Il governo del Messico sta combattendo una vera e propria guerra contro i cartelli, che hanno più denaro dello stato, e sono sempre più forti e sempre più pericolosi, perché ‘stipendiano’ quantità grandissime di persone che altrimenti non saprebbero come vivere. Questo allarma investitori e turisti e diminuisce le possibilità di sviluppo. Il Messico corre il rischio di diventare un paese dominato in toto dalla criminalità organizzata.
America Centrale
I piccoli paesi del centro America dipendono dalle rimesse degli emigranti per percentuali che variano dal 18 al 25% del PIL ed hanno tutti alti tassi di disoccupazione. Si teme che il rientro di giovani senza lavoro aumenti la disponibilità di manodopera per i cartelli della droga, che sono fortissimi in tutti questi paesi.
Haiti
Le rimesse del 10% della popolazione all'estero contribuiscono al 21 % del PIL. La loro diminuzione obbligherà altri a abitanti a fuggire dall'isola per sfuggire alla morte per fame e aumenterà il numero di immigrati irregolari e disperati in nord America.
Colombia
Il 4% della popolazione all'estero contribuisce al 3% del PIL. La Colombia è lacerata dalla guerra civile armata e dal dominio dei cartelli della droga. Negli ultimi anni il governo è riuscito ad estendere un po’ lo spazio dell'ordine statale. Ora la diminuzione delle rimesse dall'estero potrebbe aumentare il potere dell'economia criminale.
Ecuador
L'8% della popolazione emigrata contribuisce per l'8% al PIL. Il bilancio statale è talmente drammatico che il governo non riesce a pagare i propri debiti sul mercato internazionale. Ci sono già stati diversi colpi di stato da parte dei militari nella storia dell’Ecuador. La grave situazione economica potrebbe portare al rovesciamento del governo di Rafael Correa.
Bolivia
Il 4,6% della popolazione all'estero (per lo più in Argentina) contribuisce con le rimesse al 9% del PIL. La profonda spaccatura etnica ed economica fra le popolazioni di montagna e le popolazioni di pianura costituisce un perenne elemento di instabilità. Nel 2009 si terranno le elezioni presidenziali. Il peggioramento della situazione economica potrebbe approfondire le spaccature sociali e creare gravi tensioni politiche.
Paraguay
Le rimesse costituiscono il 4% del PIL. L'economia dipende in larga misura dalle esportazioni. Le differenze sociali fra i pochissimi ricchi ed i tanti poverissimi sono enormi. Il nuovo presidente Fernando Lugo ha promesso di cambiare la situazione. Ha promosso la distribuzione delle terre ed ha aumentato il prezzo dell'elettricità venduta al Brasile. Ma se la situazione economica dovesse peggiorare anziché migliorare sarebbe facile che il suo nuovo e fragile governo venisse rovesciato.
Perù
Il 3% della popolazione all’estero contribuisce con le rimesse al 3% del PIL. I paesi di emigrazione sono soprattutto gli Usa, la Spagna e l'Argentina. Il governo peruviano è in grado di applicare stimoli all'economia e provvedere a una buona amministrazione, ma da tempo all'interno ci sono frequenti manifestazioni pubbliche contro il governo, aumenta la forza del crimine organizzato, che ha stretto accordi operativi con i terroristi maoisti di Sendero Luminoso, che è così tornato a rappresentare un problema serio di scurezza nazionale.
Sri Lanka
Oltre un milione di emigranti contribuiscono con le rimesse al 13% del PIL. Molti emigranti sono Tamil e lavorano in Arabia Saudita. Si teme che il loro rientro in patria potrebbe rafforzare nuovamente i ranghi dei separatisti Tamil, che dopo 30 anni di guerriglia stanno per essere sconfitti dal governo grazie a un misto di interventi militari e di concessione di benefici a chi si dissocia. Se vengono meno le risorse per la concessione di benefici la guerriglia può nuovamente diventare pericolosa.
Afghanistan
Circa 2 milioni di Afghani che lavorano all'estero, soprattutto in Iran, contribuiscono con le loro rimesse al 30% del PIL! La riduzione delle rimesse e il rientro degli emigranti sarebbe una catastrofe economica.
Pakistan
Il 5% del PIL viene dalle rimesse degli emigranti, per lo più impiegati nelle grandi opere edilizie dei paesi del Golfo. La situazione sociale e politica pakistana è talmente instabile e pericolosa che anche una modesta riduzione delle rimesse con rientro di una parte degli emigranti potrebbe contribuire a far precipitare una crisi.
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