Da un’analisi di George Friedman per Strategic Forecast
Venerdì scorso, in occasione di Nowruz (il nuovo anno persiano), il presidente statunitense Barack Obama ha rilasciato un video in cui faceva le congratulazioni all’Iran. L’Iran è stato anche invitato a partecipare alla prossima conferenza sull’Afghanistan all’Aja il 31 marzo, ed ha deciso di accettare l’invito. Tutto bene, dunque?
Dal punto di vista iraniano, Washington con queste iniziative chiede a Teheran di interrompere il suo programma nucleare e di bloccare gli aiuti finanziari al terrorismo internazionale, e in cambio offre a Teheran la rimozione delle sanzioni economiche che gravano sull’economia del regime.
Ma per l’Iran quest’offerta non è assolutamente sufficiente. Il programma nucleare iraniano permette alla Repubblica Islamica di avere un’arma in più di cui servirsi durante i negoziati. La strategia iraniana è simile a quella della Corea del Nord, che ha creato finora un alto livello di incertezza dato che nessuno sa precisamente quale livello abbia raggiunto e quali siano i rischi reali. Se vi fossero prove concrete dell’esistenza di siti nucleari in Corea, con ogni probabilità verrebbero attaccati. Ma il dubbio di fondo costringe gli Stati Uniti ad evitare di compiere scelte affrettate. Allo stesso modo l’Iran si comporta in modo ambiguo, alternando toni aggressivi ad aperture più concilianti con l’intenzione di esercitare una forte pressione psicologica sull’Occidente. Per abbandonare il suo programma nucleare Teheran vuole qualche cosa di appetitoso in cambio.
Radicalismo islamico, Iraq e Afghanistan
L’Iraq potrebbe rappresentare una potenziale minaccia strategica per l’Iran, che vuole evitare che l’esercito iracheno e le truppe statunitensi possano un giorno attaccare la Repubblica Islamica. Teheran vuole avere sufficienti entrature nel governo iracheno da poter impedire scelte che minaccino il potere del regime iraniano. Per questo l’Iran ha sistematicamente costruito una rete di controllo su alcune fazioni irachene, proprio per bloccare quelle politiche che reputa pericolose.
La richiesta degli Stati Uniti di smetterla di immischiarsi nella politica dell’Iraq va contro gli interessi dell’Iran, che non vuole vedere la nascita di un attore regionale in grado di competere con il governo di Teheran - specialmente se fortemente influenzato da Washington.
Poi vi è la questione dell’appoggio al radicalismo islamico, ad Hezbollah e ad Hamas. Fra il 1979 e il 2001 l’Iran è stato l’emblema della sfida islamica all’Occidente. Con la comparsa di al Qaeda, lo sciismo iraniano ha perso il posto d’onore, ma ora l’Iran vuole ottenere la leadership politica di tutto il mondo islamico, e ha quindi deciso di appoggiare Hezbollah, movimento sciita, e Hamas, movimento radicale sunnita, per far vedere che Teheran parla a nome di tutto il mondo islamico.
L’Iran non ama la strategia di Petraeus in Afghanistan, perché prevede il coinvolgimento dei Talebani, gruppo storicamente ostile all’Iran. La nascita di un governo legato ai Talebani in Afghanistan aumenterebbe ulteriormente le preoccupazioni di Teheran.
Il governo iraniano crede di aver già fatto abbastanza per gli Stati Uniti, avendo offerto loro aiuto sia contro i Talebani che contro Saddam Hussein. Nel 2001 Teheran offrì agli Stati Uniti la possibilità di servirsi del suolo iraniano per gli atterraggi e la cooperazione della fazioni pro-iraniane dell’Afghanistan. Nel 2003 utilizzò la sua influenza per far sì che le fazioni sciite dell’Iraq rimanessero relativamente passive di fronte all’invasione.
L’Iran quindi crede di essere stato tradito, in quanto gli viene negato il diritto di esercitare una certa influenza in entrambi i paesi nonostante il “prezioso” aiuto offerto.
Quindi, a parte il video, per gli Iraniani la posizione di Obama non è poi così diversa da quella di George Bush e quindi l’Iran difficilmente cambierà atteggiamento nei confronti degli Stati Uniti. Nell’amministrazione statunitense molti sperano che le difficili condizioni economiche in cui versa il paese possano influenzare le prossime elezioni e portare al potere qualcuno interessato a risolvere la crisi sacrificando almeno parzialmente gli interessi geopolitici del paese. Ma questo è impossibile: nessun candidato intenzionato a ridimensionare il ruolo della Repubblica Islamica a favore del vicino Iraq potrebbe mai vincere le elezioni.
Questo non significa che gli Iraniani non siano realmente disposti a trattare, ma prima devono avere qualcosa di molto concreto sul tavolo: per ora non sappiamo ancora cosa Obama sia realmente disposto ad offrire alla Repubblica Islamica in cambio di una sua collaborazione.
Né sappiamo quali possano essere le successive mire politiche del regime iraniano, se si raggiungesse un accordo che garantisce all’Iran di esercitare influenza sull’Iraq e sull’Afghanistan.
Lascia un commento
Vuoi partecipare attivamente alla crescita del sito commentando gli articoli e interagendo con gli utenti e con gli autori?
Non devi fare altro che accedere e lasciare il tuo segno.
Ti aspettiamo!
Accedi
Non sei ancora registrato?
Registrati