Il 26 aprile 2009 una coalizione composta da socialdemocratici e verdi ha vinto le elezioni islandesi e il neo primo ministro, Johanna Sigurdadottir, ha dichiarato che il futuro governo si batterà per l’ingresso dell’Islanda nell’Unione Europea. È molto probabile che la domanda di ammissione venga accettata, dato che il paese in linea di massima vanta una certa stabilità – ad eccezione dei recenti tumulti causati dalla crisi finanziaria.
Il governo precedente si è dimesso nel gennaio del 2009 poiché pressato dalla popolazione, che nei mesi scorsi ha organizzato numerose manifestazioni contro l’operato del governo.
L’economia islandese in passato si basava sull’industria del pesce,
ma nell’ultimo decennio il settore finanziario si è espanso a macchia d’olio diventando la prima risorsa economica del paese.
Con il crollo finanziario del settembre 2008 però le banche islandesi si sono ritrovate con un debito fra i 50 e i 60 miliardi di dollari, più di sette volte il PIL del 2007. Il governo islandese ha nazionalizzato le banche e si è rivolto poi al fondo monetario internazionale ottenendo un prestito di 10 miliardi di dollari - che hanno salvato il paese dal collasso economico.
In passato la popolazione islandese si è opposta all’ingresso nell’Unione. Ma vista la difficile situazione in cui versa il paese, l’opinione pubblica è rapidamente mutata:
entrando nell’UE e adottando l’Euro Reykjavik avrebbe benefici economici e stabilità monetaria.
L’Unione Europea dal canto suo vede di buon occhio l’ingresso dell’Islanda nell’Europa, che permetterà a Bruxelles di estendere il controllo fino all’Atlantico settentrionale.
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