Nella notte del 21 febbraio 2009 un gruppo di uomini armati ha lanciato due granate contro la caserma della polizia di Zihuatanejo, nello stato di Guerrero, ferendo almeno cinque persone. Zihuatanejo è una tranquilla località di mare a nord di Acapulco, in Messico. Dopo l’attacco la polizia ha dichiarato uno sciopero (in Messico non sono rari gli scioperi delle forze dell’ordine).
La polizia messicana è sempre stata presa di mira dai cartelli della droga e molti ufficiali sono stati costretti a cercare rifugio negli Stati Uniti per non essere uccisi. Episodi come quello di Zihutanejo normalmente accadono in aree dove l’attività dei cartelli è maggiore, come in Varacruz o Palomas.
L’episodio del 21 febbraio dimostra però che la minaccia dei cartelli sta continuando a crescere e si sta estendendo a zone finora considerate sicure.
Gli episodi di violenza sono iniziati alcuni mesi fa in alcune città di provincia come Laredo e El Paso in Texas, dove i commercianti e le famiglie benestanti hanno dovuto affrontare continue minacce e rapimenti da parte delle gang messicane.
Ma ora la minaccia sta iniziando ad estendersi a Nord del confine fra Messico e Stati Uniti. Una località particolarmente colpita dalle violenze è Phoenix, 185 miglia a nord del confine, divenuta ormai la capitale per eccellenza dei rapimenti.
La maggior parte dei rapimenti negli Stati Uniti avviene all’interno delle comunità immigrate. Nella maggior parte dei casi le vittime e i carnefici appartengono allo stesso gruppo (ad esempio membri della Triade cinese rapiscono uomini d’affari cinesi, la comunità haitiana rapisce immigrati haitiani). Lo stesso avviene a Phoenix, dove immigrati messicani sono sistematicamente rapiti dai Messicani stessi.
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