7 aprile 2009
Il 6 aprile altre due navi sono state dirottate dai pirati somali portando così il numero delle imbarcazioni sequestrate a cinque nell’arco di 48 ore. Ora 17 imbarcazioni e 250 marinai sono tenuti in ostaggio dai pirati della Somalia, nonostante le incessanti operazioni di sicurezza marittima del contingente multinazionale intorno alla costa somala, autorizzate delle Nazioni Unite. I continui attacchi dei pirati sotto il naso degli operatori di sicurezza evidenziano alcuni punti. Primo, le operazioni autorizzate dalle Nazioni Unite si limitano a garantire la sicurezza in mare. Non si concentrano – nessuno sembra particolarmente ansioso a farlo – nel blocco dei porti sicuri dai quali operano i pirati, in particolare quelli nella regione del Puntland e sulla costa nord-orientale somala. Grazie a questi rifugi indisturbati i pirati posso continuare a reclutare, riposarsi e rifornirsi.
Il governo somalo rimane debole e sotto attacco dai gruppi miliari al-Shabaab e dagli islamisti radicali. Il governo somalo è guidato da un moderato, il presidente Sheikh Sharif Ahmed, ma non è ancora in grado di proteggere e di governare efficacemente il paese.
Il 4 aprile un mercantile tedesco è stato catturato tra il Kenya e l’arcipelago delle Seychelles a circa 400 miglia dalla costa somala, lontano dalla zona di pattugliamento della flotta multinazionale di sicurezza.
Mentre le 17 imbarcazioni rappresentano una piccolissima percentuale dei traffici navali che transitano nell’area, la preoccupazione aumenta per il possibile impatto che gli attacchi dei pirati possono avere sugli scambi commerciali della regione, provocando incremento dei costi assicurativi e allungando i tempi di viaggio. A meno che i sistemi per garantire la sicurezza cambino, lo sforzo marittimo internazionale – anche se potenziato – non servirà che ad arginare un po’ il fenomeno.
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