La crisi in Yemen
e i pericoli futuri

30/03/2011

Mentre gli occhi del mondo sono puntati sulla Libia, la crisi in Yemen sta raggiungendo un livello molto pericoloso per la stabilità dell’intera penisola arabica. Il 18 marzo, dopo le preghiere del venerdì, decine di migliaia di dimostranti si sono riversate nelle strade chiedendo le dimissioni del presidente Saleh; la repressione è stata durissima, con 46 morti e centinai di feriti.

Per protesta contro le repressioni, la vecchia guardia militare e la tribù settentrionale di Hashid hanno defezionato prendendo le distanze dal governo. Saleh ha cercato di salvare la situazione nominando ai vertici delle forze di sicurezza membri della propria famiglia e alcuni membri della tribù di Sanhan.

La principale minaccia proviene dal generale Ali Mohsen al-Ahmar, comandante della prima brigata e della zona militare nordoccidentale, che si è schierato a favore dei ribelli Mohsen inviando anche un battaglione a proteggerli.

Il potere di Saleh si basa da sempre su due pilastri: l’esercito e le tribù. Lo Yemen, come la Libia, è diviso lungo linee tribali, specialmente al nord. Per non cadere, il presidente ha chiesto formalmente aiuto all’Arabia Saudita, che ha tuttora molta influenza sulla politica yemenita: Riyadh infatti ha sempre pagato generose somme di denaro ai leader tribali yemeniti e ai funzionari governativi per ottenerne la lealtà e influenzarne le scelte politiche.

L’Arabia Saudita ha interesse a calmare la situazione e a risolvere la crisi in Yemen soprattutto per evitare il rischio-contagio. Già nel 2009, di fronte all’incapacità dell’esercito yemenita di mettere fine alla ribellione Houthi (sciiti di rito zaidita) nel Nord dello Yemen, Riyadh intervenne militarmente per evitare che la ribellione si estendesse anche nella provincia di Najran, dove vive una vasta minoranza di Zaiditi e Ismailiti (anch’essi sciiti), molti dei quali di etnia yemenita (vedi mappa a lato).

Ora che il regime yemenita si trova in difficoltà gli Houthi hanno ripreso l’insurrezione e a quanto pare si sarebbero ripresi Sa’dah. Probabilmente l’Arabia Saudita, già impegnata con le truppe in Bahrein, eviterà un conflitto aperto, ma cercherà di aumentare le difese lungo il confine sudoccidentale per evitare di essere investita dalla rivolta.

La monarchia saudita, già alle prese con i problemi legati alla successione, cercherà di trovare una soluzione per favorire una transizione pacifica ed evitare che lo Yemen precipiti nella guerra civile causando una massiccia ondata di profughi e destabilizzando l’intera regione. A quanto pare il fondatore dell’Arabia Saudita, il re Abd al-Aziz ibn-Saud (1876-1953) sul letto di morte dichiarò: “Tutto il bene o il male per l’Arabia Saudita proverrà sempre dallo Yemen”. E forse aveva ragione.

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