20 marzo 2009
Dopo anni di isolazionismo, la Siria proprio in questi giorni si trova al centro di intense azioni diplomatiche. Gli Stati Uniti hanno inviato due delegazioni a Damasco, il Regno Unito ha avviato colloqui con Hezbollah (alleato della Siria in Libano), i Turchi hanno intimato alla Siria di riprendere i negoziati con Israele e i Sauditi hanno offerto numerosi incentivi ad Assad per spingerlo a rientrare nel mondo arabo, mentre gli Iraniani stanno cercando in ogni modo di tenere i Siriani dalla loro parte.
Data la sua posizione geografica, la Siria ha sempre rivolto la propria attenzione economica e politica verso sudovest – verso il Libano e Israele – non potendosi estendere a nord a causa della presenza della montuosa penisola anatolica presidiata dai Turchi, né a est a causa della conformazione desertica del territorio.
Il paese è governato dal clan di Assad, una minoranza alauita (di origine sciita): la Siria può quindi servirsi dell’identità araba per trattare con i Sauditi e dei tratti religiosi sciiti per trattare con la Repubblica Islamica.
Nell’ultimo periodo i Sauditi hanno fatto notevoli sforzi per unire gli Arabi della regione – compresi i Siriani – contro l’espansione egemonica dell’Iran nella regione. Anche gli Americani, i Turchi e gli Israeliani hanno tutti gli interessi a spezzare i legami fra la Siria, l’Iran e le milizie di Hezbollah.
Damasco per accettare condizioni vuole innanzitutto avere il pieno riconoscimento del diritto all’egemonia sul Libano, e immunità per il presidente Assad di fronte al tribunale dell’Aia per l’omicidio dell’ex primo ministro Rafik al-Hariri. Secondo fonti non confermate i Siriani avrebbero inoltre chiesto ai Sauditi 2 miliardi di dollari all’anno per far ripartire l’economia in crisi.
Pur intrattenendo colloqui con Riyadh, Damasco fa attenzione a non irritare gli alleati iraniani. È possibile vedere alcuni progressi nei negoziati fra Sauditi e Siriani: in Libano la coalizione 14 marzo (fortemente antisiriana) guidata da Saad al-Hariri e Fouad Siniora e spalleggiata dai Sauditi, ha moderato i toni riconoscendo il ruolo regionale della Siria e affermando di essere pronta a firmare la pace con Israele nel caso in cui anche Damasco decida di intraprendere lo stesso cammino.
La Siria dal canto suo ha però fatto molto poco. Al momento continua a mantenere tutte le carte sul tavolo per ottenere il massimo da chiunque.
Gli Americani e gli Israeliani hanno bisogno di garanzie sicure prima di avviare delle trattative definitive. La Turchia, in quanto potenza in ascesa - e vicina agli Stati Uniti – cercherà di sbloccare la situazione. Quando Ankara inizierà a chiedere delle risposte concrete, la Siria non potrà più continuare a tergiversare e dovrà compiere scelte definitive.
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