Il 2 aprile 2009 il primo ministro indiano Manmohan Singh e il presidente Barack Obama si incontreranno privatamente in occasione del summit del G-20. I due paesi infatti devono discutere della loro partnership strategica, anche se gli Indiani non sono completamente d’accordo con i piani statunitensi per il Sudest Asiatico.
Singh, economista esperto, durante il G-20 farà di tutto per frenare l’avanzata del protezionismo, specialmente ora che i paesi di tutto il mondo stanno rimodellando le loro economie per contrastare la crisi. L’India non ama la proposta statunitense di porre un freno ai lavoratori stranieri attraverso una limitazione ai visti, perché colpirebbe duramente le industrie informatiche che si servono di manodopera indiana. In tempi di crisi è normale che le economie cerchino di limitare l’afflusso di lavoratori stranieri per rilanciare l’occupazione interna. L’India stessa all’inizio della crisi l’India ha introdotto nuove tasse sul ferro, sull’acciaio e sull’olio di soia.
Gli Stati Uniti e l’India collaborano per contrastare la militanza islamista che, dopo aver infestato l’Afghanistan, si è espansa in Pakistan e ora minaccia il subcontinente indiano. Nuova Delhi è particolarmente preoccupata perché i gruppi terroristi tradizionali del Kashmir come Lashkar-e-Taiba o Jaish-e-Mohammed, prima controllati dai servizi segreti del Pakistan, si sono allontanati dai loro vecchi “comandanti” e hanno stretto alleanze con i Talebani e con le milizie di al Qaeda, con l’intento di lanciare attacchi su larga scala – probabilmente - contro il rivale storico, l’India.
L’India non vede di buon occhio la strategia di Obama per l’Afghanistan. Il Presidente americano ha infatti deciso di fornire al Pakistan ogni anno 2,8 milioni di dollari in equipaggiamenti militari e altri 1,5 milioni di dollari per lo sviluppo infrastrutture di altro tipo, per un totale di cinque anni. Nuova Delhi teme che il denaro, invece di essere impiegato nella ricostruzione e nell’educazione, finisca nelle tasche dei generali o venga utilizzato per costruire nuove madrasse.
Inoltre gli Indiani non sono favorevoli alla strategia statunitense del coinvolgimento dei “Talebani moderati”, dato che un eventuale ritorno di un regime fondamentalista a Kabul rappresenterebbe inevitabilmente una minaccia per la sicurezza nazionale dell’India – per questa ragione in passato avevano aiutato l’Alleanza del Nord, dominata dai Tagiki e nemica dei Talebani.
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