18 maggio 2009
Il Partito del Congresso è nuovamente uscito vincitore alle elezioni dello scorso aprile.
L’Alleanza Progressista Unita guidata dal Partito del Congresso ha ottenuto 220 seggi, l’Alleanza Democratica Unita guidata dal Bahratiya Janata Party ne ha presi 142 e infine il Terzo Fronte composto dai partiti di sinistra e dai piccoli partiti regionali ha ottenuto 59 seggi.
L’elettorato dell’Alleanza Progressista Unita è principalmente composto dai ceti meno abbienti, che hanno premiato il partito al potere soprattutto per i progetti di sviluppo locale – come una migliore distribuzione del cibo e la costruzione di un sistema fognario. Il partito vincitore però non ha la maggioranza assoluta e sarà quindi costretto a cercare l’appoggio dei membri del Terzo Fronte per formare una coalizione di governo.
Avendo migliorato la sua posizione rispetto al 2004, il Congresso avrà più spazio di manovra in politica estera e in campo economico – è probabile che il futuro premier, Mammohan Singh, prosegua nella creazione di zone economiche speciali e consolidi i rapporti con gli Stati Uniti.
Ma a causa della crisi e della decentralizzazione del sistema politico difficilmente Singh – economista esperto – riuscirà a tagliare i sussidi ed a varare riforme liberali abbastanza importanti per attrarre gli investimenti stranieri.
In politica estera Nuova Delhi dovrà cercare di contenere le possibilità di disordini al confine settentrionale con il Nepal - dove continuano ad operare i ribelli maoisti - e concentrare l’attenzione sul confine occidentale – ovvero sul Pakistan. Negli ultimi anni Islamabad ha quasi perso il controllo sulle cellule militanti interne e
l’India teme che i terroristi possano organizzare un nuovo attacco su suolo indiano da un momento all’altro.
Il governo indiano non reagì dopo l’attentato di Mumbai nel novembre 2008 perché ritenne che una rappresaglia avrebbe potuto provocare la destabilizzazione dell’intera regione – proprio ciò che desiderano i jihadisti. Nuova Delhi guarda con attenzione le manovre statunitensi in Pakistan, per capire come evolverà la situazione. Washington dal canto suo si trova in difficoltà: l’amicizia fra Stati Uniti e India preoccupa la leadership pakistana.
Islamabad teme che Washington abbandoni il Pakistan appena risolti i problemi con i jihadisti e quindi non ha intenzione di lanciarsi in una guerra a tutto campo contro i ribelli islamici. È probabile che Washington faccia alcuni passi indietro, surgelando momentaneamente alcune iniziative comuni con l’ India per guadagnarsi la fiducia del Pakistan.
La minaccia jihadista potrebbe temporaneamente incrinare i rapporti fra Nuova Delhi e Washington, ma è difficile che i due paesi rinuncino alla collaborazione strategica che è ormai consolidata da alcuni anni e che risponde a comuni interessi di fondo.
Fonte: Strategic Forecast, curato da Davide Meinero
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