Come finirà
la rivolta egiziana?

31/01/2011

I manifestanti egiziani, radunatisi a migliaia nel centro del Cairo e nelle altre città principali del paese, vogliono dare la spallata finale al regime di Hosni Mubarak.

Dopo aver rischiato di essere sopraffatte dalla folla nel ‘venerdì della rabbia’ (28 gennaio), le forze di sicurezza egiziane si sono ritirate dalle strade lasciando il posto all’esercito, che ha dispiegato schiere di carri armati nei centri nevralgici delle principali città. I manifestanti hanno accolto con favore l’arrivo delle truppe: l'opinione pubblica, infatti, continua a fidarsi dell'esercito e ritiene che possa traghettare il paese verso il post-Mubarak.

Dopo trent'anni di governo Mubarak si è aperta una finestra di opportunità per diverse forze politiche (dai moderati agli estremisti): ma come insegna la rivoluzione iraniana del 1979, non sempre l'orientamento politico dei manifestanti coincide con quello delle forze che alla fine si impadroniscono del potere.

Gli USA, Israele e altri paesi temono che il vuoto di potere venga colmato da Islamisti. Per questo i Fratelli Musulmani si muovono con cautela: da un lato sostengono i manifestanti attraverso la ben organizzata rete di servizi sociali, fornendo cibo e aiuti, e chiedono nel frattempo le elezioni attraverso cui potrebbero ottenere legittimazione politica. Ma i Fratelli Musulmani sanno che le elezioni non sono certe, non vogliono perdere l’occasione e insisteranno per girare la situazione a proprio favore. 

Dietro le quinte il processo politico non accenna a fermarsi:

·      Ahmed Shafiq, ex capo dell’aviazione militare (il reparto di maggior prestigio dell’esercito egiziano) e attuale ministro dell'aviazione civile, è stato nominato primo ministro con l’incarico di formare il nuovo governo;

·      il capo dei servizi segreti Omar Suleiman, da sempre sostenitore di Mubarak, ha ricevuto l’incarico di vicepresidente – ruolo vacante da trent’anni;

·      anche il ministro della difesa Mohammed Hussein Tantawi (che comanda la Guardia Repubblicana) e il capo delle forze armate, il generale Sami Annan, stanno studiando un piano per gestire la situazione. 

Apparentemente i militari vogliono concedere a Mubarak il tempo di organizzare la sua uscita di scena – ed è probabile che i disordini continuino sino al suo ritiro. Le forze armate egiziane hanno sempre garantito stabilità al regime sin dalla rivoluzione del 1952, ma adesso devono assumersi direttamente anche la responsabilità della sicurezza nazionale.

Per ora i manifestanti continuano a vedere nell'esercito un alleato. Tuttavia sarebbe sufficiente un errore, ad esempio uno sparo ingiustificato contro la folla, per dar luogo a un bagno di sangue e mandare all'aria i piani dell'esercito, spianando la strada agli islamisti.

L’attuale regime nacque nel 1952, quando un gruppo di ufficiali di medio rango - che si autodefinivano Liberi Ufficiali - rovesciò la monarchia sostenuta dagli Inglesi  sotto la guida di Gamal Abdel Nasser, un semplice colonnello dell'esercito. Nel 1981 la fazione islamista interna all’esercito stesso uccise il successore di Nasser, Anwar Sadat, che venne rimpiazzato da Mubarak – tuttora in carica, anche lui di estrazione militare.

L’esercito, come la società egiziana, non è una realtà monolitica, e nonostante le numerose epurazioni esiste al suo interno una componente islamista. Non è perciò da escludere che possa emergere un nuovo gruppo di ufficiali che tenti colpo di stato anche per cambiare la politica estera del regime, troppo vicina a USA e Israele.

Non va dimenticato che l’Egitto ha una lunga tradizione di colpi di stato, dunque si tratta di un’eventualità da non escludere a priori. Gli ufficiali di medio rango possono contare sull’appoggio dei propri sottoposti, con cui hanno a che fare quotidianamente, a differenza dei vertici militari. Potrebbero accusare i generali di connivenza col regime di Mubarak e fare un colpo di stato militar-islamista.  

Finché le dimostrazioni non cessano e non emerge un nuovo potere la situazione rimane fluida, tutto rimane possibile.

Presto sapremo come andrà a finire.

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