Il 29 aprile 2009 un tribunale appoggiato dall’ONU ha ordinato il rilascio per mancanza di prove di quattro generali libanesi accusati di essere implicati nell’assassinio dell’ex primo ministro Rafik al-Hariri nel 2005. Per ora non vi sono altri nomi nella lista dei sospettati e le indagini sono arrivate a un punto morto. Dietro a questa decisione, raggiunta su pressione degli ambasciatori francesi e statunitensi, si nasconde però un disegno molto ampio.
L’ex primo ministro libanese al-Hariri fu assassinato nel 2005 perché colpevole di voler portare il Libano fuori dalla sfera di influenza siriana. Dopo l’omicidio la Siria – sicuramente implicata nell’omicidio - venne obbligata dalla comunità internazionale a ritirare le truppe dal paese confinante, ma continuò comunque a esercitare la propria influenza su Beirut. Attraverso il controllo del Libano Damasco potrebbe infatti spingersi fino al Mar Mediterraneo e mettere le mani su importanti rotte commerciali.
Ora che il tribunale è paralizzato la Siria si sente al sicuro e può tranquillamente dedicare la propria attenzione alle elezioni libanesi del prossimo giugno per cercare di stringere la presa su Beirut.
Gli Stati Uniti e la Francia in cambio del servizio reso si aspettano che la Siria collabori su questioni importanti, attraverso una maggiore cooperazione nei negoziati di pace con Israele e l’interruzione delle relazioni con l’Iran, Hezbollah ed Hamas. Damasco ha recentemente ha lanciato un primo segnale facendo arrestare un terrorista di Hezbollah in Turchia, colpevole di aver organizzato un attentato contro l’esercito libanese nella valle di Bekaa. Questo non significa però che la Siria abbia intenzione di recidere i legami con il gruppo terroristico, dato che in passato aveva già consegnato membri di Hezbollah alle autorità libanesi per il proprio tornaconto.
Sicuramente gli Stati Uniti e la Francia si aspettano maggiore collaborazione e paiono pronti a consegnare il Libano ai Siriani, pur di raggiungere una certa stabilità nella regione.
Davide Meinero
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