La sfida della sicurezza
in Pakistan e Afghanistan

09/03/2010

Qui di seguito riportiamo alcuni passi di un discorso del generale Pervez Musharraf - presidente del Pakistan dal 1999 al 2008 – il 15 febbraio 2010 a Chatham House, Londra. 

 

Inizierei parlando del terrorismo e dell’estremismo islamico in modo da comprenderne le cause e gettare un po’ di luce su quanto accaduto dal 1979 ad oggi.

 

Fra il 1979 e il 1989 sono avvenute  due cose importanti.

1)      Nel 1979 i sovietici invasero l’Afghanistan e deposero il re. Tutti i gruppi etnici del paese (Pashtun, Tagiki, Uzbeki, Hazara)  fino a quel momento avevano concordato di  vivere insieme pacificamente riconoscendo la sovranità del re, in base ad un accordo denominato misak i-milli. Deponendo il re i Sovietici infransero questo accordo seminando il caos e recidendo quel delicato legame che univa tutte le varie componenti la società afgana.

2)      Fra il 1979 e il 1989, proprio mentre il mondo libero e il Pakistan combattevano contro i sovietici, le elite afgane abbandonarono il paese per rifugiarsi in Europa o negli Stati Uniti.  Dunque furono i gruppi militanti religiosi a impossessarsi del jihad contro i Sovietici, dato che i vertici se ne erano ormai andati. […]

 

Dopo il 1989  sono stati commessi tre gravissimi errori.

1)      Dopo la sconfitta dei Sovietici, l’Afghanistan e il Pakistan furono abbandonati a se stessi dalla comunità internazionale. I 25.000/30.000 mujaheddin afgani fino a quel momento finanziati ed equipaggiati dall’Occidente e dal Pakistan, che non sapevano fare altro che combattere, furono lasciati a se stessi e si avvicinarono ad al Qaeda.

2)      Quando nel 1995/96 i Talebani si impossessarono del potere, nessun paese – a parte il Pakistan – riconobbe il loro governo. Ma solo aprendo ambasciate in Afghanistan sarebbe stato possibile gestire dall’interno le scelte politiche dei Talebani.

3)      L’esercito americano e le truppe della coalizione riuscirono a sconfiggere i Talebani grazie al contributo dell’Alleanza del Nord – che consisteva principalmente di milizie uzbeke, tagike, hazara. Così durante la ricostruzione i Pashtun – che rappresentano il 50% della popolazione afgana – sono stati esclusi dal processo di ricostruzione dello stato.    

4)      E’ vero che tutti i Talebani sono Pahstun, ma questo non significa che tutti i Pashtun sono Talebani. Storicamente l’Afghanistan è sempre stato dominato dall’etnia Pashtun. Attualmente il governo è dominato da Tagiki e Panjshiris, mentre i Pashtun sono stati completamente esclusi. Nei due anni successivi all’invasione, quando i Talebani erano allo sbaraglio, sarebbe stato possibile portare i Pashtun al tavolo delle trattative offrendo loro la possibilità di avere un ruolo significativo nel governo del paese e spingendoli a prendere le distanze dai Talebani. Ma purtroppo questo non avvenne. I Pashtun invece, sentendosi emarginati, iniziarono a stringere legami con i Talebani pakistani delle Aree Tribali e a partire dal 2003 iniziarono a organizzare  la rivolta. […]

 

Ora la situazione è decisamente più complicata. In Afghanistan i Talebani hanno riacquistato una forza notevole, mentre al Qaeda, piuttosto indebolita, si è rifugiata nelle montagne pakistane, specialmente nel Waziristan settentrionale e meridionale.

In Pakistan sono quattro le minacce fondamentali: al Qaeda, i Talebani pakistani, la diffusione del ‘talebanismo’ – la ‘filosofia’ islamista dei Talebani – e il conseguente aumento dell’estremismo.

Inoltre esiste anche il problema dei mujaheddin che continuano ad operare in Kashmir, e che recentemente hanno ripreso vigore a causa della mancata risoluzione del conflitto con l’India. Peraltro ormai tutti i gruppi islamisti – mujaheddin del Kashmir, membri di al Qaeda, Talebani pakistani, etc. – intrattengono legami fra loro, e dunque è di vitale importanza isolarli per poterne contenere la minaccia. […]

 

Dobbiamo vincere la guerra in Afghanistan, sconfiggere al Qaeda, tenere a bada i Talebani e installare un governo legittimo. Ma per vincere dobbiamo partire da una posizione di forza dichiarando di essere pronti a dedicare tutto il tempo possibile alla risoluzione del conflitto. Se invece affermiamo di volercene andare nell’arco di uno o due anni, ci mostriamo subito deboli e facciamo il gioco del nemico. […]

 

Per migliorare la situazione sul terreno è necessario creare efficienti forze di sicurezza tenendo conto della loro composizione etnica. Attualmente l’esercito afgano è composto da 70.000/80.000 soldati, quasi tutti Tagiki. Ma di nuovo ci dimentichiamo dei Pashtun, che sono pur sempre in maggioranza in Afghanistan. […]

 

I Pashtun sono organizzati in tribù, dunque occorre innanzitutto capire quali di queste non sono in sintonia con i Talebani e cercare di includerle nel processo di pace. Storicamente i religiosi non gestiscono il potere nella gerarchia tribale, dunque dobbiamo individuare le tribù con cui trattare ed armarle contro i Talebani. Ma per far sì che si schierino a favore del governo afgano e delle truppe della coalizione dobbiamo per lo meno garantire loro che le aiuteremo per tutto il tempo necessario, e non solo per uno o due anni. […]

 

E ora parliamo delle relazioni indo-pakistane, sempre  tese e controverse sin dall’inizio. Ma questo deve finire. Per la salvezza della regione e degli accordi faticosamente raggiunti negli ultimi cinquant’anni è necessario firmare la pace. Ci sono ancora tre dispute in atto: il Kashmir, il Siachin e il Sir Creek.

La prima è la più difficile da risolvere, ma ci eravamo quasi riusciti grazie alla collaborazione del premier indiano Manmohan Singh, mentre le altre due ormai sono praticamente risolte. [...]

 

Infine parliamo delle relazioni fra Pakistan e Afghanistan. Sono pessime negli ultimi tempi, ma io ho ribadito più volte che nel periodo fra il 2003 e il 2005 l’Afghanistan ha bluffato dichiarando al mondo che i Talebani erano tutti in Pakistan. Io ho sempre continuato a dire che i Talebani certamente ricevevano aiuti dal Pakistan, ma erano nascosti tutti in Afghanistan – i fatti avvenuti negli ultimi anni sembrano confermare questa tesi. […]

 

L’Occidente, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna devono sapere che il Pakistan ha un’alta sensibilità e non può permettere a nessuno (leggi India, ndr) di servirsi dell’Afghanistan per mettere a repentaglio i suoi interessi interni. Questo non farebbe altro che creare maggiore disarmonia nelle operazioni contro i Talebani e al Qaeda e rischierebbe di mandare in fumo tutti gli sforzi compiuti finora. E noi non possiamo permetterci che questo accada.

 

Traduzione: Davide Meinero

 

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