Il modo in cui gli uomini vivono all’interno delle loro comunità dipende in misura preponderante dal modo in cui svolgono il lavoro quotidiano: legati alla terra e alle stagioni o rinserrati nelle viscere della terra a scavar carbone, al servizio dell’organizzazione della catena di montaggio in un grande capannone o intenti a forgiare singoli oggetti in un laboratorio artigiano, chiusi in una stanza a risolvere qualche tipo di problema teorico o ad accudir malati, bimbi e vecchi… La differenza nelle condizioni di lavoro influenza il modo in cui ognuno percepisce il proprio ruolo e i propri bisogni, le modalità con cui si costruiscono giorno per giorno legami di solidarietà o di rivalità con gli altri. Quando avvertiamo in modo netto la possibilità o la necessità di migliorare la nostra vita cambiando il nostro modo di lavorare e quello delle persone che ci sono vicine, imprimiamo un impulso alla politica della comunità in cui viviamo, che prima o poi cambia la politica dello stato, se le condizioni che spingono al cambiamento permangono.
Le condizioni di lavoro e di vita possono rimaner relativamente stabili per più generazioni, ma in altri periodi della storia si aprono squarci inaspettati di conoscenza e di inventiva che portano a una cascata di innovazioni tecnologiche, che a loro volta cambiano il modo di procurarsi o produrre ricchezza, cambiano il modo di lavorare, cambiano le società. Si aprono così periodi di incertezza e di necessità di cambiamenti, periodi di instabilità sociale e politica. Oggi stiamo vivendo uno di tali periodi.