Quale strategia
con i Talebani?

29/01/2010

28 gennaio 2009   Negli ultimi giorni alcuni paesi (fra cui Gran Bretagna, Turchia, Stati Uniti, Pakistan) hanno iniziato a ipotizzare l’avvio di negoziati con i Talebani. I Talebani non sono un’entità monolitica, è quindi possibile scendere a patti con alcune delle fazioni ribelli. Tuttavia prima è necessario individuare quali gruppi potrebbero essere riconciliabili, e al momento il Pakistan è l’unico attore che dispone di sufficienti informazioni per poter stabilire chi potrebbe essere coinvolto in eventuali negoziati.   Gli Stati Uniti non sono disposti a parlare direttamente con la leadership talebana,  dato che una scelta simile potrebbe creare un grave danno d’immagine. Preferiscono invece aumentare l’intensità delle attività militari nella speranza di dividere i ribelli e spingerli a trattare.   Non sarà semplice portare i Talebani al tavolo dei negoziati, ora che è chiaro che i governi occidentali hanno fretta di ritirare le truppe il prima possibile (per questo mantenere alta la pressione militare sui talebani in questo momento è importante). Inoltre anche al Qaeda vuole evitare che i Talebani scendano a patti con gli Occidentali.   Al momento gli stati che circondano l’Afghanistan hanno opinioni divergenti sul da farsi, e soprattutto sono in molti ad opporsi al ritorno dei Talebani sulla scena politica afgana.   Il Pakistan ad esempio vedrebbe di buon occhio un aumento del peso politico dei Talebani – con cui ha sempre intrattenuto legami – sulla scena politica afgana, per estendere la propria influenza oltre confine. Ma c’è anche il rischio che invece i Talebani usino il potere riguadagnato in Afghanistan per fomentare disordini in Pakistan, ed è un rischio che va valutato accortamente.      L’India si oppone duramente a un qualsiasi accordo con i Talebani, perché non vuole che l’influenza guadagnata in questi ultimi otto anni in Afganistan se ne vada in fumo. Inoltre il ritorno dei Talebani potrebbe innescare un’ondata di islamismo anti-indiano.   L’Iran continua intrattiene tuttora legami etnici, linguistici e culturali con le minoranze non-Pashtun dell’Afghanistan, ma la sua relazione con i Talebani è alquanto controversa. Teheran non ha un buon rapporto con i Pashtun sunniti (Talebani), però ha interesse a ravvivare la guerriglia in Afghanistan per tenere gli Stati Uniti occupati ed evitare che possano rivolgersi contro la Repubblica Islamica.   L’Arabia Saudita invece non potrebbe che trarre giovamento dal ritorno dei Talebani, per via dei suoi  legami religiosi e ideologici con i Pashtun, grazie ai quali potrebbe contrastare gli interessi iraniani nella regione.    Turkmenistan, Uzbekistan e Tagikistan vorrebbero evitare che i Talebani ritornassero al potere perché nel periodo fra il 1996 e il 2001 questi offrivano appoggio ai ribelli islamisti di tutta l’Asia centrale. Anche la Cina, come i tre paesi dell’Asia centrale, teme che il ritorno dei Talebani possa generare problemi alla sicurezza nazionale e incitare gli islamisti uiguri a ribellarsi a Pechino. 
  La Russia preferirebbe mantenere l’attuale situazione, perché con gli Stati Uniti impantanati in Afghanistan potrà continuare a estendere tranquillamente la propria influenza sulle ex repubbliche sovietiche.   La Turchia invece vorrebbe imporsi come mediatore fra Stati Uniti, Pakistan, governo afgano e Talebani, per aumentare il suo peso politico nel mondo islamico e creare una propria sfera d’influenza in Afghanistan.   Washington, cui spetta la decisione finale, farà di tutto per ottenere il più vasto consenso possibile, ma visti gli interessi in gioco non sarà semplice trovare un accordo sulla strategia da adottare nei confronti Talebani in futuro, ed è quindi probabile che le discussioni si protrarranno ancora a lungo.   A cura di Davide Meinero      

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