Trent'anni di dialogo

02/10/2009

di Michael Ledeen, apparso sul Wall Street Journal il 30 settembre 2009

 

Proprio ora che sono iniziati i colloqui fra l’amministrazione Obama e l’Iran, occorre fare una precisazione. L’opinione pubblica è convinta che le precedenti amministrazioni statunitensi si siano sempre rifiutate di dialogare con in leader iraniani. Ma questo non è vero. La verità invece, come ha ricordato bene il ministro della difesa Robert Gates lo scorso ottobre all’Università Nazionale della Difesa, è che tutte le amministrazioni statunitensi hanno cercato di dialogare con gli Iraniani dal ‘79 ad oggi, ma hanno miserevolmente fallito.

Dopo la caduta dello Shah nel febbraio 1979, l’amministrazione Carter tentò di stabilire un legame con il nuovo regime offrendogli armi e aiuto economico. Gli Iraniani risposero che gli Stati Uniti avrebbero dovuto onorare tutti i contratti per le forniture di armi stipulati ai tempi dello Shah, tacere sulla questione dei diritti umani e consegnare gli Iraniani “criminali” che erano scappati in America dopo la Rivoluzione. I colloqui terminarono quando a novembre venne presa d’assalto l’ambasciata statunitense a Teheran.

L’amministrazione Regan – desiderosa di accelerare i tempi per il rilascio degli ostaggi dell’ambasciata – cercò un modus vivendi con gli ayatollah durante la guerra Iran-Iraq negli anni ’80. A questo scopo gli Stati Uniti vendettero armi all’Iran e gli diedero informazioni di intelligence sulle forze irachene. Importanti funzionari statunitensi – come Robert McFarlane – si incontrarono segretamente con i rappresentanti del governo iraniano per discutere del futuro delle relazioni fra i due paesi. Questi contatti terminarono con lo scandalo Iran-Contra del 1986.

Successivamente l’amministrazione Clinton rimosse parte delle sanzioni imposte da Carter e Reagan. Gli Stati Uniti negli anni ’90 permisero per la prima volta agli Iraniani di entrare negli Stati Uniti, organizzarono eventi culturali sulla cultura iraniana e scongelarono i conti bancari iraniani. Il presidente Bill Clinton e il segretario di stato Madelanie Albright si scusarono pubblicamente per le colpe passate, incluso il colpo di stato contro il primo ministro Mohammed Mossadegh organizzato dai servizi segreti britannici e dalla CIA nel 1953. Ma tutti questi sforzi caddero nel vuoto quando nel 1999 il leader supremo Ali Khamenei dichiarò che gli Americani erano “nemici della Repubblica Islamica”.

Più di recente anche l’amministrazione di George W. Bush – dipinto come l’uomo che si è opposto in tutto e per tutto ad un dialogo con i mullah – ha intrapreso lunghi negoziati con l’Iran. Vi sono stati numerosi incontri pubblici e molti altri segreti fra le due amministrazioni.

La stampa americana ha parlato raramente di questi incontri, che sono ampiamente descritti nel documentario della BBC “L’Iran e l’Occidente”.  

Incoraggiati da Jack Straw, gli Stati Uniti hanno incontrato Ali Larijani, che svolgeva allora il ruolo di Segretario del Consiglio Nazionale di Sicurezza dell’Iran. Nel settembre del 2006 si sfiorò quasi l’accordo: il segretario di stato Condoleeza Rice e Nicholas Burn, suo stretto collaboratore per le questioni mediorientali, volarono a New York per aspettare una delegazione iraniana – 300 visti erano già stati emessi nel precedente fine settimana. Larijani avrebbe dovuto annunciare alla comunità internazionale l’interruzione del programma di arricchimento dell’uranio e in cambio avrebbe ottenuto la cancellazione delle sanzioni. Ma questa delegazione non arrivò mai. […]

Fino alla fine del 2006 le uniche sanzioni imposte all’Iran sono state quelle statunitensi – nonostante Clinton avesse a più riprese chiesto maggiore collaborazione alla comunità internazionale. Carter proibì le vendite di qualsiasi prodotto agli Iraniani, ad eccezione del cibo e dei farmaci. Reagan nell’ottobre del 1987 vietò l’importazione di tutti i prodotti iraniani. Clinton nel 1995 proibì agli Americani di investire nel settore petrolifero iraniano. […] Cinque anni dopo il segretario di stato Madeleine Albright allentò le sanzioni e permise l’acquisto e la vendita di tappeti e alcuni prodotti alimentari, come frutta secca, noci e caviale.

Nell’autunno del 2006 l’amministrazione Bush permise la vendita di pezzi di ricambio per aerei civili, ma nel 2008 vietò alle banche statunitensi di gestire transazioni che avevano a che vedere con l’Iran.

Per tutto questo tempo gli  alleati degli USA hanno continuato a invocare la necessità di dialogare. Ma nell’autunno del 2006 anche le Nazioni Unite hanno applicato nuove sanzioni all’Iran: a dicembre dello stesso anno il Consiglio di Sicurezza ha bloccato le importazioni e le esportazioni di materiale nucleare e chiesto  agli stati membri di congelare i beni di chiunque fosse coinvolto nel programma nucleare iraniano.

Nel 2007 il Consiglio di Sicurezza proibì le esportazioni di armi dall’Iran, congelò i beni iraniani e impose limitazioni ai viaggi di coloro che collaboravano al programma nucleare della Repubblica Islamica. L’anno dopo le Nazioni Unite indagarono sulle banche iraniane e autorizzarono i paesi membri ad ispezionare gli aerei e le navi che partivano ed arrivavano in Iran. Tutti questi sforzi non hanno sortito risultato alcuno.  

Trent’anni di negoziati e di sanzioni non sono serviti a bloccare il programma nucleare iraniano e ad impedire agli Iraniani di minacciare l’Occidente. Per cambiare il volto dell’Iran occorre cambiare il suo governo. E il buon senso ci suggerisce che l’unica via da percorrere è quella di appoggiare l’opposizione che vuole interrompere i finanziamenti al terrorismo e garantire maggiore trasparenza sul programma nucleare.

 

Michael Ledeen è un esperto della Fondazione per la Difesa delle Democrazie, autore del libro “Accomplice to Evil: Iran and the War Against the West” che uscirà il mese prossimo. 

 

Traduzione – Davide Meinero

 

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