Da un articolo di Jay Ogilvy per Stratfor.
Oggi le mappe che rappresentano le nazioni come spazi delimitati da confini politici, costeggiati da catene montuose o separati da oceani, sono meno significative delle mappe dei flussi informativi. È la stessa differenza che c’è nella rappresentazione di organismi unicellulari o pluricellulari: la rappresentazione tramite lo spazio considera la popolazione in isolamento, mentre la rappresentazione dei flussi concentra l’attenzione sulle relazioni tra città e nazioni – rappresenta le "arterie", le "vene" e i "nervi" che le collegano. I nodi segnati sulla carta geografica tradizionale definiscono le dimensioni e le posizioni delle diverse città, ne descrivono le caratteristiche intrinseche. Invece i nodi della mappa dei flussi sono determinati e descritti come quantità di relazioni fra le persone.
Nel suo monumentale lavoro in tre volumi, L’età dell'informazione, Manuel Castells ha analizzato il concetto di "società in rete" (che è anche il titolo del primo volume) e di ‘’stato in rete". Così come Philip Bobbitt vede "lo stato di mercato" come il successore dello "stato-nazione", Castells, che si avvicina alla storia contemporanea da una prospettiva diversa, pensa che lo stato in rete sarà il successore dello stato-nazione. Entrambi però focalizzano l’attenzione sui collegamenti, sui tessuti connettivi, che descrivono le entità collegate meglio della loro politica sovrana. Le relazioni danno forma ai nodi più di quanto i nodi diano forma alle relazioni, generando una nuova realtà "multicellulare". La geografia politica tradizionale non è da considerarsi sbagliata − gli stati cosi come li conosciamo non scompariranno − ma i rapporti tra le popolazioni hanno creato una nuova realtà emergente che richiede un nuovo tipo di mappatura − e un nuovo tipo di governo.
Quando e come è emerso questo nuovo mondo? In primo luogo, l’innovazione tecnologica ha consentito in pochi anni un incremento esponenziale in termini di connettività. Il declino e la caduta dell'Unione Sovietica nel 1980-90 e il crollo dell'economia globale nel 2008 hanno messo in crisi sia il capitalismo industriale sia lo statalismo. Inoltre i movimenti sociali e culturali della fine del 1960-70 − tra cui il femminismo, l'ambientalismo, i diritti civili e l'uguaglianza etnica − hanno sfidato le gerarchie patriarcali.
Com’è la società in rete? Non c’è più la scala che distingue tra classe superiore, media o inferiore, sostituita dalla differenza digitale binaria tra l’essere dentro o fuori della rete. Per usare un’espressione degli anni ’60, “o sei sull’autobus o non ci sei: non ci sono vie di mezzo”. L’esclusione dalla rete abbandona alcune persone "a una spirale verso il basso, dentro un buco nero". Nella nuova mappa globale questi buchi neri non sono delineati dai confini geografici, ma attraversano molti paesi in via di sviluppo, o sono concentrati in zone decadenti e periferiche delle città dei paesi ricchi. Castells etichetta questi buchi neri come un unico ambiente: "il quarto mondo".
Anche le dinamiche di potere all'interno della società in rete sono diverse da quelle dello stato-nazione. In una delle contrapposizioni utilizzate per contrastare il vecchio e il nuovo mondo, Castells dice che il potere dei flussi ora trionfa sui flussi tradizionali di potere. “Le battaglie culturali sono le battaglie di potere dell'era dell'informazione. Sono combattute principalmente nei e dai media, ma i media non sono i detentori del potere. Il potere, inteso come la capacità di imporre un comportamento e di manipolare i simboli, è nella struttura stessa delle reti di scambio delle informazioni che mettono in contatto fra di loro gli attori sociali, le istituzioni e i movimenti culturali, i portavoce e gli amplificatori intellettuali e culturali. A lungo termine, in realtà non importa chi è al potere ... "
[…] "la distribuzione dei ruoli politici diventa diffusa e a rotazione. Non ci sono più élite stabilmente al potere. Ci sono però le élite del potere…. élite formatesi durante una solitamente breve permanenza al potere, che approfittano della loro posizione privilegiata per ottenere un accesso più duraturo alle risorse materiali e alle connessioni sociali. La cultura come fonte di potere, e il potere come fonte di capitale, ecco la base della nuova gerarchia sociale nell'era dell'informazione ".
Chi è Manuel Castells? Nato in Spagna e trasferitosi a studiare a Nanterre nei turbolenti e ideologici anni ‘60, Castells si stancò presto del vuoto filosofare dei colleghi francesi marxisti e decostruzionisti. Andò a Berkeley, poi all'Istituto Annenberg per le Comunicazioni della University of Southern California, per perseguire una ricerca più empirica. I suoi volumi sono pieni di dati, di dettagli e di prove a sostegno delle sue affermazioni.
Nelle ultime pagine del suo terzo volume, Fine del Millennio, Castells utilizza in modo paradossale le famose 11 tesi di Marx su Feuerbach. Marx scriveva: "prima d'ora i filosofi hanno solo interpretato il mondo; ora è il momento di cambiarlo." Castells scrive: "nel XX secolo i filosofi hanno cercato di cambiare il mondo; nel XXI secolo è il momento di interpretarlo in modo diverso". Di qui la necessità di ridisegnare la mappa in modo da permettere agli individui di tracciare i propri percorsi e capire il mondo da soli.
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