Oggi il prezzo del petrolio al barile (indice Brent) si aggira sui 60 dollari circa, e potrebbe ancora scendere. Le cause del crollo del prezzo sono varie (leggi qui), eppure soltanto un anno fa nessuno prevedeva questo andamento.
Come si vede nel grafico a lato, quasi tutti i paesi che sono grandi esportatori di petrolio avevano previsto di poter pareggiare il bilancio dello stato basandosi su prezzi molto superiori – in particolare l’Iran e il Venezuela, ma anche l’Iraq e la Russia. Ora saranno costretti a cambiare la politica fiscale, tagliando la spesa e alzando le tasse, o intaccando le riserve.
Alcuni paesi come il Venezuela hanno già quasi esaurito le riserve di valuta, a causa di politiche dissennate, e ora rischiano la bancarotta. I tagli ai sussidi e alla spesa faranno aumentare ulteriormente l’instabilità: le manifestazioni di protesta sono sempre più frequenti.
Altri paesi, come la Russia, possono sopravvivere per alcuni anni usando le riserve, ma non potranno fare a meno di ridurre la spesa pubblica nel lungo periodo. Se a questo aggiungiamo i problemi legati alla crisi ucraina e all’impoverimento dovuto alle sanzioni, anche Mosca quest’anno dovrà fare i conti con la dura realtà…
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