L'Iran, il nucleare
e la sfida all'Occidente

29/09/2009

29 settembre 2009   Il 21 settembre 2009 l’Iran ha inviato una lettera  all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) in cui ha rivelato l’esistenza di un secondo impianto per l’arricchimento dell’uranio, sito all’interno di una base militare nei pressi della città santa di Qom. Secondo recenti informazioni  la struttura dovrebbe contenere circa 3.000 centrifughe.   Occorre molto meno uranio arricchito per costruire una bomba atomica che per alimentare una centrale nucleare. Un impianto civile, come quello di Bushehr, utilizza ogni anno tonnellate di combustibile nucleare, ma bastano meno di cinquanta chili di uranio arricchito per costruire un ordigno esplosivo.  Gli impianti iraniani però producono uranio arricchito di  bassa qualità e questo spiega l’alto numero di centrifughe – normalmente ne occorrono molte meno per creare una manciata di ordigni atomici.   I servizi segreti di Francia e Stati Uniti hanno affermato di essere al corrente “da mesi” dell’esistenza di questo programma,  e che l’Iran ha dovuto dichiarare al mondo intero l’esistenza degli impianti di Qom per salvare la faccia. Si tratta di una affermazione sconcertante: se Washington e Parigi  fossero davvero venute a conoscenza dell’esistenza degli impianti solo “pochi mesi”fa, significherebbe che le rispettive intelligence non hanno funzionato a dovere, considerando che occorrono anni per costruire strutture simili.   Ed è proprio l’intelligence il principale problema per i vertici militari.  È possibile infatti lanciare una campagna militare contro i siti nucleari dell’Iran, ma perché un’operazione simile vada a segno è innanzitutto necessario avere informazioni precise e complete sui bersagli (ottenute grazie al lavoro di intelligence) e poi avere i mezzi adeguati per distruggere gli impianti –  soprattutto la capacità di raggiungere bersagli in profondità.   È quindi lecito domandarsi se esistano altri impianti nucleari segreti in Iran e, in caso affermativo, dove si trovino. La Repubblica Islamica è molto abile nel confondere le acque e non è neppure  semplice stabilire se gli impianti scoperti dall’alto siano veri, o dei falsi messi lì apposta per ingannare l’intelligence.   Teheran ha recentemente effettuato nuovi test missilistici – come ogni anno in questo periodo – per dimostrare all’Occidente di essere pronto ad un eventuale confronto. Gli ayatollah hanno pubblicizzato l’evento – che ha fatto il giro del pianeta – per mostrare al mondo intero di che pasta è fatta la Repubblica Islamica.   Al momento l’Iran è dotato di diversi modelli di missili: ·         una prima serie di missili balistici a corto raggio terra aria conosciuti come Tondar e Zelzal-2, la cui tecnologia non è particolarmente avanzata; ·         i missili a corto raggio Shahab-1 e Shahab-2, che riescono a raggiungere rispettivamente una distanza di 300 e 700 km – potrebbero quindi raggiungere le basi militari nel Golfo Persico e in Iraq; ·         i missili balistici a medio raggio Shahab-3, capaci di percorrere 1500 km – e di colpire quindi Israele e le basi militari americane nella regione; ·         i missili balistici a medio raggio Sajjil, probabilmente i più pericolosi fra quelli elencati, capaci di percorrere quasi 2000 km, ancora in via di sviluppo. Ora che si avvicinano i colloqui dei  5+1 –  in cui si deciderà la sorte dell’Iran – Teheran vuole dimostrare alla comunità internazionale ed al suo popolo di avere tutti i mezzi per difendersi e di non avere quindi paura di un conflitto armato.   A cura di Davide Meinero  

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