Il prof. Jerry Z. Muller, storico, sostiene che il nazionalismo, lungi dall'aver esaurito la sua funzione, si sta diffondendo in tutto il pianeta e sta creando e disfacendo stati, anche se due guerre mondiali hanno convinto noi occidentali a liberarcene, a superarlo. Per approfondire:
http://www.fondazionecdf.it/site/index.php?page=main&name=sez&cat=8&catele=22&sez=184&elenco=1
L’articolo seguente, del giornalista palestinese Khaled Abu Toameh, apparso sul Jerusalem Post del 20 luglio 2009, è un invito a riflettere su come stanno cambiando in Medio Oriente anche i sentimenti panarabi e il nazionalismo religioso islamico.
AMMAN REVOCA LA CITTADINANZA AI PALESTINESI
di Khaled Abu Toameh
Le autorità giordane hanno iniziato a revocare la cittadinanza a migliaia di Palestinesi che vivono in Giordania per evitare che si trattengano in via definitiva nel regno. Questa misura ha creato un aumento della tensione fra Giordani e Palestinesi – questi ultimi sono quasi il 70% della popolazione del regno.
Lo scorso week-end la tensione ha raggiunto il suo apice: decine di migliaia di tifosi della squadra di calcio Al-Faisali hanno intonato slogan contro i Palestinesi accusandoli di essere “traditori” e “collaboratori di Israele.” (sic!) L’Al Faisali stava giocando contro il Widhat – in cui giocano Palestinesi giordani - nella città di Zarqa.
Per evitare che i tifosi linciassero i giocatori del Widhat sono dovuti intervenire i poliziotti antisommossa. Alcuni testimoni hanno affermato che i tifosi dell’Al-Faisali hanno scagliato bottiglie e petardi contro i giocatori palestinesi e contro la tifoseria avversaria.
[…]
Il principe Ali Bin Hussein, presidente dell’Associazione Nazionale di Calcio Giordana, ha duramente condannato gli atti razzisti ribadendo che i colpevoli saranno puniti severamente.
Anche Baker al-Udwan, direttore di Al-Faisali, ha condannato il comportamento dei tifosi, dicendo che questi atti di razzismo sono stati provocati da una minoranza di “reietti” e “delinquenti”.
Egli ha inoltre aggiunto: “Non possiamo che condannare questi comportamenti incivili: faremo qualsiasi cosa pur di eliminare questi parassiti.”
Tarek Khoury, presidente del Widhat, ha invitato i giocatori ad abbandonare il campo appena i tifosi giordani hanno iniziato a intonare gli slogan razzisti.
I Palestinesi dicono che il recente episodio è soltanto l’ultimo di una lunga serie.
Ismail Jaber, avvocato palestinese vissuto in Giordania per oltre vent’anni, dichiara: “Molti Palestinesi che vivono in Giordania sono convinti che le autorità giordane vogliano cacciarli fuori. Per questo sono sempre più sconcertati.”
Secondo Jaber l’ostilità dei Giordani nei confronti dei Palestinesi è aumentata dopo la vittoria di Benjamin Netanyahu alle scorse elezioni. Secondo alcuni funzionari governativi giordani Netanyahu e il ministro degli esteri Avigdor Lieberman vorrebbero trasformare la Giordania in uno stato palestinese. Per evitare che questo accada le autorità giordane hanno recentemente revocato la cittadinanza a migliaia di Palestinesi, alimentando così il panico e la preoccupazione. I Giordani hanno affermato le nuove misure servono a facilitare il ritorno dei Palestinesi nelle proprie case, in Israele.
Sin dal 1988, quando Hussein recise i legami con la Cisgiordania, i Giordani hanno cercato di prendere le distanze dai Palestinesi dicendo di voler mantenere l’identità nazionale. […] Il Ministro degli Interni giordano Nayef al-Kadi ha dichiarato: “Con questa mossa noi vogliamo impedire che Israele mandi via gli abitanti originali della Cisgiordania” confermando così la decisione di revocare la cittadinanza. “Ci dovrebbero ringraziare per questa decisione, perché stiamo solo facendo il nostro dovere, dato che Israele vuole espellere i Palestinesi dalla loro terra natale.”
Kadi ha comunque ricordato che “i Palestinesi potranno comunque mantenere la residenza nel regno, e che sarà consegnata una carta d’identità gialla a coloro che hanno una casa e una famiglia in Cisgiordania.” Fra i Palestinesi cui è stato revocato il passaporto vi sono anche membri dell’OLP e funzionari dell’Autorità Palestinese – oltre a coloro che non hanno fatto il servizio militare. Il Ministero giordano ha messo al corrente la leadership palestinese di questa decisione.
Un funzionario di Ramallah ha espresso profonda preoccupazione per la decisione del governo giordano, aggiungendo che “non farà altro che peggiorare ulteriormente le condizioni dei Palestinesi che vivono in Giordania.” Il presidente Mahmoud Abbas ha sollevato la questione di fronte al re Abdullah II in più occasioni, ma i Giordani non sono disposti a trattare.
Alla domanda del quotidiano londinese Al-Hayat “dove dovrebbero andare i Palestinesi che perdono il passaporto giordano?” il ministro ha replicato: “nessuno verrà espulso e cittadini di nazionalità giordana non hanno nulla di cui preoccuparsi.” Secondo Kadi “ i Giordani stanno solo ovviando ai problemi nati dopo il disimpegno dalla Cisgiordania del 1988 e non vogliono fare altro che ribadire l’identità e la nazionalità di ogni singolo cittadino”.
Il ministro ha poi aggiunto che la Giordania sta cercando di sventare il “piano” di Israele - che vorrebbe trasferire il maggior numero di Palestinesi in Giordania - e di favorire la nascita di uno stato palestinese.
“Insisto, la Giordania non è la Palestina, e la Palestina non è la Giordania. Continueremo ad aiutare i Palestinesi a mantenere la propria identità implementando il piano di disimpegno dalla Cisgiordania avviato nel 1988.”
Anche altri stati arabi in questo periodo stanno assumendo simile atteggiamento verso i Palestinesi.
Il 21 luglio 2009 la Slovacchia ha accolto temporaneamente 98 rifugiati palestinesi che fino a quel momento avevano vissuto in accampamenti di fortuna in Iraq - lungo il confine siriano - a partire dal 2003. I profughi resteranno in Slovacchia per sei mesi prima di essere trasferiti in maniera definitiva altrove. Al momento vi sono più di 2.700 Palestinesi che vivono nei campi-profughi di Al Walid, Al Tanf e Al Hol, in Iraq.
I profughi non sono però ben accetti qui, perché vi sono già troppe tensioni interetniche all’interno, né tantomeno in Siria, governata da una minoranza alauita.
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