Ripercorrere la storia della Resistenza Iraniana dagli anni ’90 a oggi è una lezione sul cinismo delle diplomazie.
Ma i più accaniti oppositori del regime teocratico iraniano negli anni ’80 e ’90 erano i membri del MEK: i mujahedin del popolo, comunisti, duri. Ma le situazioni evolvono, il comunismo crolla, e anche i Mujahedin modificano i propri atteggiamenti. Già nel 1981 il MEK aveva aderito al Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana (CNRI), che raccoglie la resistenza iraniana in esilio di qualunque colore politico. Il CNRI ha gli uffici centrali a Parigi ed ha come presidente una donna, Maryam Rajavi (http://www.ncr-iran.org/it/presidente-eletto-mainmenu-26).
Nel 1997 l’amministrazione Clinton, che come ogni altra amministrazione USA manteneva canali di comunicazione aperti con il regime di Teheran nella speranza di normalizzare i rapporti, accettò di inserire il MEK nell’elenco delle organizzazioni terroristiche, giustificando così a livello internazionale la feroce repressione interna degli ayatollah. Saddam in Iraq nel 1989 aveva invece offerto accoglienza ai militanti del MEK, dotandoli di armi e campi di addestramento. Il maggior centro di profughi e combattenti del MEK in Iraq era Camp Ashraf, a circa 80 chilometri dalla frontiera iraniana, dove si raccolsero circa 3400 persone, di cui circa 1000 erano donne. Camp Ashraf divenne nel tempo una vera e propria cittadina con fontane in mezzo al deserto, scuole, ospedali.
Nel 2004 gli USA, che occupavano l’Iraq dopo la guerra a Saddam Hussein, convinsero i residenti di Ashraf a cedere le armi in cambio della protezione degli USA. Negli anni successivi l’Europa cancellò il MEK dal proprio elenco di organizzazioni terroristiche, l’ONU riconobbe ai residenti di Camp Ashraf la qualifica di rifugiati politici, ma gli USA, pur mantenendo rapporti di collaborazione con gli abitanti di Camp Ashraf, formalmente non rimossero il MEK dall’elenco delle organizzazioni terroristiche. Perché? Farlo sarebbe un atto ostile nei confronti dell’Iran, e gli USA cercano da anni di trovare accordi con l’Iran per potersene andare dall’Iraq e dall’Afghanistan con la ragionevole speranza che l’Iran si accontenterà di avere buoni rapporti con i governi locali, senza costruire con loro alleanze militari e politiche contro gli USA e contro i paesi vicini.
Con la partenza degli Americani dall’Iraq i residenti di Campo Ashraf sono rimasti in balia del governo iracheno, che cerca di eliminarli per compiacere l’Iran e per togliersi un ‘fastidio’. La polizia irachena è entrata a più riprese nel campo con le armi e persino con carri armati, facendo morti e feriti (quattro feriti gravi sono arrivati l’anno scorso in Italia per essere curati). Camp Ashraf deve essere chiuso, così vuole il governo iracheno.
Gli USA non hanno ancora tolto il MEK dall’elenco delle organizzazioni terroristiche, pur dicendosi pronti ad accogliere una parte dei residenti di Camp Ashraf a casa propria. Molti politici americani stanno aiutando il CNRI a ottenere la cancellazione del MEK dalla lista delle organizzazioni terroristiche. Recentemente alcuni politici in dissenso con l’attuale amministrazione hanno denunciato alla magistratura il Dipartimento di Stato per aver dichiarato i membri del MEK terroristi senza rispettare le procedure, senza ascoltare la difesa del MEK. Questa denuncia ha mosso all’ira Hillary Clinton, e ora il Dipartimento di Stato americano sta più o meno velatamente minacciando il MEK ed i politici che li sostengono in USA (per lo più repubblicani conservatori, fra cui Rudolph Giuliani o Alan Dershowitz).
Nel frattempo la diplomazia internazionale ha trovato una soluzione per i residenti di Camp Ashraf: andranno a gruppetti in vari paesi che si dicono disposti a dar loro asilo – l’Italia si è detta disposta ad accoglierne 40. Occorre ora che i residenti del campo vengano schedati e intervistati e che si incontrino con i rappresentanti dei paesi che li ospiteranno e che forniranno loro i documenti. L’Iraq, su pressione dell’Iran, non permette che questo avvenga ad Ashraf. Dopo lunghe trattative è stata accettata la proposta degli USA di trasferire i residenti di Ashraf a Camp Liberty, il campo perfettamente attrezzato che ospitava le truppe americane fino al momento del loro ritiro, molto ampio, non lontano dall’aeroporto di Damasco. Ma il governo iracheno ha creato all’interno del terreno di Camp Liberty un recinto di piccole dimensioni, cintato e sorvegliato, senza acqua e senza luce, una specie di prigione di massima sicurezza, e vuole che i residenti di Ashraf lì stiano, non nelle strutture americane di Camp Liberty. Ne sono nate lunghe discussioni e incidenti diplomatici internazionali. Ciò nonostante i primi 400 residenti si sono trasferiti da Ashraf a Liberty, dopo aver ottenuto una scorta internazionale, perché non si fidavano degli Iracheni.
Il governo iraniano si oppone al trasferimento dei residenti di Ashraf in altri paesi, temendo che si alleino con forze locali per destabilizzare il regime iraniano.
Si calcola che circa 40 000 membri della resistenza iraniana in incognito vivano in Iran, e forniscano informazioni dettagliate anche sul programma nucleare iraniano.
A cura di Laura Camis de Fonseca
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