Fino al 2015 gli analisti e gli strateghi erano tutti d’accordo: una potenza dotata di buone capacità di ricognizione dall’alto e di capacità di colpire bersagli lontani con missili di alta precisione non sarebbe mai stata attaccata e sconfitta, perché avrebbe potuto colpire rapidamente e con precisione tutti gli arsenali nemici. Tale potenza avrebbe potuto imporre le proprie regole alla comunità delle nazioni, perché sostanzialmente invincibile. Questa è stata la base militare su cui è stato costruito e gestito il lungo periodo di ‘pax americana’, 70 anni senza scontri fra grandi potenze, ma soltanto scontri regionali d’impatto limitato, che non hanno mai portato serio danno né all’economia globale né alla vita delle popolazioni al di fuori delle regioni direttamente coinvolte, che avevano incautamente dato inizio alla guerra. Questo continua ad essere vero, ma ad avere queste capacità ora non è più soltanto una potenza (gli USA), neppure due come nella seconda fase della guerra fredda (Unione Sovietica e Russia), ma sono – o molto presto saranno – altri paesi, fra cui certamente la Cina e molto probabilmente l’Iran, mentre India e Giappone stanno seriamente preparandosi ad affrontare la sfida. Per la prima volta nella storia gli USA corrono il rischio essere colpiti sul proprio territorio da possibili nemici capaci di distruggere i suoi arsenali e la sua popolazione. Questo sta cambiando a fondo i giochi internazionali. Ora gli USA (ed i loro più o meno riluttanti alleati) mirano a indebolire economicamente e tecnologicamente Cina e Iran per ritardare il momento in cui raggiungeranno in pieno l’obbiettivo di avere la stessa capacità di ricognizione e di precisione degli USA, mentre cercano di sviluppare nuove tecnologie che diano loro la capacità di distruggere dallo spazio i sistemi (satellitari) di ricognizione degli avversari.
La guerra del futuro si deciderà dallo spazio e sarà tutta questione di tecnologia, ma sarà, come ogni altra forma di guerra, distruttiva e assassina.