L'assassinio della speranza

15/04/2011

Da un articolo di Ely Karmon su El Imparcial, aprile 2011.

Il 4 aprile l’attore e regista israelo-palestinese, nonché attivista filo- palestinese Juliano Mer-Khamis è stato ucciso da un uomo incappucciato fuori dal Freedom Theatre, da lui fondato in un campo profughi nella città cisgiordana di Jenin. Il teatro offre ai bambini e ai ragazzi del campo opportunità per sviluppare capacità creative, conoscenza e fiducia in sé, ed è un modello sociale di cambiamento. Juliano, figlio di madre ebrea e di padre cristiano-palestinese, entrambi comunisti, era una figura culturale e sociale straordinaria. Aveva aperto il teatro nel 2006 in collaborazione con l’UNESCO. Irina Bokova, direttrice UNESCO, ha condannato l’omicidio e ha descritto Mer-Khamis come “un artista socialmente impegnato” e “un ardente difensore della pacifica convivenza”.

Il teatro già era stato incendiato due volte, e le minacce sono continuate nonostante  il sostegno di ex- militanti di Fatah, che si erano allontanati dal terrorismo. Juliano predicava la libertà non solo da Israele ma anche dalle tradizioni musulmane. Molte giovani donne che si ribellano  al ruolo servile delle donne nella società palestinese sono state  sue ardenti sostenitrici. E’ morto per la causa della “liberazione delle donne” ... che va ben oltre la “liberazione della Palestina”, ha affermato un suo sostenitore.

Un anno fa in un suo documentario Juliano ha profetizzato che la sua vita si sarebbe conclusa con un proiettile alla testa sparato da qualche giovane islamista palestinese che lo avrebbe accusato di corrompere la “gioventù islamica” e di vivere nel campo profughi di Jenin insieme alla bionda moglie finlandese! Una persona sospettata dell’omicidio, appartenente ad Hamas, è stato arrestato dalle forze di sicurezza palestinesi.

Dopo la violenta conquista della striscia di Gaza da parte di Hamas nel giugno 2007 è iniziato un processo di islamizzazione della società a Gaza. Le studentesse sono obbligate a indossare copricapi e abiti lunghi, pena la sospensione da scuola. Il Consiglio supremo della magistratura istruisce gli avvocati donna a venire in tribunale indossando abiti islamici. Su Hamas Television Channel tutte le presentatrici portano il velo. Hamas proibisce a uomini e donne di nuotare in mare insieme e di partecipare a cerimonie “miste”.

Sotto il governo di Hamas diversi gruppi salafiti si sono diffusi a Gaza e hanno dato avvio ad una guerriglia contro gli internet cafès, i negozi che vendono biancheria intima femminile, anche contro i cristiani palestinesi. Hanno attaccato la biblioteca YMCA, la scuola Rahabat Al Wardia gestito dalle suore e la scuola di Beit Lahiya delle Nazioni Unite.

Le rivolte nel mondo arabo hanno sollevato la speranza di democratizzazione e di un futuro migliore per le masse arabe, dopo decenni di governo autocratico. Ma al tempo stesso il timore che  movimenti islamici organizzati ottengano il controllo di Egitto e Tunisia, Siria o Libia e impongano un modo di vita rigorosamente islamista, come in Iran o come i Talebani, è il dubbio che grava sull’esito dei moti rivoluzionari.

In Tunisia l’opinione pubblica è stata scossa dall’omicidio di un sacerdote, da episodi di antisemitismo e da una serie di attentati islamici contro case di prostituzione. Qualche settimana fa circa 15.000 persone hanno manifestato contro il movimento islamico in Tunisia, invocando la tolleranza religiosa.

In Egitto lo sceicco Mohamed Hussein Yacoub, esponente religioso di primo piano del Cairo, ha generato sdegno dichiarando che il paese appartiene “agli osservanti” e gli oppositori possono emigrare nel nord America. Militanti salafiti nell’Alto Egitto hanno tagliato l’orecchio ad un insegnante accusato di affittare un appartamento a  prostitute. Nelle oasi di Fayoum alcuni Salafiti hanno distrutto i chioschi che vendevano birra. Decine di Salafiti hanno inscenato una protesta al Cairo, accusando la chiesa di aver rapito Shehata Camilla, la moglie di un prete copto che alcuni credono si sia convertita all’Islam e sia trattenuta contro la sua volontà. I cristiani copti hanno evacuato 340 studentesse dai dormitori universitari e le fanno dormire in edifici accanto alle chiese, perché  preoccupati per la loro sicurezza.

Salafiti giordani stanno approfittando del clima di apertura per chiedere che la legge islamica venga imposta dallo stato e per invitare alla jihad come “via per liberare le terre musulmane dagli autocrati”.

L’omicidio di un rinomato, ardente artista laico filo-palestinese è di cattivo auspicio per la società palestinese, per le prospettive di un processo di pace tra israeliani e palestinesi. Speriamo che non sia esempio delle tendenze del “nuovo” mondo arabo, del futuro della regione e delle sue relazioni con il mondo esterno.

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