I rapporti Israele-USA nel contesto geopolitico

29/03/2010

24 marzo 2010

L’opinione pubblica per la maggior parte ritiene che l’antiamericanismo in Medio Oriente sia dovuto all’appoggio statunitense per Israele, e che gli USA abbiano una relazione strategica e di reciproca dipendenza con Israele. Ma questa visione rischia di essere un po’ troppo semplicistica.

 

L’antiamericanismo in Medio Oriente.

L’appoggio statunitense a Israele può alimentare l’antiamericanismo nel mondo islamico?

Può contribuire ad aumentarlo, ma non ne è la causa diretta.

Fino al 1967 gli Americani sono stati  restii ad aiutare Israele, e al massimo hanno concesso agli Israeliani prestiti per acquistare prodotti agricoli statunitensi – all’interno di un programma cui partecipavano molti alti stati della regione. Fino ad allora il primo fornitore di armi di Israele era la Francia.

L’amministrazione Eisenhower era pro-araba e anti-israelianama nonostante ciò Nasser preferì firmare una serie di accordi con l’URSS. L’Egitto alleandosi con i Sovietici dovette necessariamente adottare una forte retorica anti-americana, dato che riceveva ingenti aiuti da Mosca. Dunque l’antiamericanismo dell’Egitto non aveva nulla a che fare con gli Israeliani.

Poi nel 1963 accaddero due eventi fondamentali: il colpo di stato in Siria e la presa del potere da parte dei Baathisti in Iraq. Entrambi i regimi erano fortemente antiamericani sin dall’inizio, ben prima che gli USA si avvicinassero a Israele. Nel 1964 Washington diede al Cairo un primo significativo pacchetto d’aiuti militari sotto forma di missili Hawk, e temendo che i Sovietici potessero insediarsi militarmente in Siria e in Iraq, installarono sistemi antiaerei in Arabia Saudita per bloccare la minaccia sovietica.

Nel 1967 la Francia interruppe i rifornimenti a Israele a causa del conflitto arabo-israeliano, e per la prima volta gli USA intervennero in favore degli Israeliani. Nel 1973, dopo l’attacco di Siria ed Egitto a Israele, gli USA intensificarono gli aiuti – che nel 1974 ammontavano al 25% del PIL dello stato ebraico. Il volume di aiuti statunitensi a Israele è rimasto praticamente invariato, ma dato che ora l’economia israeliana si è sviluppata, attualmente ammonta solo più al 2,5% del PIL.

Gli Stati Uniti dunque non hanno mai appoggiato attivamente Israele prima del 1967, eppure l’antiamericanismo nel mondo arabo era già rampante. Paradossalmente l’Egitto, il più importante paese arabo, si è avvicinato agli USA soltanto dopo la guerra del Kippur –  nonostante gli aiuti statunitensi a Israele.

 

La relazione Stati Uniti-Israele

Analizziamo ora un altro luogo comune: Israele è davvero così fondamentale sul piano strategico per gli Stati Uniti?

La strategia americana è sempre stata mirata a mantenere gli equilibri globali per evitare l’ascesa di qualche potenza sufficientemente forte da minacciare gli interessi statunitensi.

Durante la Guerra Fredda gli Stati Uniti avevano creato un’alleanza a livello mondiale per contrastare il blocco guidato dall’URSS, e anche dopo il 1990 sono intervenuti più volte per bloccare l’ascesa di potenze egemoni – in Iraq nel 1990-91, in Serbia nel 1990 e così via.

Nell’area che va dal Mediterraneo all’Hindu Kush possiamo individuare tre equilibri regionali fondamentali:

·         l’equilibrio arabo-israeliano;

·         l’equilibrio Iran-Iraq;

·         l’equilibrio India-Pakistan.

Lo scopo principale degli Stati Uniti è quello di far sì che gli  attori in gara in ogni regione  si contengano a vicenda.  

Ora due di questi tre equilibri regionali sono venuti meno.

1.     L’invasione statunitense dell’Iraq 2003 ha creato un vuoto di potere a Baghdad, e ha lasciato mano libera all’Iran.

2.     Anche l’equilibrio fra India e Pakistan è stato intaccato: la guerra in Afghanistan ha indebolito notevolmente il governo pakistano. Al momento non è possibile tracciare un bilancio definitivo della situazione, ma l’alterazione dell’equilibrio fra India e Pakistan rischia di causare gravi problemi agli interessi degli USA – che non vogliono che l’India diventi il leader assoluto del sudest asiatico. Washington dunque cercherà di gestire il conflitto in Afghanistan senza mettere a repentaglio il delicato equilibrio indo-pakistano.

L’equilibrio fra Israele e gli Stati Arabi invece è relativamente stabile, e gli Stati Uniti vogliono che la situazione rimanga tale.  

Washington soprattutto teme sconvolgimenti in Egitto dopo la morte del presidente Hosni Mubarak, e vuole che il regno hascemita di Giordania rimanga stabile. Se la situazione degenerasse – ad esempio per  il crollo del regime egiziano, per lo scoppio di una nuova guerra fra Israele ed Hezbollah oppure per una terza intifada – gli Stati Uniti sarebbero necessariamente costretti ad intervenire. E in questo periodo non possono affrontare altri teatri di guerra.

Attualmente dunque Israele non ha molto da offrire agli Stati Uniti, anzi al contrario potrebbe peggiorare la situazione lanciando un attacco preventivo contro la Repubblica Islamica.   Washington esercita pressioni sul governo israeliano per evitare che si lanci in operazioni pericolose in Medio Oriente.  

Israele dal canto suo cerca di sfruttare la preoccupazione degli Stati Uniti a proprio favore.

Il governo israeliano sostiene di avere tutto il diritto a costruire a Gerusalemme, sua capitale, e che Washington non ha voce in capitolo, ma gli Stati Uniti al contrario ritengono che un eventuale aumento delle costruzioni possa mettere a repentaglio i propri interessi nella regione.

La posizione di Israele, per quanto comprensibile, va contro gli interessi degli Americani, che non vogliono correre nessun nuovo rischio.

A lungo termine però Israele sa la sua principale forza risiede proprio nel rapporto privilegiato con gli Stati Uniti. Obama vuole convincere Netanyahu che Israele continuerà ad essere un alleato strategico fintanto che rimarrà in linea con gli interessi statunitensi nella regione. Se Israele creerà troppi problemi, gli Stati Uniti cercheranno un’altra soluzione – ad esempio potrebbero  rivolgendosi  all’altra democrazia mediorientale,  la Turchia - che non vede l’ora di sfruttare le tensioni fra Washington e Gerusalemme per accrescere la propria egemonia.

Washington non può permettere una  maggiore instabilità nella regione mediorientale, mentre Israele non può permettersi di rinunciare al rapporto strategico con gli Stati Uniti: una soluzione verrà trovata.  

 

Tratto da un saggio di George Friedman per Strategic Forecast.

 

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