Il 5 marzo 2009 la Banca d’Inghilterra ha lanciato una politica che passa sotto il nome di “quantitative easing” (QE) per rilanciare l’economia del paese.
La Banca inietterà 75 miliardi di sterline (106 milioni di dollari) nelle riserve delle banche, perché acquistino titoli di stato e obbligazioni private a breve termine, o azioni.
In circostanze normali le banche centrali regolano l’economia tramite il tasso d’interesse: tassi alti frenano la domanda e rallentano l’inflazione, mentre tassi bassi stimolano la domanda e favoriscono la crescita. Ma dato che l’attuale recessione nasce da una crisi finanziaria, le regole finanziarie classiche non si possono applicare. Le banche non sono certe della propria consistenza patrimoniale, né di quella dei loro partner.
Nel Regno Unito la situazione è peggiorata così tanto che anche con i tassi allo 0,5% pochissime banche stanno concedendo prestiti, e banche primarie come la Banca Reale di Scozia sono schiacciate dai debiti.
In essenza il QE consiste nello stampare moneta per dar liquidità al mercato e forzare l’attività economica. La banca centrale avrà facoltà di decidere su quali obiettivi concentrare la liquidità, ma certamente si tratterà di
- inondare le banche perché riprendano a concedere prestiti,
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sottoscrivere obbligazioni di stato perché ci siano i fondi per investimenti pubblici
-
sottoscrivere obbligazioni aziendali se le aziende avessero difficoltà ad accedere a finanziamenti tramite il mercato,
- persino
agire sul mercato azionario per ravvivarlo, se necessario.
Questa politica potrebbe sembrare sensata, ma presenta alcuni rischi.
Le banche centrali non hanno la percezione della situazione microeconomica, e potrebbero non saper stimolare la domanda in modo corretto: con uno stimolo insufficiente si perde la fiducia del mercato e si innesca la deflazione, con uno stimolo eccessivo si innesca l’inflazione.
Anche se il “quantitative easing” funzionerà bene, la sterlina si indebolirà comunque a causa dell’inevitabile spinta inflazionistica di questa politica – il governo stampa infatti denaro senza corrispondente crescita dell’economia.
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