ONU e diritti umani
qualcosa non funziona

25/09/2009

Il 22 settembre 2009 nella storica sede del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra, oltre cinquanta intellettuali, oppositori ed ex prigionieri del regime iraniano, hanno testimoniato e chiesto all’Alto Commissario per i diritti umani, Navi Pillay, di lanciare un’inchiesta sui crimini degli ayatollah.   Ma le speranze che la richiesta non sia archiviata senza seguito sono pochissime. La stessa Navi Pillay e il Consiglio a cui i dissidenti si rivolgono sono più amici del regime iraniano che degli  oppositori. Del Consiglio fa parte Saeed Mortasavi, il pubblico ministero di Teheran che ha perseguitato scrittori e torturato intellettuali, che è coinvolto nell’assassinio di una fotografa canadese e che è noto come il “macellaio della stampa”. In passato è successo che la Libia divenisse il presidente di questo Consiglio o che l’Arabia Saudita, Cuba e lo Zimbabwe decidessero quali violazioni fossero da condannare.  Navi Pillay ha organizzato anche “Durban 2”, la sciagurata conferenza sul razzismo che lo scorso aprile a Ginevra ha fatto da cassa di risonanza al negazionismo di Ahmadinejad. In prima fila,  Pillay non si alzò per uscire in segno di protesta, come invece fecero gli ambasciatori europei. Sempre Pillay ha consentito che si approvasse la risoluzione numero 62/154. Titolo: “Combattere la diffamazione delle religioni”, che è il più micidiale strumento di soppressione della libertà di espressione .   I regimi tirannici alle Nazioni Unite hanno egemonizzato le nuove commissioni. L’Assemblea generale ha eletto il diplomatico libico Ali Treki a presidente della 64ma sessione. Treki è stato ministro degli Esteri libico tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, quando gli uomini appoggiati da Gheddafi facevano saltare in aria aerei, aeroporti, sinagoghe e discoteche. Tra i vicepresidenti di Treki c’è il rappresentante sudanese. Lo stesso che ha potuto tranquillamente dire che l’Onu non ha alcun diritto di criticare il suo paese solo perché amputa braccia o piedi oppure perché crocifigge e decapita i detenuti.    Un rapporto dell’istituto di ricerca Freedom House denuncia il sequestro del Consiglio dell’Onu per i diritti umani da parte dei regimi dittatoriali.  Il 51 per cento dei membri che siedono nel Consiglio sono “non liberi” o “parzialmente liberi”, dittature, satrapie, autocrazie, tutto tranne che democrazie.  Nella commissione che fa consulenza al commissario Pillay, su diciotto membri sei provengono da regimi più o meno dittatoriali.  

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