La Corea del Sud durante il G-20 cercherà in ogni modo di difendere i meriti del libero mercato e di contrastare le iniziative protezioniste. L’economia del paese infatti dipende in larga parte dalle esportazioni. Prima della crisi del 1997 l’export rappresentava il 23% del PIL.
Nel 1998, poco dopo la crisi, ha raggiunto il 38% del PIL, ma da allora ha continuato a crescere raggiungendo una percentuale superiore al 50% nel 2008 – contro il 32,3% della Cina e il 15% del Giappone.
La Corea del Sud ha puntato molto sugli accordi di libero scambio e teme il protezionismo.
Seoul
vorrebbe diventare un grande centro finanziario e commerciale a livello internazionale – o almeno regionale.
All’inizio degli anni ’90 il presidente Kim Dae Jung aveva proposto di collegare la Corea all’Europa attraverso una ferrovia che avrebbe dovuto attraversare la Corea del Nord, la Cina e la Russia. L’ex presidente Roh Moo Hyun voleva fare della Corea il centro bancario dell’Asia, mentre l’attuale presidente Lee Myung Bak intende trasformare la Corea in un valido mediatore per le questioni politiche e commerciali della regione.
La Corea del Sud storicamente è stata schiacciata prima fra la Cina e il Giappone, poi fra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica (durante la Guerra Fredda). Ora Seoul intende svincolarsi da tali situazioni e imporsi come attore regionale di prim’ordine.
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