Pericolo jihad in Libia

03/03/2011

1 marzo 2011

I jihadisti da tempo cercano di rovesciare i regimi al potere nel mondo islamico, ma finora senza risultati, eccetto in Afghanistan. Ma anche in Afghanistan i Talebani andarono al potere colmando il vuoto seguito alla guerra civile, così come fecero le Corti Islamiche in Somalia, senza rovesciare i governi esistenti. Che succederà in Libia?

A differenza di Egitto e Tunisia, dove l’esercito accompagna la transizione verso una nuova fase, in Libia non esiste nessuna istituzione autorevole e riconosciuta dalla maggior parte della popolazione. Perciò dopo Gheddafi lo stato potrebbe crollare con conseguenze terribili: il paese potrebbe precipitare nel caos, e i jihadisti potrebbero prendere l’occasione al volo – come avvenne in Afghanistan e Somalia. Questo è il motivo per cui tutti esitano a dare aiuto ai Libici in rivolta contro Gheddafi.

Il jihadismo in Libia

Jihadisti di nazionalità libica hanno combattuto in Afghanistan, Bosnia, Cecenia e Iraq. Lasciato l’Afghanistan nei primi anni ’90, tornarono in patria e fondarono nel 1995 il Lybian Islamic Fighting Group (LIFG) con cui tentarono di rovesciare il regime di Gheddafi, considerato ‘infedele’, e compirono numerosi attentati. Gheddafi rispose con il pugno di ferro, imponendo la legge marziale  a Derna, Bengasi, e nelle cittadine di Ras al-Helal e al-Quabah nella regione di al-Akhdar. Molti jihadisti abbandonarono allora il paese e si unirono ad al Qaeda nei vari teatri di guerra – anche in Afghanistan.

La Libia non fece nulla per frenare la fuga dei jihadisti, contenta di liberarsene velocemente – ogni estremista morto all’estero era un grattacapo in meno per il governo libico. Nel 2007 Ayman al-Zawahiri dichiarò che il LIFG si era unito ad al Qaeda – che al proprio interno ha avuto numerosi dirigenti libici: Abu Yahya al-Libi, Anas al-Libi, Abufaraj al-Libi, etc.

Il governo libico ha sempre tenuto sotto osservazione i jihadisti che rientravano in patria dopo aver combattuto in Iraq e in Afghanistan, e ha sempre utilizzato la strategia del bastone e della carota – come fanno anche i Sauditi – per renderli quasi del tutto inoffensivi. Lo stesso figlio di Gheddafi Seif al-Islam si occupava della riabilitazione dei membri del LIFG attraverso una sua associazione di beneficenza.

Secondo documenti trovati dagli USA a Sinjar in Iraq, oltre il 60% dei jihadisti libici proveniva da Derna, e almeno il 24% da Bengasi, entrambe città della Cirenaica, dove la ribellione contro Gheddafi è più forte. Qui pare che i ribelli abbiano saccheggiato i depositi d’armi dell’esercito su consiglio dei gruppi islamisti organizzati. In uno dei documenti del dipartimento di stato americano pubblicati recentemente da WikiLeaks l’autore rivelava che i jihadisti libici rientrati in patria si fermavano a Derna o nei dintorni, approfittando della debolezza dei servizi di sicurezza in Cirenaica. I documenti rivelano inoltre che il jihadismo attecchiva facilmente fra i giovani della Cirenaica per l’alto tasso di disoccupazione giovanile (60-70%).

Se la Libia precipitasse nel caos i jihadisti avrebbero di nuovo la possibilità di muoversi liberamente all’interno di uno stato allo sfascio, e potrebbero contare sulle armi saccheggiate recentemente nelle caserme orientali. In Iraq le armi saccheggiate dai ribelli dopo il crollo del regime vennero utilizzate non solo per attaccare le forze di occupazione, ma anche per fabbricare potenti esplosivi. I jihadisti libici addestrati alla guerriglia in Iraq e Afghanistan sono esperti di esplosivi e potrebbero adottare la stessa strategia.

Inoltre i guerriglieri islamici potrebbero attaccare le multinazionali del petrolio, le sedi diplomatiche e le aziende straniere – considerate infedeli e imperialiste – per costringere gli Occidentali a lasciare il paese.

In caso di guerra civile prolungata i paesi circostanti dovranno preoccuparsi non soltanto del problema dei rifugiati, ma anche del pericolo jihadista: le armi saccheggiate potrebbero essere vendute agli estremisti in Egitto, Tunisia, Algeria e nel Sahel.

La Libia si potrebbe trasformare in un rifugio per i terroristi di tutto il mondo, come già successe negli anni ’70 e ’80, quando Gheddafi offriva accoglienza e aiuto a guerriglieri e terroristi marxisti operanti nel mondo.

 

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